Egitto. Capitale blindata per la terza udienza al deposto presidente Morsi
Terza udienza oggi per il deposto presidente egiziano, Mohammed Morsi. L’ex capo di
Stato è ritenuto responsabile dell'uccisone di alcuni contestatori nel dicembre 2012.
Le autorità di pubblica sicurezza hanno blindato la capitale nel timore di scontri
che, nelle ultime 24 ore, hanno provocato un morto e trentacinque feriti. Il servizio
di Massimiliano Menichetti:
Al Cairo nuova
udienza oggi, la terza, per il deposto presidente Mohammed Morsi. L’esponente dei
Fratelli musulmani è accusato di aver usato il pugno duro, nel dicembre 2012, quando
diversi oppositori persero la vita nelle contestazioni davanti al palazzo presidenziale.
Con lui alla sbarra, anche 14 esponenti della “Fratellanza”. Morsi è imputato in quattro
procedimenti, tra i capi d’accusa anche quello di voler “distruggere lo Stato egiziano
e le sue istituzioni”. Martedì scorso, all’udienza relativa alla sua evasione nel
2011, si è dichiarato “presidente legittimo”, affermando di essere vittima di un “processo
politico”. Oggi, le autorità egiziane hanno schierato duemila poliziotti e 30 veicoli
corazzati davanti all'Accademia di Polizia, al Cairo, per garantire la sicurezza rispetto
allo svolgimento dell'udienza. Creata anche una zona cuscinetto di due chilometri
attorno all'Accademia. Intanto, non si fermano le proteste pro-Morsi e gli scontri
con la polizia. Secondo il Ministero della sanità, nelle ultime 24 ore, una persona
è morta mentre 35 sono rimaste ferite. Ancora instabile la situazione nel Nord del
Sinai: in sette giorni di offensiva militare sono morti 31 jihadisti e 8 soldati.
Sul fronte politico è stato annunciato che il rimpasto di governo coinvolgerà anche
il Ministero della difesa, attualmente guidato dal generale Abdel Fattah al-Sisi,
il capo di stato maggiore autore, il 3 luglio scorso, della deposizione del presidente
islamista. L'avvicendamento al vertice del dicastero consentirà ad al-Sisi di candidarsi
alle prossime presidenziali programmate per la fine di aprile.
Sulla situazione
egiziana, abbiamo raccolto il commento di Azzurra Meringolo, dell’Istituto
Affari Internazionali:
R. - L’apparato
giudiziario egiziano sta facendo delle indagini di cui noi non sappiamo i dettagli,
quindi è difficile poter entrare nel merito. Morsi, quando è in tribunale, continua
a urlare di essere l’unico presidente legittimo e reputa la Corte che lo sta giudicando
non legittima. Dobbiamo anche dire, però, che il sistema giudiziario è sempre stato
un attore abbastanza complesso: durante il regime di Mubarak è stato fedele al regime,
però è stato anche quell’istituzione all’interno della quale in cui sono nati dei
piccoli gruppi che si sono ribellati. Ed è anche lo stesso settore che Morsi - una
volta chiamato al potere - ha cercato di purgare, riuscendoci minimamente.
D.
- Intanto, nelle piazze continuano le manifestazioni pro-Morsi, nonostante i Fratelli
musulmani siano stati messi fuori legge… R. - Abbiamo da una parte un processo
di transizione guidato dai vertici militari che va avanti e dall’altra quanti ritengono
Morsi il presidente ancora legittimo, perché eletto, che si oppongono a questo nuovo
processo e quindi continuano a manifestare. Al contempo, abbiamo anche la Fratellanza
musulmana, quindi il maggior partito islamista, che è stato messo fuorilegge e una
serie di azioni violente - soprattutto esplosioni di bombe - che sono rivendicate
da un’alta più radicale jahidista, Ansar Beyt el-Makdes, che ha come sede il Sinai,
la Penisola del Sinai, ma che ha portato vari gesti violenti anche in città come Il
Cairo e Alessandria. D. - Ma questi gruppi estremisti potrebbero mettere a rischio
anche le elezioni presidenziali previste per fine aprile?
R. - Certamente.
Il Paese non è stabile e abbiamo visto vari momenti - soprattutto la settimana scorsa,
ma che vanno ormai avanti da giugno - in cui ci sono eventi continui di esplosioni
e di attacchi mirati a personaggi del governo. Ovviamente, è difficile adesso vedere
quale sarà l’evoluzione di queste cellule jihadiste e se a queste cellule si sommeranno
altri movimenti. Il Paese non è stabile.
D. - Però, la maggioranza della popolazione
sembra volere, in realtà, una tranquillità che vede riflessa nei militari?
R.
- Questo è quello che si percepisce in alcune piazze. Se noi pensiamo alle grandi
città, certamente. Non ci scordiamo però che, da un punto di vista elettorale, quando
nel giugno precedente, quindi nel giugno 2012, si è andati a votare, la popolazione
ha poi scelto di votare per gli islamisti.
D. - Se questo è nel breve periodo,
ancora più complicato diventa capire cosa succederà nel lungo periodo...
R.
- Diciamo che, da un punto di vista analitico, sembra che al momento non ci siano
i presupposti per una stabilità di lungo periodo. E questo anche da un punto di vista
economico che è uno dei nodi più grossi della situazione attuale. Tutto può anche
evolvere diversamente, ma se noi vediamo adesso il gioco fra le parti, non ci sono
i prerequisiti per una stabilità di lungo periodo.