Da Lampedusa centinaia di persone lanciano una Carta per riscrivere i diritti dei
migranti
E‘ in pieno svolgimento, a Lampedusa, l’incontro tra centinaia di persone, rappresentanti
di associazioni, giuristi, avvocati, operatori umanitari, finalizzato alla realizzazione
della „Carta di Lampedusa“, un documento voluto per costruire un processo che porti
i governi ad ascoltare le istanze dei rifugiati, di chi è morto in mare, di chi chiede
la libertà di muoversi, una voce contro i respingimenti, le espulsioni e lo schiavismo.
Non giochiamo a fare i consulenti dei governi – spiega Nicola Grigion, responsabile
di Melting Pot Europa e tra i promotori dell’iniziativa - ma vogliamo collaborare
al cambiamento. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:
R. – Sappiamo
che si tratta di un processo culturale, sociale, politico da costruire, per cui il
primo punto è dare vita a questo grande processo. Si rivolge prima di tutto a quanti
vogliono farne parte e vogliono convergere su queste idee. E’ ovvio che si pone anche
il problema di capire come poi queste idee possano essere codificate nelle leggi e
nelle politiche che oggi conosciamo. Ed è qui che si apre una ricerca nuova, che non
è semplicemente una lista di richieste, ma è un qualcosa che parte prima di tutto
da una svolta culturale, sociale e politica, che è un il mettersi in cammino insieme:
dalle manifestazioni alle campagne, dai momenti di incontro alla comunicazione, dalla
questione legale e giuridica a quella, per esempio, della formazione all’interno delle
scuole. E’ un grande processo da costruire collettivamente.
D. – Possiamo parlare
di alcuni dei punti che state sollevando in questi giorni di dibattito tra di voi
e che sono riportati sulla Carta?
R. – Ci sono alcuni punti che rispondono
anche all’attualità. Il 31 gennaio, il 1° febbraio, il 2 febbraio del 2014 sono inseriti
in un contesto: quello dopo la tragedia del 3 ottobre (il naufragio di una nave carica
di migranti, con centinaia di morti n.d.r.) e quello che ci porta verso le elezioni
europee. La chiusura dei centri di detenzione per i migranti è uno dei punti focali.
Oggi siamo in un momento in cui in Italia su 13 centri, cinque sono chiusi: una vera
e propria mappa del fallimento. Non possiamo permetterci che tra poco riaprano tutti
quelli che oggi sono stati dismessi. E poi, le grandi questioni legate, per esempio,
a chi fugge dalle guerre: Siria, Corno d’Africa, sono ormai situazioni croniche di
conflitto. C’è poi la necessità di costruire politiche per cui nessuno sia più costretto
ad affidarsi ad un trafficante e a prendere una barca per fare ingresso in Europa
quando fugge da una guerra, e quindi questo concetto un po’ più largo dei canali per
un ingresso garantito e sicuro verso l’Europa per chi fugge. Queste sono alcune tra
le tante cose, oltre alla libertà di circolazione all’interno dello spazio europeo,
al fatto di non dover legare i permessi di soggiorno al contratto di lavoro, cosa
che produce un grande ricatto anche per i cittadini europei. Insomma, una discussione
che focalizzerà, intorno a questi nodi e ad altri, alcuni punti chiave, che aprirà
dei campi di tensione e che su questo costruirà, in diversi linguaggi, il tentativo
di affermarli.