Essere Chiesa non è gestire, ma uscire per portare il Vangelo al mondo: così il Papa
ai vescovi austriaci
Essere Chiesa non significa gestire, ma uscire per portare agli uomini la gioia del
Vangelo: è quanto afferma Papa Francesco nel discorso ai vescovi della Conferenza
episcopale dell’Austria in visita “ad Limina”, incontrati giovedì in Vaticano. Il
testo, non pronunciato ma fatto avere ai presuli, è stato pubblicato ieri. Il servizio
di Sergio Centofanti:
Un “incontro
intenso” ha definito Papa Francesco il suo colloquio con i vescovi austriaci. Il Pontefice
ricorda gli anni “segnati da una simpatia da parte degli austriaci per la Chiesa e
il Successore di Pietro”, come si è visto nella “cordiale accoglienza” di Benedetto
XVI in occasione della sua visita in Austria nel 2007. “E’ seguita poi – osserva il
Papa - una fase difficile per la Chiesa, di cui è sintomo, tra l’altro, la tendenza
al calo della quota dei cattolici rispetto alla popolazione totale in Austria, che
ha varie cause e che continua ormai da più decenni. Tale evoluzione – è l’esortazione
di Papa Francesco - non deve trovarci inerti, anzi, deve incentivare i nostri sforzi
per la nuova evangelizzazione che è sempre necessaria”.
D’altra parte – sottolinea
nel suo discorso il Papa – “si nota un aumento della disponibilità alla solidarietà,
la Caritas e altre opere di aiuto ricevono generose donazioni”. Motivo di ringraziamento
a Dio “per quanto la Chiesa in Austria opera per la salvezza dei fedeli e per il bene
di tante persone”. “Ma non dobbiamo soltanto amministrare ciò che abbiamo ottenuto
e che è a disposizione – prosegue il testo - il campo di Dio deve essere lavorato
e coltivato continuamente affinché porti frutto anche in futuro. Essere Chiesa non
significa gestire, ma uscire, essere missionari, portare agli uomini la luce della
fede e la gioia del Vangelo. Non dimentichiamo che l’impulso del nostro impegno di
cristiani nel mondo non è l’idea di una filantropia, di un vago umanesimo, ma un dono
di Dio, cioè il regalo della figliolanza divina che abbiamo ricevuto nel Battesimo.
E questo dono è allo stesso tempo un compito. I figli di Dio non si nascondono, portano
piuttosto la gioia della loro figliolanza divina al mondo”.
“Ciò significa
– rileva il Papa - anche impegnarsi a condurre una vita santa”, non rassegnandosi
mai al peccato, nella consapevolezza che “la santa Chiesa ha sempre bisogno di purificazione”.
Di qui, l’invito a riscoprire il “meraviglioso Sacramento” della Riconciliazione,
“luogo in cui sperimentiamo l’amore misericordioso di Dio e dove incontriamo Cristo,
il quale ci dà la forza per la conversione e per la nuova vita”.
Il Papa indica
poi nella famiglia il “cuore della Chiesa evangelizzatrice”. “Purtroppo, nel nostro
tempo – è la sua considerazione - vediamo che la famiglia e il matrimonio, nei paesi
del mondo occidentale, subiscono una crisi interiore profonda”. “La globalizzazione
e l’individualismo postmoderno favoriscono uno stile di vita che rende molto più difficile
lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone e non è favorevole per promuovere
una cultura della famiglia. Qui si apre un nuovo campo missionario per la Chiesa,
ad esempio nei gruppi di famiglie dove si crea spazio per le relazioni interpersonali
e con Dio, dove può crescere una comunione autentica che accoglie ciascuno allo stesso
modo e non si rinchiude in gruppi di élite, che sana le ferite, costruisce ponti,
va in cerca dei lontani e aiuta «a portare i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2)”.
“La sollecitudine della Chiesa per la famiglia – osserva ancora - incomincia da una
buona preparazione e un adeguato accompagnamento degli sposi, nonché dall’esposizione
fedele e chiara della dottrina della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia”.
Parlando
poi della parrocchia, ribadisce che “è sempre il parroco a guidare la comunità parrocchiale,
contando allo stesso tempo sull’aiuto e sul contributo valido dei vari collaboratori
e di tutti i fedeli laici. Non dobbiamo correre il rischio di offuscare il ministero
sacramentale del sacerdote. Nelle nostre città e nei nostri villaggi vi sono uomini
coraggiosi e altri timidi, vi sono cristiani missionari e altri addormentati. E vi
sono i molti che sono in ricerca, anche se non lo ammettono”. In questo contesto,
il Papa ricorda che “portare agli uomini il messaggio dell’amore di Dio e della salvezza
in Gesù Cristo agli uomini è compito di ogni battezzato”. E conclude: “Proprio nel
nostro tempo, in cui sembriamo diventare il «piccolo gregge» (Lc 12,32), siamo chiamati,
da discepoli del Signore, a vivere come una comunità che è sale della terra e luce
del mondo (cfr Mt 5,13-16)”.