Al centro del vertice dell’Unione Africana, le crisi in Centrafrica e Sud Sudan
Si è aperto ieri ad Addis Abeba con l’elezione del nuovo presidente il 22° vertice
dell’Unione Africana. Si tratta del capo dello Stato della Mauritania, Mohamed Ould
Abdel Aziz, che guiderà l’organismo per il prossimo anno. Vari i temi in agenda, dei
quali si discute anche oggi; soprattutto le crisi belliche in Centrafrica e Sud Sudan.
Ci riferisce Giulio Albanese:
Mohamed Ould
Abdel Aziz, Presidente della Mauritania, è da ieri il nuovo Presidente di turno dell’Unione
Africana. L’elezione è avvenuta durante il summit dei capi di stato e di governo dei
Paesi africani che si è aperto ieri ad Addis Abeba in Etiopia. Il vertice, preceduto
da quello dei ministri degli Esteri e dal Consiglio africano per la pace e la sicurezza,
è dedicato ai temi dell’agricoltura e della sicurezza alimentare. A questo proposito,
la presidente della commissione dell’Unione Africana, Nkosazana Dlamini-Zuma, ha dichiarato
il 2014 “anno della sicurezza alimentare in Africa”. Naturalmente, nell’agenda del
vertice sono state inserite le crisi che attanagliano la Repubblica Centrafricana
e il Sud Sudan. Vi è soprattutto la preoccupazione per l’evidente collasso della politica
interna di questi due Paesi, ma anche l’esigenza di affermare la legittima azione
propositiva che l’Unione Africana intende dare per una soluzione pacifica. La consapevolezza
dei leader africani è che questi conflitti delegittimano il diritto di cittadinanza
dei popoli e discreditano il continente.
Una delle emergenze in evidenza
al vertice di Addis Abeba, dunque, la Repubblica Centrafricana, teatro da quasi un
anno di sanguinosi scontri tra ribelli Seleka, milizie anti-Balaka ed esercito. Il
presidente, Catherine Samba-Panza, ha chiesto all’Onu l’invio di caschi blu, mentre
appare sempre più grave il dramma umanitario. Amedeo Lomonaco ha raggiunto
telefonicamente la dottoressa Patrizia Emiliani, medico volontario presso l’ospedale
delle missioni cattoliche a Bimbo, città non lontana dalla capitale Bangui:
Nella Repubblica
Centrafricana, è dunque sempre più grave il dramma umanitario. Amedeo Lomonaco
ha raggiunto telefonicamente la dottoressa Patrizia Emiliani, medico volontario
presso l’ospedale delle missioni cattoliche a Bimbo, città non lontana dalla capitale
Bangui:
R. – Viviamo
prigioniere, perché siamo accerchiate dai Balaka che controllano tutto il territorio
intorno a noi. E’ chiaro che la situazione è tesa, perché questi sono armati e i francesi
non li hanno mai disarmati. E quindi compiono azioni di saccheggio, durante la notte
sparano… C’è tensione.
D. – C’è dunque tensione, ma nella vostra zona continuano
ad arrivare persone in fuga da varie zone del Paese…
R. – La gran parte della
popolazione di Bangui si è rifugiata a Bimbo. Si calcola che qui ci siano rifugiati
prevalentemente presso le missioni cattoliche. Ci saranno circa 90 mila persone. Altrettante
sono ospitate presso case private. La situazione è veramente precaria. Il problema
umanitario a Bimbo è grande. La fame, soprattutto… Noi, personalmente, diamo assistenza
gratuita a tutti quelli che si presentano qui all’ospedale. Li curiamo per quello
che possiamo, perché non abbiamo più farmaci. Però, cure di emergenza per la malaria,
per le anemie che qui imperversano, riusciamo ancora a garantirle. Ma è cosa di qualche
giorno…
D. – Attualmente, in città quali sono le strutture in grado ancora
di offrire assistenza sanitaria?
R. – Adesso, attualmente, c’è l’ospedale comunitario
che è gestito da Medici senza frontiere che fa un lavoro enorme, però è prevalentemente
traumatologia. Qui all’ospedale civico di Bimbo c’è sempre il solito problema: non
hanno farmaci, se ce li hanno, spariscono; i centri sanitari sono chiusi perché il
personale non va a lavorare e quindi alla fine tutto si ripiega qui, su Bimbo, da
noi. C’è Emergency in città ed anche loro fanno un grande lavoro. Assicurano la chirurgia
al complesso pediatrico… Però, la popolazione è tanta, quindi siamo come una goccia
in un oceano.
D. – Quali sono, in un momento così drammatico, le principali
emergenze sanitarie?
R. – Le emergenze sanitarie in questo momento sono prevalentemente
la malnutrizione, che è grave e acuta, con picchi di anemia che fanno paura. Tra tutti
i bambini che vengono qui – noi visitiamo una media di 50-60 bambini al giorno – non
c’è nessuno che supera gli 8 grammi di emoglobina. Quindi, veramente stanno male.
Poi, c’è la malaria che fa disastri. Si prevede che nei prossimi mesi ci sarà un’ecatombe.
D.
– Aiutate tutti, senza alcuna distinzione…
R. – Assolutamente. Noi non facciamo
alcun tipo di distinzione: né politica, né razziale, né di religione. Qui abbiamo
nascosto parecchi bambini, anzi siamo andati a recuperare dei musulmani che lavoravano
presso altre missioni cattoliche e con l’ambulanza li abbiamo portati in salvo, perché
qui li ammazzano. Per questo, parecchi di loro sono all’arcidiocesi a Bangui, dove
l’arcivescovo li protegge all’interno dell’arcivescovado.
D. – La Repubblica
Centrafricana è dunque un Paese segnato da violenze e da tragedie. Quale è il vostro
appello?
R. – Il nostro appello è che qualcuno venga a calmare questa gente.
Io non so se il Santo Padre possa intervenire. Ma che lo faccia, perché qui veramente
è un genocidio. E’ una cosa impossibile! I francesi, malgrado quello che dicono in
Francia, non riescono a controllare la situazione. Li abbiamo chiamati: ci sono dei
religiosi che hanno avuto bisogno di aiuto, loro non vanno. Dunque, qui ci vuole qualcuno
che riesca a smuovere la coscienza, soprattutto delle Nazioni Unite. Che vengano qui,
rapidamente, perché più aspettano e più la gente muore. Qui veramente è un genocidio
grande. E un disastro! La gente viene uccisa a colpi di machete, li fanno a pezzi…
D.
– Atrocità di cui siete testimoni…
R. – Io ho visto delle scene in città …
Il nostro nunzio, il nunzio ad interim, don Andrea, ha vissuto una situazione,
due domeniche fa, veramente allucinante. Davanti al portone della nunziatura è stato
aggredito un signore musulmano che passava, poveraccio, non c’entrava niente… L’hanno
preso a sassate, poi l’hanno lapidato, l’hanno tagliato a pezzi, bruciato... E don
Andrea che gridava: aiutateci! Chiamava i francesi. Ma nessuno si è presentato...
D.
– Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha autorizzato il dispiegamento di una forza
europea per sostenere quella, già presente, nella Repubblica Centrafricana. La speranza
è che si possa ristabilire l’ordine nel Paese…
R. – Abbiamo sentito questo.
Dicono che l’Unione Europea abbia autorizzato questa missione. Anche l’Onu dice che
manderà soldati, ma fino a oggi non abbiamo visto nessuno. Qui ci sono 1.600 uomini
della missione francese e ce ne sono altri 6.000 dell’interforza africana, la Misca,
però pattugliano solo le strade principali. Hanno disarmato tutti i Seleka ma non
disarmano i Balaka. E questi nei quartieri fanno di tutto: ammazzano la gente e la
tagliano a pezzi! Io ho lavorato in tanti Paesi africani, ma francamente una situazione
così non l’avevo mai vista. Nemmeno in Rwanda è stato così.