Fiat Chrysler Automobiles. Mons. Nosiglia: sfida per Torino ma si tutelino i lavoratori
La Fiat ha confermato che non ridurrà gli investimenti in Italia. Lo ha detto il segretario
generale della Cisl, Raffaele Bonanni, a un giorno dalla nascita del nuovo gruppo
"Fiat Chrysler Automobiles". La sede legale sarà in Olanda, quella fiscale in Gran
Bretagna. Il numero uno Marchionne assicura: “Nessun impatto per l'occupazione". Dall’arcivescovo
di Torino, mons. Cesare Nosiglia, l’appello perché siano tutelati i lavoratori
già duramente provati dalla crisi. Paolo Ondarza lo ha intervistato:
R. – Dal punto
di vista delle prospettive di sviluppo dell’azienda, certamente il fatto è rilevante.
Certo, bisognerà continuare ad affidarsi all’abilità del gruppo dirigente, per conquistare
condizioni vantaggiose in un mercato che sappiamo quanto è difficile. Il successo
della Chrysler, però, sembra indicare che gli strumenti non mancano.
D. – Le
sedi del nuovo gruppo saranno in Olanda e Gran Bretagna: quali le ricadute per la
città di Torino e per la sua tradizione industriale legata all’automobile, legata
alla Fiat?
R. – E’ stato detto e ridetto che, sì, le sedi ovviamente sono state
spostate. Torino, però, rimarrà un polo produttivo importante, non tanto diciamo dal
punto di vista direzionale, ma dal punto di vista della presenza dei lavoratori, delle
dirigenze e così via. Certo, lì c’è un patrimonio di persone qualificate sotto il
profilo della ricerca o sotto il profilo della qualità stessa dei lavoratori e di
tutti coloro che hanno fatto grande la Fiat e questo deve restare. In questo modo,
la Fiat diventa sempre di più un punto di riferimento produttivo, che trascina poi
gli imprenditori, sia italiani che esteri, a guardare a Torino e all’Italia.
D.
– Come far sì che questo patrimonio di conoscenza, questo personale qualificato, cui
faceva riferimento, maturato a Torino e in Italia dalla Fiat, non vada perso? La sua
gente è preoccupata in questo momento?
R. – Certamente può sembrare, spostando
l’asse portante al di fuori di Torino. Io credo di no invece, almeno da come mi è
stato garantito... Io sono stato a vedere questa sede ed è veramente qualificata.
Qui a Torino, tra l'altro, abbiamo il Politecnico, che è una delle Università più
rinomate nel nostro Paese, e probabilmente anche in Europa. C’è uno stretto rapporto,
quindi, anche tra Università, Politecnico e questi centri di progettazione di nuovi
modelli, di qualità anche delle auto. Questo è un patrimonio veramente da non perdere
assolutamente e che comunque io penso resterà. Resterà, anche perché adesso riprenderà
la produzione a Mirafiori. Questi operai sono ormai in cassa integrazione da tre o
quattro anni. E’ giusto, quindi, che sentano in concreto che questo accordo li favorisce.
La città ha bisogno anche di questo. E la città, però, certamente deve fare la sua
parte, deve anche mettere in moto tante situazioni – infrastrutture, trasporti, reti
di comunicazione – deve diventare una città che accoglie una multinazionale.
D.
– Perché è importante che anche in questa vicenda la Chiesa dica la sua opinione?
R.
– Qui a Torino, c’è una tradizione fortissima d’intervento da parte della Chiesa sul
piano del lavoro. Poi, io penso prima di tutto ci siano le persone, migliaia e migliaia
di lavoratori, dirigenti, l’indotto. Bisogna quindi salvaguardare le famiglie, salvaguardare
l’occupazione. Oggi, c’è una situazione difficilissima: il 40% dei giovani da noi
è senza lavoro e moltissimi sono i disoccupati. Torino, quindi, sta soffrendo molto
la crisi. Questo segno di speranza mi auguro abbia una ricaduta positiva proprio nella
nostra società. La Chiesa non può non dare la sua valutazione e anche invitare sempre
di più a mettere al centro non solo l’economia, la finanza, la produzione, ma anche
il lavoro. Il capitale più importante, insomma, è il lavoratore, la persona che lavora.