Violenze in Siria, a Ginevra i colloqui. Sei mesi fa il sequestro di p. Dall'Oglio.
Mons. Zenari: preghiamo per i rapiti
Sesto giorno di negoziati a Ginevra tra governo e opposizione. Ieri le delegazioni
hanno annullato, per “divergenze” la sessione pomeridiana. Gli insorti continuano
a chiedere l’estromissione di Assad dai nuovi assetti, mentre Damasco ha ribadito
che il presidente siriano è “una garanzia per superare la crisi”. Il regime è inoltre
tornato ad accusare gli Usa di aiutare i terroristi". Gli incontri seguono la conferenza
di pace che si è svolta nei giorni a Montreux. Sul terreno un numero imprecisato di
civili è intrappolato sotto le macerie di due edifici residenziali ad Aleppo, crollati
in seguito al bombardamento aereo da parte di elicotteri del regime di Damasco. E
secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, con base a Londra, sarebbero 209
le vittime per scontri nella provincia di Raqqa. Drammatica anche la situazione umanitaria:
20mila persone, secondo fonti locali, rischiano di morire di fame nel campo profughi
palestinese di Yarmuk, a Sud di Damasco, mentre restano in attesa di entrare ad Homs
i convogli dell’Onu carichi di aiuti umanitari per la popolazione assediata. Giunge
in questo scenario la notizia che la Gran Bretagna accoglierà in via temporanea "centinaia"
di rifugiati dalla Siria. Il Regno Unito collaborerà con le Nazioni Unite in questa
iniziativa ma non prenderà parte, come già detto in passato, al piano dell'Alto commissariato
Onu per i rifugiati che ha visto già alcuni Paesi europei dare la loro disponibilità.
E oggi sono sei mesi dal rapimento del padre gesuita Paolo Dall’Oglio, scomparso proprio
a Raqqa, zona controllata dalle “milizie islamiste dello Stato Islamico dell’Iraq”.
In tante città del mondo da ieri si stanno tenendo messe e veglie di preghiera per
la liberazione di tutti i rapiti in Siria. Massimiliano Menichetti ha raccolto
il commento di mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco:
R. – Non abbiamo
alcuna notizia di padre Dall’Oglio! Ci sono delle voci, ogni tanto, che si rincorrono:
ma non si può vagliare se siano vere o no. Purtroppo sono ormai 6 mesi… Fra qualche
settimana saranno 12 mesi che sono scomparsi altri due sacerdoti, sempre nelle vicinanze
di Aleppo, uno armeno cattolico e uno greco ortodosso; fra tre mesi sarà un anno dal
rapimento dei due vescovi ortodossi…. Ecco, di tutte queste persone – purtroppo! –
non c’è alcuna notizia.
D. – Qualcosa di più si sa, invece, sulle 12 monache
rapite a Maalula?
R. – Ogni tanto trapela qualche notizia… Sono piuttosto rassicuranti:
sarebbero trattate – sembra – bene; si sa, più o meno, dove sono trattenute, in una
casa nella cittadina di Abrud. Questo è un caso un po’ diverso. Anche le monache,
di quando in quando, possono telefonare a qualche persona, a qualche altra religiosa…
D.
– Dunque la Siria è piombata anche in questa spirale drammatica dei rapimenti, che
sono tantissimi…
R. – Purtroppo sì! Bisogna anche allargare lo sguardo: e la
cosa diventa veramente esecrabile, perché qui si parla di centinaia di persone e si
può parlare anche di migliaia se si includono tutte le tipologie di persone rapite
o scomparse.
D. – Chi viene rapito?
R. – C’è la tipologia – diciamo
– criminale: diverse persone sono rapite per ottenere denaro e qui nei vari villaggi
e nelle varie città purtroppo è qualcosa che si verifica giornalmente. C’è poi la
tipologia politica: persone di un certo rilievo sequestrate dagli uni o dagli altri
per eventuali - magari un domani – possibili scambi di persona. Poi c’è della gente
che è stata rapita, che è scomparsa e non si sa neanche per quali motivi… Vorrei direi
che anche il rapimento di queste persone ecclesiastiche ancora non ha un motivo. Preghiamo
affinché il Signore della misericordia possa toccare il cuore di tutte queste persone,
perché sappiamo quanto dolore provoca alle famiglie che non sanno niente dei loro
cari, scomparsi ormai da giorni, settimane, mesi… Direi che i rapimenti sono uno dei
flagelli che è stato provocato da questa guerra. Vorrei che sostenessimo tutte le
persone rapite e le loro famiglie con la nostra preghiera.
D. – In questa situazione
la Chiesa cosa sta facendo?
R. – Una missione ardua, quella anzitutto di rimanere
vicino alla gente che è qui, tutti, sia cristiani, sia di altre religioni, perché
tutti soffrono queste calamità della guerra, della povertà, della fame, del freddo
e questi sequestri. La prima cosa da fare è essere presenti, condividere queste sofferenze.
Oltre all’aiuto materiale - quel po’ che si può offrire… - c’è soprattutto l’aiuto
nella presenza, nella condivisione di questo terribile dramma che tutti stanno vivendo.
D.
– Prima della Conferenza di pace che si è tenuta a Montreaux, lei ha ribadito: “Tutti
si presentino davanti questa assise come se si trovassero al capezzale di una madre”,
riferendosi proprio alla "madre Siria". Come giudica questa Conferenza e gli sforzi
che si stanno facendo ora di mediazione tra gli oppositori e Assad?
R. – Già
dall’inizio si sapeva che questa Conferenza avrebbe dovuto superare ostacoli insormontabili.
Però bisogna tentare ogni sforzo! E’ già qualcosa, che dopo tre anni le parti che
erano distanti, l’una dall’altra, e che si combattevano, si ritrovano attorno ad un
tavolo. Ogni piccolo passo vale già qualcosa. Come cristiani, ma anche come credenti,
dobbiamo accompagnare questi sforzi di pace con la preghiera, perché mai come adesso
ci si accorge che c’è bisogno dell’aiuto di Dio per ottenere questo dono, il dono
della pace, che è affidato alla responsabilità umana. Non bisogna mai perdere la fiducia,
anche se ci saranno dei momenti molto, molto difficili. Bisogna cercare di fare dei
passi soprattutto – io direi – per quanto riguarda adesso l’aspetto umanitario. Non
c’è solo la povera popolazione di questa enclave di Homs: circa 3-3.500 persone circondate
e accerchiate da più di un anno e mezzo e tra queste ci sono 60-65 cristiani con un
sacerdote, un religioso gesuita anziano olandese, che ha scelto di rimanere con tutte
queste povere persone accerchiate... Però oltre a loro ci sarebbero circa 2 milioni
e mezzo le persone che sono in una situazione simile e sono tagliate fuori da questi
aiuti umanitari così necessari e così urgenti. Quindi direi che sarebbe già un bel
risultato se le parti potessero mettersi d’accordo sull’accesso agli aiuti umanitari
per queste diverse popolazioni che sono accerchiate o dagli uni o dagli altri.