Vescovi italiani. Mons. Nunnari: "Il cuore della nostra gente è ferito"
Il “nostro” cuore oggi è “ferito” dalle “disumane sofferenze fisiche e spirituali,
che affliggono innumerevoli persone di questa nostra Terra”, “sofferenze” per i disastri
ambientali, per le libertà “rese fragili da una politica non sempre all’altezza della
storia e dei bisogni della gente”; per le “paure che incute ancora la malavita organizzata”;
per le “angustie” e le “fatiche di una crisi che rende difficoltoso il cammino socio-economico,
fa crescere le povertà e riduce la speranza a un 'lucignolo fumigante’”. Lo ha detto
ieri mattina mons. Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza-Bisignano e presidente
della Conferenza episcopale calabra, durante l’omelia della Messa concelebrata con
i membri del Consiglio permanente della Cei, in corso a Roma. Per mons. Nunnari -
riferisce l'agenzia Sir - “il cuore della nostra gente si trova ferito anche da una
crisi diversa: la crisi dei valori, l’espandersi di un relativismo esasperato, che
sta assumendo la fisionomia di una 'dittatura del pensiero’ che vorrebbe imporsi a
tutti, 'togliendo’ e 'tagliando’ la libertà di essere se stessi”. Il vescovo ha citato
alcuni scenari che “mostrano il cuore ferito della nostra gente”: quello della famiglia,
del matrimonio; dei matrimoni che “si frantumano” e dei figli “che si ritrovano con
l’animo spezzato”; dei ragazzi e dei giovani, a cui viene ridotta “la speranza del
futuro”. Commentando la parabola del seminatore della liturgia odierna il vescovo
ha indicato quattro scenari: la strada, i sassi, le spine e il terreno buono. Diversi
“terreni” che “non indicano solo categorie diverse di persone”, ma “momenti diversi”
della vita di “una stessa persona”. “La strada può essere per noi un luogo privilegiato
per l’incontro, soprattutto inatteso”; il “terreno sassoso” è “il luogo dell’effimero,
che può contagiare anche noi”; il campo pieno di spine è “il luogo della quotidiana
fatica, quando le preoccupazioni si assommano, le difficoltà si solidificano, le speranze
si spengono; si perde l’orientamento, si rendono fragili o si chiudono i rapporti,
si alzano senza accorgersi i muri del non senso”. Infine, il terreno buono: “Il mio
augurio e la mia speranza - ha concluso mons. Nunnari - sono che in qualche modo possiamo
essere sempre il terreno buono. E lo saremo soprattutto se rimaniamo aperti all’incontro
con Lui; a quell’incontro quotidiano, specialmente, che viviamo nel mistero della
Divina Eucaristia”. (R.P.)