Crisi siriana. Mons. Zenari: fronteggiare l’emergenza umanitaria. Preghiamo per p.
Dall’Oglio e tutti i rapiti
A Ginevra sono entrati nel quinto giorno di lavori, i negoziati di pace per la Siria.
Gli incontri seguono la conferenza internazionale di Montreux. In queste ore si tiene
un nuovo "faccia a faccia" tra i rappresentanti del regime siriano e dell'opposizione,
dopo che ieri sono stati sospesi i colloqui sulla formazione di un governo di transizione.
Intanto sul fronte umanitario un convoglio dell'Onu è in attesa di consegnare aiuti
alimentari alle famiglie assediate ad Homs. E domani saranno sei mesi dal rapimento
del padre gesuita Paolo Dall’Oglio, scomparso a Raqqa, zona controllata dalle “milizie
islamiste dello Stato Islamico dell’Iraq”. In diverse città del mondo sono state annunciate
Messe e Veglie di preghiera per la liberazione del padre gesuita e di tutte le altre
persone rapite nel Paese dilaniato da tre anni di combattimenti. Massimiliano Menichetti
ha raccolto il commento di mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco:
R. – Non abbiamo
alcuna notizia di padre Dall’Oglio! Ci sono delle voci, ogni tanto, che si rincorrono:
ma non si può vagliare se siano vere o no. Purtroppo sono ormai 6 mesi… Fra qualche
settimana saranno 12 mesi che sono scomparsi altri due sacerdoti, sempre nelle vicinanze
di Aleppo, uno armeno cattolico e uno greco ortodosso; fra tre mesi sarà un anno dal
rapimento dei due vescovi ortodossi…. Ecco, di tutte queste persone – purtroppo! –
non c’è alcuna notizia.
D. – Qualcosa di più si sa, invece, sulle 12 monache
rapite a Maalula?
R. – Ogni tanto trapela qualche notizia… Sono piuttosto rassicuranti:
sarebbero trattate – sembra – bene; si sa, più o meno, dove sono trattenute, in una
casa nella cittadina di Abrud. Questo è un caso un po’ diverso. Anche le monache,
di quando in quando, possono telefonare a qualche persona, a qualche altra religiosa…
D.
– Dunque la Siria è piombata anche in questa spirale drammatica dei rapimenti, che
sono tantissimi…
R. – Purtroppo sì! Bisogna anche allargare lo sguardo: e la
cosa diventa veramente esecrabile, perché qui si parla di centinaia di persone e si
può parlare anche di migliaia se si includono tutte le tipologie di persone rapite
o scomparse.
D. – Chi viene rapito?
R. – C’è la tipologia – diciamo
– criminale: diverse persone sono rapite per ottenere denaro e qui nei vari villaggi
e nelle varie città purtroppo è qualcosa che si verifica giornalmente. C’è poi la
tipologia politica: persone di un certo rilievo sequestrate dagli uni o dagli altri
per eventuali - magari un domani – possibili scambi di persona. Poi c’è della gente
che è stata rapita, che è scomparsa e non si sa neanche per quali motivi… Vorrei direi
che anche il rapimento di queste persone ecclesiastiche ancora non ha un motivo. Preghiamo
affinché il Signore della misericordia possa toccare il cuore di tutte queste persone,
perché sappiamo quanto dolore provoca alle famiglie che non sanno niente dei loro
cari, scomparsi ormai da giorni, settimane, mesi… Direi che i rapimenti sono uno dei
flagelli che è stato provocato da questa guerra. Vorrei che sostenessimo tutte le
persone rapite e le loro famiglie con la nostra preghiera.
D. – In questa
situazione la Chiesa cosa sta facendo?
R. – Una missione ardua, quella anzitutto
di rimanere vicino alla gente che è qui, tutti, sia cristiani, sia di altre religioni,
perché tutti soffrono queste calamità della guerra, della povertà, della fame, del
freddo e questi sequestri. La prima cosa da fare è essere presenti, condividere queste
sofferenze. Oltre all’aiuto materiale - quel po’ che si può offrire… - c’è soprattutto
l’aiuto nella presenza, nella condivisione di questo terribile dramma che tutti stanno
vivendo.
D. – Prima della Conferenza di pace che si è tenuta a Montreaux,
lei ha ribadito: “Tutti si presentino davanti questa assise come se si trovassero
al capezzale di una madre”, riferendosi proprio alla "madre Siria". Come giudica questa
Conferenza e gli sforzi che si stanno facendo ora di mediazione tra gli oppositori
e Assad?
R. – Già dall’inizio si sapeva che questa Conferenza avrebbe dovuto
superare ostacoli insormontabili. Però bisogna tentare ogni sforzo! E’ già qualcosa,
che dopo tre anni le parti che erano distanti, l’una dall’altra, e che si combattevano,
si ritrovano attorno ad un tavolo. Ogni piccolo passo vale già qualcosa. Come cristiani,
ma anche come credenti, dobbiamo accompagnare questi sforzi di pace con la preghiera,
perché mai come adesso ci si accorge che c’è bisogno dell’aiuto di Dio per ottenere
questo dono, il dono della pace, che è affidato alla responsabilità umana. Non bisogna
mai perdere la fiducia, anche se ci saranno dei momenti molto, molto difficili. Bisogna
cercare di fare dei passi soprattutto – io direi – per quanto riguarda adesso l’aspetto
umanitario. Non c’è solo la povera popolazione di questa enclave di Homs: circa 3-3.500
persone circondate e accerchiate da più di un anno e mezzo e tra queste ci sono 60-65
cristiani con un sacerdote, un religioso gesuita anziano olandese, che ha scelto di
rimanere con tutte queste povere persone accerchiate... Però oltre a loro ci sarebbero
circa 2 milioni e mezzo le persone che sono in una situazione simile e sono tagliate
fuori da questi aiuti umanitari così necessari e così urgenti. Quindi direi che sarebbe
già un bel risultato se le parti potessero mettersi d’accordo sull’accesso agli aiuti
umanitari per queste diverse popolazioni che sono accerchiate o dagli uni o dagli
altri.