E’ costituito da 20 ministri, di cui sette donne, il nuovo governo di transizione
sotto la guida dell’economista André Nzapayeke, in carica da sabato scorso. La composizione
dell’esecutivo è stata annunciata lunedì sera con la lettura di un decreto firmato
dalla Presidente di transizione, Catherine Samba-Panza. Come già anticipato si tratta
di una squadra ristretta che include varie componenti politiche, ex generali delle
forze armate ma anche rappresentanti dell’ex ribellione Seleka e un esponente delle
milizie di autodifesa Anti-Balaka. E’ stata affidata al generale Thomas Théophile
Timangoa la direzione di un ministero cruciale, quello della Difesa nazionale incaricato
della ricostruzione delle forze armate, degli ex combattenti, delle vittime di guerra
e del processo di disarmo. Anche il ministero della Pubblica sicurezza è andato a
un militare dell’ex esercito nazionale (Faca), il colonnello Denis Wangao. La Seleka,
coalizione ribelle legata al Presidente destituito Michel Djotodia, ha ottenuto tre
ministeri minori – Trasporti, Lavori pubblici, Poste e telecomunicazioni – mentre
agli Anti-Balaka è andato quello della Gioventù, Cultura e Sport. Inoltre sono stati
riconfermati alcuni ministri del governo uscente, tra cui Marie Noelle Koyara, allo
Sviluppo rurale, e Aristide Sokampi, all’Amministrazione territoriale, chiamato ad
organizzare le prossime elezioni generali in agenda per febbraio 2015. La formazione
del nuovo esecutivo non è stata esente da critiche. La direzione degli Anti-Balaka
ha denunciato uno “squilibrio evidente” a sfavore delle milizie di autodifesa, poco
rappresentate nella transizione, vittime di una “vittoria rubata”. L’ex opposizione
democratica riunita nell’Alleanza delle forze democratiche di transizione (Afdt) ha
invece contestato la nomina del nuovo primo ministro, considerata “una violazione
con gli accordi di pace di Libreville (firmati nel gennaio 2013)”, decidendo di conseguenza
di non voler partecipare all’esecutivo. Nonostante i passi avanti sul piano istituzionale,
compiuti in tempi brevi, la situazione sul terreno non accenna a migliorare. A Bangui
la Croce Rossa locale ha rinvenuto 13 corpi senza vita in alcuni quartieri più ‘caldi’
della capitale. A lanciare l’allarme è stato l’Alto commissario Onu per i Diritti
umani, Navi Pillay. “I civili musulmani sono ora le persone più vulnerabili. Molti
di loro sono stati costretti a lasciare il Paese, al seguito degli ex Seleka, e si
sono rifugiati soprattutto in Ciad” ha detto la Pillay, sottolineando che “negli ultimi
giorni la situazione si è ulteriormente deteriorata sul piano della sicurezza e dei
diritti umani”. Rivolgendosi alla comunità internazionale l’Alto commissario Onu ha
chiesto di “rafforzare la presenza di peacekeepers per salvare tante vite a rischio”.
La crisi in Centrafrica è all’ordine del giorno del vertice dei capi di Stato e di
governo dell’Unione Africana, in corso con incontri preliminari ad Addis Abeba. Il
Consiglio di sicurezza dell’Onu si appresta a varare sanzioni mirate nei confronti
di chi “continua ad alimentare le violenze” nell’ex colonia francese. (R.P.)