Un Paese in attesa, con una capitale che si prepara al peggio. Stiamo parlando della
Thailandia, che va verso il voto del 2 febbraio in un clima di fortissima tensione.
Proseguono, infatti, le manifestazioni degli anti-governativi, che vorrebbero annullare
la tornata, mentre il governo – sicuro della vittoria – insiste sulla tenuta delle
elezioni. Da Bangkok, il servizio di Stefano Vecchia:
In gioco non
vi è solo il destino del gabinetto ministeriale guidato dalla signora Yingluck Shinawatra.
L'intero paese è, infatti, sull'orlo di una crisi ancora più grave se qualcuno – governo
o opposizione da tre mesi in piazza per chiederne la caduta – non farà un passo indietro.
La violenza è ormai reale e quotidiana. Dopo i 70 feriti e un morto nella settimana
precedente, uno dei leader anti-governativi era stato ucciso domenica a colpi di Kalashnikov
mentre bloccava l'accesso a uno dei seggi elettorali della capitale dove erano in
corso operazioni di voto anticipato, quasi ovunque sospese nella capitale. Altri dieci
manifestanti erano rimasti feriti per uno scontro diretto con le Camicie Rosse filo-governative.
Per questo, ieri le manifestazioni sono rimaste all'interno dei presidi fissi. Ciononostante,
la notte scorsa vi sono stati due attacchi dinamitardi contro altrettante basi della
protesta e questa mattina un ordigno è stato lanciato contro l'abitazione di un esponente
anti-governativo. Sempre in mattinata, un uomo che si ritiene faccia parte del servizio
di sicurezza delle manifestazioni, è stato freddato a colpi di pistola in un'area
periferica. Segnali inquietanti, ai quali si associa da un lato l'ultimatum entro
domani per lo sgombero dell'area ministeriale occupata da tempo, dall'altro il rifiuto
anche oggi confermato della protesta di non cedere.