In Ucraina si allarga la protesta antigovernativa. I palazzi del potere nella mani
dei dimostranti
L'Ucraina sull’orlo della guerra civile. Il Paese è sempre più in preda alle proteste
antigovernative avviate dal fronte europeista, al quale. Dopo la capitale Kiev, ora
interessano anche il resto del Paese. Almeno la metà dei centri del potere è nelle
mani dei dimostranti. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
Dopo l’ovest
ed alcune zone del centro, anche nell’est dell’Ucraina si propaga la protesta. Scontri
tra gruppi di manifestanti e la polizia si registrano un po’ ovunque. Risse davanti
ai palazzi del potere regionale sono segnalate a Dnipropetrovsk e Donetsk. Decine
sono ormai gli edifici governativi occupati dai manifestanti in giro per il Paese.
Quello di Sumy è stato liberato dalle unità speciali nella notte. A Kiev il ministero
della Giustizia e’ finito nelle mani dei radicali, questa la nota del governo. Elena
Lukash, la responsabile del dicastero, ha chiesto al Consiglio di sicurezza nazionale
l’introduzione dello stato d’emergenza. Una richiesta questa non nuova, già fatta
nei giorni scorsi dalla regione autonoma della Crimea. Dello stesso avviso è anche
il collega degli Interni, Zakharchenko. Il mondo politico attende la sessione straordinaria
di domani della Rada. Non si sa ancora se il governo Azarov presenterà la proprie
dimissioni, permettendo la formazione di un Esecutivo tecnico o di unità nazionale.
Sugli
sviluppi della crisi ucraina, Eugenio Bonanata ha intervistato Fulvio Scaglione,
vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto dell'area ex sovietica:
R. – Io credo
che ormai da questo punto di vista tutto sia nelle mani dell’esercito, che pare si
sia rifiutato di intervenire contro i dimostranti, anche se non si è schierato a favore,
fino a questo momento. Ecco, io credo che il rischio di guerra civile sia legato soprattutto
alla posizione dei militari, perché né i dimostranti né, a quanto pare, le forze dell’ordine
o comunque le forze di sicurezza agli ordini del presidente del governo, sembrano
in grado al momento di prevalere.
D. – Qual è l’identità dell’opposizione
ucraina? Hanno rifiutato le proposte del presidente Yanukovich, ma all’interno della
formazione ci sono gruppi estremisti che potrebbero in qualche maniera essere fonte
di preoccupazione?
R. – E’ chiaro che l’opposizione, il vasto composito fronte,
che genericamente chiamiamo opposizione, a questo punto tenta il colpo grosso, cioè
tenta di avere tutto e di abbattere il governo e cacciare Yanukovich, nello stesso
tempo. D’altra parte, nel caso la cosa riuscisse, allora comincerebbero le difficoltà
per l’opposizione, perché le anime dell’opposizione sono molto variegate ed in ogni
caso, è inutile nascondersi, la punta di lancia dei disordini, delle proteste, l’ala
che riesce ad organizzarle anche da un punto di vista “militare”, è costituita dai
militanti di Svoboda, che è un’organizzazione nazionalista dichiaratamente di destra.
Il che, tra l’altro, getta una qualche luce, anche un po’ oscura, non solo sul futuro
della protesta ucraina, ma anche, un pochino, sul futuro dell’Europa, perché ci saranno
fra pochi mesi le elezioni europee e già si prevede un’ondata di consensi per le destre,
da Le Pen, in Francia, fino ad altri leader in altri Paesi. Aggiungere anche la componente
ucraina in questo quadro complica le cose.
D. – Qual è la reale posta in palio
di questa protesta, al di là dello scontro tra europeisti e filorussi?
R. –
A questo punto la posta in gioco è oggettivamente il controllo del Paese. Sul tasso
di europeismo di questa protesta, io non calcherei troppo la mano, perché ho la sensazione
che invece il vero motore della protesta sia il desiderio molto ucraino e anche molto
comprensibile, se si pensa alla storia di questo Paese, ai milioni di morti uccisi
con le carestie all’inizio degli anni ’30 dall’Unione Sovietica, ecco penso che il
vero motore della protesta sia il desiderio di allontanarsi da Mosca. Quanto questo
desiderio sia un pio desiderio, un desiderio realizzabile, una giusta e concreta aspirazione,
poi si potrà discuterne.
D. – La Russia scenderà in campo in modo ancora più
esplicito per evitare questo?
R. – Scendere in campo come per l’Ungheria, la
Cecoslovacchia - questi ricordi - non credo proprio, anche perché la Russia ha in
mano altre carte da giocare. Non bisogna dimenticare che l’economia dell’Ucraina al
momento è in larga parte dipendente dalla Russia. La Russia vale circa il 20, il 21
per cento sia dell’import che dell’export ucraino e, comunque, provvede al 90 per
cento delle sue risorse energetiche, siano esse petrolio, gas o combustibile nucleare,
per le centrali ancora funzionanti in Ucraina, compresa quella di Chernobyl. Quindi
per fare una sintesi brutale, se domani la Russia chiudesse il rubinetto delle risorse
energetiche, l’Ucraina si fermerebbe e onestamente non pare ci sia né Unione Europea
né altri Paesi che siano in grado di sopperire a questa necessità ucraina.
D.
– Cosa dire invece degli interessi di Yanukovich?
R. – Yanukovich è il tipo
di governante di stampo post sovietico. Non a caso lui viene dalle regioni dell’Est
dell’Ucraina, che sono quelle dove l’imprinting sovietico e poi russo è più forte.
Quindi quando si dice questo, si dice un uomo di governo che è un uomo con vasti e
ramificati interessi nell’economia, che governa anche con l’appoggio e appoggiando
a sua volta i circoli, che in Russia vengono comunemente definiti “oligarchi” dell’economia.
In questo non è diverso da Putin o da altri governanti dei Paesi dell’Est post sovietici.
Diciamo che forse è un po’ meno abile.