2014-01-27 15:05:41

Card. Schönborn: usciamo dalle parrocchie per incontrare la vita degli altri


E’ iniziata ieri, e proseguirà fino a venerdì, la visita ad limina dei vescovi dell’Austria. Tanti i temi di attualità che interpellano la Chiesa di questo Paese nel cuore dell’Europa, con circa 8 milioni e mezzo di abitanti, che - battezzati all'89 per cento - si dichiarano cattolici al 63%, di cui solo il 9% frequenta la Messa, mentre cresce il numero degli atei. Tra le questioni che, negli ultimi anni, hanno sollevato preoccupazione vi è stata la cosiddetta “Iniziativa dei Parroci” (Pfarrer-Iniziative), lanciata nel 2006 per chiedere riforme alla Chiesa su temi dottrinali e pastorali. Un appello alla disobbedienza che era stato condannato da Benedetto XVI durante la Messa del Giovedì Santo nel 2012. Ma qual è oggi la situazione della Chiesa austriaca? Padre Bernd Hagenkord, responsabile del Programma tedesco della Radio Vaticana, lo ha chiesto al cardinale Christoph Schönborn, presidente della Conferenza episcopale austriaca:RealAudioMP3

R. - Scrivere della Chiesa nei media e parlare della vita reale della Chiesa sono questioni decisamente differenti. Io l’ho sperimentato chiaramente nella vicenda dell’“Iniziativa dei parroci”. In tutto il mondo la percezione della Chiesa austriaca ruotava intorno a quell’unico tema: ‘l’invito alla disobbedienza’. Ogni qualvolta mi capitava di incontrare dei vescovi di diverse parti del mondo, mi dicevano sempre: “Poveri voi, che cosa spaventosa!”; al che io spiegavo che i preti che avevano aderito all’iniziativa erano soltanto una piccola percentuale e quasi tutti nel distretto di Promill. Quando lo dicevo c’era sempre grande sorpresa. Da ciò si comprende la differenza tra ciò che viene raccontato dai media e ciò che è invece la realtà della Chiesa. Lei mi domanda se la Chiesa in Austria sta vivendo una situazione positiva o negativa? E’ nel mezzo di un grande processo di cambiamento.

D. - Lei ha portato con sé i risultati al Questionario in preparazione al prossimo Sinodo su Famiglia ed evangelizzazione? Sappiamo che in molte diocesi germanofone si manifesta una profonda discrepanza tra dottrina e fede vissuta...

R. - E’ impossibile compiere un’analisi in così breve tempo. Per quanto riguarda l’Austria sono arrivate 30mila risposte, è un dato enorme ed è un buon segno, perché c’è un grande interesse al riguardo.

D. - Ma volendo fare una supposizione: la tendenza sarà simile, tra trasmissione della fede e prassi ci sarà un abisso...

R. - Posso tentare di dirla così: i desideri, le speranze e le aspettative coincidono più di quanto ci si aspetti con ciò che la Bibbia e la Chiesa affermano in materia di matrimonio e famiglia. Ciò che per molte persone resta il quadro di riferimento è una relazione riuscita, una famiglia riuscita, una società in cui le diverse generazioni siano unite nella famiglia. La realtà molto spesso non corrisponde a questa visione e creare un ponte tra ciò che si desidera e ciò che invece è, ciò che di fatto si riesce a fare, è naturalmente la grande sfida che si pone di fronte a tutti noi. La questione cruciale, che non soltanto pone Papa Francesco, ma che naturalmente è già nel Vangelo, è quella di far coincidere realtà e misericordia. La misericordia di Dio e degli uomini, nei confronti di ciò che solo talvolta riesce come si vorrebbe, o non riesce affatto, nei confronti di ciò che si è sperato e atteso e anche di ciò che è l’insegnamento e l’indirizzamento che Dio dà agli uomini. Riuscire a mettere insieme queste cose è un compito molto difficile e che peraltro non è affatto nuovo. Un Cancelliere austriaco ha detto una volta questa frase: ‘Imparate la storia!’. Rifletto spesso sul fatto che dimentichiamo, quanto poco scontato fosse il matrimonio prima. Noi ci comportiamo come se la convivenza tra le persone al di fuori del matrimonio, che per le giovani generazioni, e non solo per loro, è divenuta ampiamente scontata, non fosse una assoluta novità nella storia dell’umanità. Io credo che dovremmo prendere assolutamente sul serio le difficoltà attuali, ma allo stesso tempo non dobbiamo esasperarle drammaticamente.

D. - Lei ha fatto riferimento al cambiamento, e la sua stessa diocesi ha avviato la nascita di grandi distretti parrocchiali e una collaborazione grande tra laici e parroci. Ci sono già delle esperienze che potete condividere con la Chiesa universale?

R. - Sicuramente una è quella che le riforme sono necessarie quando si hanno strutture che in parte risalgono alla fine del 18.mo secolo e che sono fortemente segnate dall’aumento delle parrocchie avvenuto nel 19.mo secolo e nel dopoguerra. Una situazione che non corrisponde più alla realtà dell’oscillante numero dei cattolici, ma neppure alle differenti abitudini di vita. Le persone non vanno automaticamente nella loro parrocchia di appartenenza, e possiamo dire con certezza che moltissimi dei collaboratori dei parroci non vivono affatto nella parrocchia nella quale sono impegnati. Dall’altra parte si mostra anche un diverso modo di strutturarsi della parrocchia, un luogo dove le persone si ritrovano e dove trovano una comunità di fede vivace, non necessariamente nelle loro zone di appartenenza territoriale. Questo processo di rinnovamento è secondo noi soltanto all’inizio, e credo che lo stiamo affrontando coraggiosamente.

D. Ci sono anche altri ambiti o temi che state affrontando?

R. Credo che la questione principale sia quella di comprendere come gli uomini possano trovare nuovamente nel Vangelo e in Cristo il loro desiderio di spiritualità, di appartenenza religiosa, di orientamento. Se noi ce ne occupiamo soltanto con le nostre strutture, allora facciamo ciò che Papa Francesco ha criticato fortemente come autoreferenzialità della Chiesa. La questione fondamentale è se a noi sta a cuore individuare gli uomini che sono in ricerca e trovare una strada che porti a Cristo. Se valuto molto obiettivamente che di tutta la popolazione viennese, che ammonta a 1,8 milioni di persone, solo il due per cento frequenta la Messa domenicale. Dove si svolge la vita di tutti gli altri? Cosa muove i loro cuori? Quali sono le loro speranze e preoccupazioni? Le loro paure? Preferiamo come comunità parrocchiale, come comunità cristiana, starcene bene e tranquilli dentro le nostre mura, o ci brucia la domanda se questi uomini conoscono Cristo? Questa è la questione che dovremmo sondare!


Ultimo aggiornamento: 28 gennaio







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