A Roma nel Giorno della Memoria, il concerto di violini e violoncelli salvati dai
campi di sterminio
Ieri sera, Giornata della Memoria, l’Auditorium Parco della Musica di Roma ha ospitato
un concerto organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche italiane, l’Università
Ebraica di Gerusalemme e l’associazione BrainCircleItalia. Protagonisti sono stati
i musicisti di nazionalità e religioni diverse che hanno suonato per la prima volta
in Italia i 12 violini e il violoncello sopravvissuti ai campi di sterminio. Ad accompagnarli
i ragazzi della JuniOrchestra dell’Accademia di Santa Cecilia. Brani di Barber, Vivaldi
e Beethoven si sono alternati al racconto della storia degli strumenti affidato alla
voce di Manuela Kustermann. Maura Pellegrini Rhao ha intervistato l’organizzatrice
dell'evento Viviana Kasam, presidente dell’associazione BrianCircleItalia:
R.
- L’evento è un concerto, ma in realtà è più di un concerto: oltre alla musica saranno
lette le storie di questi 12 violini ed un violoncello che sono sopravvissuti alla
Shoah. Sopravvissuti perché sono stati nei campi di concentramento, sono stati nascosti
in fuga con i loro proprietari, sono stati buttati giù dai treni dei deportati; hanno
storie estremamente drammatiche e la maggior parte dei loro proprietari sono morti
nei campi di concentramento. Attraverso questi violini vogliamo restituire loro la
voce perduta ed il concerto nasce, appunto, grazie al liutaio israeliano [Amnon Weinstein]
che li ha raccolti e restaurati. Oltre a questo abbiamo pensato di fare un evento
che riunisse un po’ tutte le religioni insieme e che quindi, partendo dal ricordo
della Shoa, portasse un messaggio di dialogo e speranza tra le religioni, perché secondo
me le religioni devono essere no strumento di odio e difficoltà; ma devono diventare
strumento di fratellanza e di amore. Quindi, abbiamo violinisti di tutte le religioni
tra cui un violoncellista tedesco che suonerà un violoncello appartenuto a David Popper
- cantore della Sinagoga di Praga, la cui famiglia fu trucidata dai nazisti - credo
sia molto simbolico che sia proprio un tedesco a suonare il suo strumento. Abbiamo
scelto come orchestra la JuniOrchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
composta da ragazzi tra i 14 e i 20 anni, perché secondo noi ormai il testimone della
memoria deve passare alle giovani generazioni; è fondamentale quindi che questi musicisti
vivano questa esperienza e che la possano tramandare. Ormai, i sopravvissuti stanno
morendo quindi, o sono le giovani generazioni a ricordare la Shoa e fare in modo che
queste cose non si ripetano, oppure il rischio dell’oblio è molto forte. Avremmo poi
un’attrice, Manuela Kustermann, che racconta le storie molto commoventi di ogni violino.
Quindi è un evento, non è solo un concerto.
D. - Che significato può avere
essere riusciti a riportare in vita questi strumenti, soprattutto per i sopravvissuti…
R.
- Credo sia un momento di grandissima commozione. Mentre noi abbiamo molte immagini
della Shoah, in realtà la voce della Shoah si è quasi completamente persa: undici
milioni di ebrei parlavano l’yiddish, una lingua straordinaria che ha dato tantissimo
alla cultura, alla filosofia, al teatro e alla letteratura; una lingua che si è estinta
ed è morta da un giorno all’altro. Così è stato anche per la musica degli ebrei che
sono stati sempre molto legati al violino, erano grandi maestri di violino; tutta
la musica Klezmer - che adesso si sta un po’ riscoprendo perché sono state ritrovate
alcune partiture - è stata anche quella completamente persa. Io credo quindi che restituire
anche la voce della Shoa sia un’opera molto importante. Poi la musica è un linguaggio
universale che commuove, che lega e che non ha barriere.
D. - Che impatto avrà
secondo lei questo importante evento?
R. - Ha già avuto un impatto molto forte,
al di là di ogni aspettativa: i biglietti sono stati esauriti molto rapidamente, abbiamo
avuto una copertura mediatica pazzesca - radio, televisioni, Rai 5 stasera presenta
l’evento in diretta e sarà anche visibile in streaming - quindi, evidentemente, sull’immaginario
collettivo ha avuto un fortissimo impatto, più di quanto noi immaginassimo. È venuta
gente da tutta Europa per sentire il concerto. Credo ci sia un forte simbolismo ed
anche un elemento di novità; è un modo forse meno retorico di celebrare il Giorno
della Memoria, un modo diverso. Se vogliamo che la Shoah non si ripeta più bisogna
veramente stabilire un clima di amicizia e fratellanza fra tutte le religioni; bisogna
capire che gli altri non sono diversi ma sono tutti esseri umani. Bisogna capire che
Dio, se c’è, è uno per tutti e le religioni sono solo strade diverse per giungere
a lui; nel momento in cui questo concetto sarà patrimonio comune la Shoah non si ripeterà
più.