2014-01-25 07:56:56

Davos: appello degli economisti a un maggiore coordinamento delle politiche economiche globali


Il Forum economico globale di Davos si conclude oggi con un documento che presenta le proiezioni economiche delle varie regione del mondo. Il servizio di Fausta Speranza: RealAudioMP3

Mentre negli Stati Uniti si vedono i segni evidenti della ripresa, le economie che in questi anni sono state emergenti, come Brasile o Cina, si segnalano per le crescenti difficoltà. Altri Paesi, come Iran, Egitto o Perù, lasciano intravedere prospettive promettenti. Per quanto riguarda l’Europa, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, parla di miglioramento impressionante dei mercati con il rialzo del 50% delle borse in Italia e Spagna, ma definisce la ripresa dell’eurozona graduale “ancora fragile e debole e mal distribuita”. Paolo Guerrieri, docente di economia internazionale all’Università La Sapienza di Roma:

R. - C’è un indubbio miglioramento delle condizioni finanziarie: tutti abbiamo visto come si sono abbassati gli spread in Italia, in Spagna, nei Paesi più indebitati. La situazione è molto calma e, sui mercati azionari è “euforica”, ma l’economia reale sta soffrendo ancora moltissimo in tutti i Paesi “periferici”. Come sappiamo, la ripresa è qualche cosa di troppo modesto: per il 2014 si parla di una crescita del 0,5–0,8 percento fino all’uno percento; questi non sono tassi che possono dare all’Italia, alla Spagna, a nessuno dei Paesi indebitati, né più occupazione, né tantomeno un miglioramento della situazione del debito. Quindi credo che sia giusto sottolineare, come ha fatto Draghi, che c’è ancora molto da lavorare; sono sicuro che soprattutto le politiche e la stessa politica monetaria della Banca centrale europea diverranno - in qualche modo - più espansive nel corso di quest’anno, perché queste condizioni non assicurano assolutamente una ripresa soddisfacente.

D. – Che cosa vuol dire “crescita espansiva della moneta”?

R. – Vuol dire, in qualche maniera, che la Banca centrale europea, come sappiamo, ha ridotto ormai il tasso di interesse a valori vicino allo zero, -0,25 percento, creando liquidità. Ma se vediamo quello che hanno fatto la Banca centrale americana – la Federal Reserve – e la Banca centrale del Giappone, l’azione di quella europea è stata molto più timida per i vincoli che conosciamo: si tratta di una banca centrale con le mani legate in molti casi. Allora, io credo che sotto questo punto di vista se la ripresa deve essere sostenuta e soprattutto resa più consistente, come è avvenuto negli Stati Uniti e come sta avvenendo in Giappone, una politica monetaria più espansiva significa creare - in qualche modo - direttamente più moneta, ad esempio, arrivando anche ad immaginare l’acquisto di titoli direttamente da parte della Banca centrale. È un qualcosa che la Banca centrale europea non può fare; quindi si dovrà inventare una via europea che segua però le tracce di quello che è stato fatto negli Stati Uniti ed in Giappone, altrimenti il 2014 vedrà sì un segno “più” per quanto riguarda la crescita del Pil, ma si tratterà di una crescita talmente modesta che le condizioni nei Paesi come il nostro, la Spagna, miglioreranno di così poco che non sarà assolutamente sufficiente a lenire quei costi economici e sociali così gravi che conosciamo.

D. - Davos c’è chi parla di “'nuovo ciclo di crescita globale in fase di gestazione”. E’ la presidente del Brasile, simbolo dei Paesi emergenti degli ultimi anni che però in questa fase registrano anche loro rallentamenti. Ma come pensare la nuova fase di crescita globale?

R. – C’è una ripresa europea timida e modesta. A livello internazionale, invece, la ripresa è più consistente negli Stati Uniti e in Giappone. Mentre invece soffrono, o in qualche modo hanno visto diminuire i loro tassi di crescita, proprio i Paesi emergenti, quelli che in questi anni erano stati considerati come la “locomotiva della ripresa mondiale”; il Brasile è tra questi. C’è bisogno di sostenere la domanda, non negli Stati Uniti, non solo del Giappone o del Brasile, ma c’è bisogno di un’azione coordinata a livello internazionale, ad esempio, a livello del gruppo dei 20 Paesi del G20, che ormai sono il direttorio dell’economia mondiale. Ogni Paese fa quello che ritiene necessario per migliorare le condizioni all’interno, ma si preoccupa poco o quasi niente di quello che serve per l’insieme, cioè per il sistema economico mondiale.

A Davos risulta evidente che al momento un coordinamento di questo genere è solo un auspicio.







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