Davos: appello degli economisti a un maggiore coordinamento delle politiche economiche
globali
Il Forum economico globale di Davos si conclude oggi con un documento che presenta
le proiezioni economiche delle varie regione del mondo. Il servizio di Fausta Speranza:
Mentre negli
Stati Uniti si vedono i segni evidenti della ripresa, le economie che in questi anni
sono state emergenti, come Brasile o Cina, si segnalano per le crescenti difficoltà.
Altri Paesi, come Iran, Egitto o Perù, lasciano intravedere prospettive promettenti.
Per quanto riguarda l’Europa, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi,
parla di miglioramento impressionante dei mercati con il rialzo del 50% delle borse
in Italia e Spagna, ma definisce la ripresa dell’eurozona graduale “ancora fragile
e debole e mal distribuita”. Paolo Guerrieri, docente di economia internazionale
all’Università La Sapienza di Roma:
R. - C’è un indubbio miglioramento delle
condizioni finanziarie: tutti abbiamo visto come si sono abbassati gli spread in Italia,
in Spagna, nei Paesi più indebitati. La situazione è molto calma e, sui mercati azionari
è “euforica”, ma l’economia reale sta soffrendo ancora moltissimo in tutti i Paesi
“periferici”. Come sappiamo, la ripresa è qualche cosa di troppo modesto: per il 2014
si parla di una crescita del 0,5–0,8 percento fino all’uno percento; questi non sono
tassi che possono dare all’Italia, alla Spagna, a nessuno dei Paesi indebitati, né
più occupazione, né tantomeno un miglioramento della situazione del debito. Quindi
credo che sia giusto sottolineare, come ha fatto Draghi, che c’è ancora molto da lavorare;
sono sicuro che soprattutto le politiche e la stessa politica monetaria della Banca
centrale europea diverranno - in qualche modo - più espansive nel corso di quest’anno,
perché queste condizioni non assicurano assolutamente una ripresa soddisfacente.
D.
– Che cosa vuol dire “crescita espansiva della moneta”?
R. – Vuol dire, in
qualche maniera, che la Banca centrale europea, come sappiamo, ha ridotto ormai il
tasso di interesse a valori vicino allo zero, -0,25 percento, creando liquidità. Ma
se vediamo quello che hanno fatto la Banca centrale americana – la Federal Reserve
– e la Banca centrale del Giappone, l’azione di quella europea è stata molto più timida
per i vincoli che conosciamo: si tratta di una banca centrale con le mani legate in
molti casi. Allora, io credo che sotto questo punto di vista se la ripresa deve essere
sostenuta e soprattutto resa più consistente, come è avvenuto negli Stati Uniti e
come sta avvenendo in Giappone, una politica monetaria più espansiva significa creare
- in qualche modo - direttamente più moneta, ad esempio, arrivando anche ad immaginare
l’acquisto di titoli direttamente da parte della Banca centrale. È un qualcosa che
la Banca centrale europea non può fare; quindi si dovrà inventare una via europea
che segua però le tracce di quello che è stato fatto negli Stati Uniti ed in Giappone,
altrimenti il 2014 vedrà sì un segno “più” per quanto riguarda la crescita del Pil,
ma si tratterà di una crescita talmente modesta che le condizioni nei Paesi come il
nostro, la Spagna, miglioreranno di così poco che non sarà assolutamente sufficiente
a lenire quei costi economici e sociali così gravi che conosciamo.
D. - Davos
c’è chi parla di “'nuovo ciclo di crescita globale in fase di gestazione”. E’ la presidente
del Brasile, simbolo dei Paesi emergenti degli ultimi anni che però in questa fase
registrano anche loro rallentamenti. Ma come pensare la nuova fase di crescita globale?
R. – C’è una ripresa europea timida e modesta. A livello internazionale, invece,
la ripresa è più consistente negli Stati Uniti e in Giappone. Mentre invece soffrono,
o in qualche modo hanno visto diminuire i loro tassi di crescita, proprio i Paesi
emergenti, quelli che in questi anni erano stati considerati come la “locomotiva della
ripresa mondiale”; il Brasile è tra questi. C’è bisogno di sostenere la domanda, non
negli Stati Uniti, non solo del Giappone o del Brasile, ma c’è bisogno di un’azione
coordinata a livello internazionale, ad esempio, a livello del gruppo dei 20 Paesi
del G20, che ormai sono il direttorio dell’economia mondiale. Ogni Paese fa quello
che ritiene necessario per migliorare le condizioni all’interno, ma si preoccupa poco
o quasi niente di quello che serve per l’insieme, cioè per il sistema economico mondiale.
A
Davos risulta evidente che al momento un coordinamento di questo genere è solo un
auspicio.