Sud Sudan: accordo di cessate il fuoco tra governo e ribelli
Parziale e positiva svolta per il Sud Sudan. Il governo di Juba e i ribelli, fedeli
all’ex vicepresidente Riek Machar, hanno firmato ieri sera ad Addis Abeba, in Etiopia,
un cessate il fuoco che dovrebbe diventare operativo nell’arco di poche ore. Soddisfazione
nella comunità internazionale per un passo che potrebbe aprire a concreti negoziati
di pace. Sentiamo Giulio Albanese:
Ora le trattative
in corso ad Addis Abeba per arrivare a una soluzione della crisi si sono tecnicamente
sbloccate, ma il cammino verso la riconciliazione non sarà facile. Soprattutto se
non si creeranno le premesse per una legge elettorale che possa consentire una libera
partecipazione, scevra dai condizionamenti imposti dalle due leadership che si contendono
il potere. La responsabilità dei signori della guerra sono indicibili se si considera
che le ostilità, iniziate a metà dicembre, hanno causato migliaia di morti e oltre
mezzo milione di profughi secondo fonti delle Nazioni Unite. Da rilevare che i
Paesi dell’ dell’Igad, la comunità regionale dei Paesi del Corno d’Africa, si sono
detti pronti a contribuire al dispiegamento di altri 5.500 peacekeeper nel quadro
della Missione dell’Onu in Sud Sudan (Unmiss) per riportare la pace nel tormentato
Paese africano.
Un appello a favore della popolazione stretta tra i due
fronti, perseguitata e stremata, giunge dall’Unicef. Roberta Gisotti ha intervistato
Andrea Iacomini, portavoce in Italia del Fondo Onu per l’infanzia:
R. - In Sud
Sudan la situazione è davvero difficile! Ci sono quasi mezzo milione di sfollati e
questo numero è cresciuto rapidamente all’interno del Paese, mentre 86 mila sono fuggiti
nei Paesi vicini. 70 mila di questi sfollati hanno trovato rifugio presso i centri
di protezione della missione delle Nazioni Unite e in questi centri il dato che emerge
è che l’80 per cento sono donne e bambini. Dunque una situazione complessa. L’Unicef
ha più volte ricordato alle parti coinvolte nel conflitto gli impegni e gli obblighi
proprio derivanti dal diritto internazionale e nazionale e il rispetto delle leggi
che, tra le altre cose, vietano anche la partecipazione dei bambini nei conflitti
armati.
D. - Gli aiuti stanno arrivando? C’è bisogno di raccoglierne altri?
R.
- La situazione è questa: il 21 gennaio è atterrato all’aeroporto di Giuba il primo
di due aerei che trasportava medicinali per il trattamento della malattia, della polmonite,
della diarrea, ma anche alimenti terapeutici come vitamine, antibiotici e anche antidolorifici
per i bambini. Naturalmente si tratta di aiuti che comprendono dei kit chirurgici,
attrezzature per facilitare la distribuzione dell’acqua, che è fondamentale in questa
situazione, servizi igienici, ma anche tende e teloni di plastica. Il secondo aereo
è arrivato questa mattina con scorte mediche ed acqua. Sono aiuti essenziali perché
salvano la vita di migliaia di bambini e donne che, di fatto, in queste condizioni,
in Sud Sudan, hanno un disperato bisogno di aiuto. Abbiamo evidenze di bambini che
muoiono per malnutrizione e per malattie, in particolare il morbillo e la malaria
sono molto diffuse: malattie che peraltro potrebbero essere prevenute in condizioni
di pace. Quindi il nostro appello - quello più urgente! - è di nuovo rivolto - lo
ripeto - a tutte le parti coinvolte nel conflitto, affinché assicurino almeno che
questi aiuti umanitari vengano trasportati e vengano distribuiti in condizioni di
sicurezza a tutti i bambini vittime di questo conflitto. Ricordiamo che ogni giorno
che perdiamo, lo perdiamo nei confronti dei bambini del Sud Sudan: e questo è inaccettabile!