Siria: proseguono a Ginevra i lavori per la conferenza di pace. Il commento di mons.
Tomasi
La Siria al centro dell’attenzione mondiale con la conferenza di pace Ginevra 2. Dopo
la fase svoltasi a Montreaux, il dibattito si sposta oggi proprio a Ginevra. Il servizio
di Marina Calculli:
C’è ancora mistero
sull’agenda della terza giornata della conferenza di pace sulla Siria e certamente
non è un buon segno. A partire da oggi, infatti, i lavori dovrebbero spostarsi da
Montreux a Ginevra con negoziati diretti tra governo e opposizione. Ieri il delegato
ONU Lakhdar Brahimi si è riunito a porte chiuse con i rappresentanti delle due parti.
Se finora nessuno ha abbandonato il tavolo, sembra tuttavia difficile che si raggiungerà
un accordo sul cessate il fuoco. Ieri da Davos, John Kerry ha detto chiaramente: “Asad
non è disposto a fare un passo indietro”. Ma il trasferimento delle prerogative dal
raìs attuale ad un presidente ad interim che guidi il paese ad elezioni libere è la
condizione imprescindibile dell’opposizione. Come a dire che la distanza per ora resta
incolmabile.
Sui risultati della Conferenza di Montreux per la pace in
Siria e alla vigilia dei negoziati diretti tra governo di Damasco e opposizione armata,
Gabriele Beltrami ha raccolto il commento di mons. Silvano Maria Tomasi,
presente all’incontro come capo della Delegazione della Santa Sede:
R. - Si è conclusa
la Conferenza Internazionale sulla Siria a Montreux, detta Ginevra 2, che ha cercato
di dare un messaggio e mettere delle priorità nella ricerca di pace nella Siria e
nel Medio Oriente. Una quarantina di Paesi hanno partecipato a questo evento attraverso
la presenza dei loro ministri degli Esteri. I lavori della Conferenza sono stati diretti
personalmente dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, alla presenza
del segretario di Stato americano John Kerry e del ministro degli Esteri della Federazione
Russa Lavrov. Hanno dato un messaggio forte, assieme a tutti gli altri ministri presenti
e delegazioni di Paesi: la Comunità internazionale vuole che si arrivi ad una soluzione
operativa, pratica, del conflitto in Siria. Questo messaggio forte della comunità
internazionale speriamo porti frutto nei prossimi 2-3 giorni, quando per la prima
volta s'incontreranno a Ginevra la delegazione del governo di Bashar El Assad e la
delegazione dell'opposizione.
D. - Quali sono stati, secondo lei, i punti
forza di questo incontro di Montreux?
R. - Il fatto che la Conferenza è stata
tenuta è già, di per sé, un passo molto positivo perché mostra che, nonostante le
forti divergenze che esistono e l'animosità quasi in certi momenti tra espressioni
di un gruppo o dell'altro che sono in campo nel conflitto siriano c'è l'urgenza di
cominciare a parlare. Allora questa sensibilità della Comunità internazionale ha preso
forme molto concrete: quasi tutti i Paesi sono intervenuti e hanno fatto delle dichiarazioni
ufficiali che impegnano questi governi a ingaggiarsi nella ricerca della pace. Tra
le priorità elencate in tutti questi interventi, c'è anzitutto la convinzione unanime
che non c'è una soluzione militare nel conflitto siriano: bisogna cercare un'alternativa,
che è quella del dialogo. Secondo, si è affermato da parte di quasi tutti che il primo
passo richiesto dalla sofferenza delle famiglie che hanno avuto più di 130 mila morti
e che sono in esilio - perché ci sono milioni di rifugiati - è il cessate-il-fuoco,
ponendo fine a questo ammazzarsi, a questa distruzione continua che sta andando avanti.
Allo stesso tempo, un terzo punto - che è stato ribadito con forza - è quello di avere
un accesso immediato agli aiuti umanitari per tutte le persone che ne hanno bisogno
in Siria: dato che scuole, ospedali, cliniche sono state distrutte e quindi mancano
i medicinali, mancano gli aiuti di prima necessità e, in certi posti, manca anche
il cibo per la popolazione. Se non si trova una strada immediata di apertura totale
di accesso alle persone bisognose, almeno che ci siano dei corridoi umanitari attraverso
i quali strutture internazionali, come l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per
i Rifugiati, possano agire.
D. - Negli interventi dei delegati a Montreux
non sono mancate tensioni e accuse reciproche: ritiene che ciò influirà sui lavori
che continueranno a Ginevra?
R. - Certo, nello scambio di opinioni, di punti
di vista e di interpretazioni del conflitto, durante questa giornata molto intensa
e interessante che abbiamo speso a Montreux, ci sono state espressioni molto dure,
attacchi reciproci, però alla fine la delegazione del governo siriano ha riaffermato
la sua volontà di incontrarsi venerdì con l'opposizione e l'opposizione ha fatto la
stessa, così che per la prima volta abbiamo un incontro delle parti in conflitto che
può portare a un minimo di accordo, che potrebbe essere quello, appunto, di porre
fine - se non in tutto il territorio della Siria, cominciare almeno in una parte -
ad atti di violenza e di distruzione, cominciando così un processo graduale di intesa
che porti soprattutto ad accettare quello che è posto come condizione preliminare
da parte di tutti, praticamente: l'attuazione del comunicato e degli accordi di Ginevra
1, che richiede un governo di transizione, un inizio di lavoro per una nuova Costituzione
e, quindi, elezioni libere. Su questa strada è possibile mettere le premesse per la
costruzione della pace in Siria. C'è molto da fare! Siamo agli inizi, ma il bilancio
di questa giornata - secondo me - è abbastanza positivo, nel senso che c'è la comunità
internazionale impegnata a sostenere con nuovi e sostanziali impegni finanziari le
esigenze di assistenza umanitaria; la volontà politica di appoggiare il processo di
pace e di sostenerlo in tutte le maniere possibili; c'è il primo incontro tra le parti
in conflitto, perché la soluzione del problema della Siria deve venire dai siriani:
sono loro che devono programmare il loro futuro e la comunità internazionale può aiutarli,
ma è da loro che deve venire la risposta. Infine, direi, c'è questa invocazione universale
da parti di quelli che soffrono, dei morti, delle vittime, dei bambini, che a centinaia
di migliaia sono stati costretti a scappare, che tocca la coscienza del mondo e che
per solidarietà e per dovere umanitario ci impone di muoverci nella direzione della
pace.