P. Spadaro: per Papa Francesco comunicare non è routine, è una sfida appassionante
Prossimità, incontro, dialogo. Sono alcune delle parole chiavi del Messaggio di Papa
Francesco per la prossima Giornata delle Comunicazioni Sociali. Il documento ruota
intorno alla figura del Buon Samaritano indicato dal Pontefice come modello per i
comunicatori. Per un commento sul Messaggio, Alessandro Gisotti ha intervistato
il direttore di “Civiltà Cattolica”, padre Antonio Spadaro:
R. – Certamente
Papa Francesco è un Pontefice che ama molto la comunicazione, perché ha uno stile
pastorale di contatto diretto con le persone. Quindi, per lui comunicazione significa
incontro. La cultura della comunicazione è in diretta collisione con la cultura dello
scarto, quindi della divisione, delle divisioni di tipo economico, ideologico. La
comunicazione - e l’incontro - è al centro, è al cuore della visione bergogliana
della vita e della Chiesa. Se dovessi riassumere, dunque, il concetto di fondo di
questo testo direi che per lui comunicare appunto è incontrare, cioè farsi prossimo.
C’è una sorta di rivoluzione copernicana della comunicazione, dove al centro non c’è
il messaggio, ma ci sono le persone che comunicano. Questo è molto moderno, molto
contemporaneo, perché noi sappiamo che le reti oggi costruiscono una comunicazione
tutta centrata sulle relazioni. Se non ci sono relazioni, quindi, non si comunica.
D. – Il Papa indica un modello, che può sembrare originale per un giornalista,
per un comunicatore, quello del Buon Samaritano, e poi aggiunge: “Mi piace definire
questo potere della comunicazione come prossimità”. Appunto, la prossimità è al centro...
R.
– La prossimità è esattamente al centro! L’immagine quindi del Buon Samaritano è un’immagine
molto forte che, peraltro, già l’allora cardinale Bergoglio aveva utilizzato nel 2002,
parlando ai comunicatori di Buenos Aires. Questo messaggio è il frutto di una meditazione
e di una riflessione lunga su questo tema. Ed è molto bello come la parabola evangelica
diventi modello di riferimento per un comunicatore. Il Buon Samaritano si fa prossimo
e cura le ferite, cura le piaghe, aiuta chi è in difficoltà. Questo concretamente
significa per un comunicatore cristiano dare voce a chi non ha voce, rendere visibile
il volto di chi è invisibile.
D. – In questo messaggio, come peraltro negli
ultimi messaggi di Papa Benedetto, si parla molto di Internet. Papa Francesco utilizza
un’immagine molto bella: “La rete digitale – dice – può essere un luogo ricco di umanità,
non una rete di fili, ma di persone umane”...
R. – Questo è un altro concetto
centrale, perché appunto la comunicazione è una comunicazione tra persone innanzitutto.
La Rete, quindi, non è come la rete idrica o la rete del gas, ma la Rete costruisce
un ambiente comunicativo. In realtà, è come se il Papa dicesse che la Rete non esiste,
Internet non esiste: è la nostra vita, siamo noi, esseri umani, ad essere in Rete!
La nostra vita è una rete di relazioni. Poi i fili e i cavi, se vogliamo, ci aiutano
ovviamente, anzi devono aiutarci – è questa la vocazione della Rete – ad essere più
uniti, ad avere una comunicazione più diretta, che sia anche in grado di superare
le barriere e gli ostacoli. C’è una visione cristiana forte, una visione quasi profetica
della Rete. La Rete è intesa come dono di Dio agli uomini, perché grazie a questa
gli uomini possono essere più uniti.
D. – Una parte consistente di questo messaggio
è dedicata al dialogo e ovviamente in questo caso non ci si riferisce soltanto al
dialogo dei comunicatori. “Dialogare - scrive Papa Francesco - non significa rinunciare
alle proprie idee, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute”. Qui, in qualche
modo, si coglie anche la cifra del suo Pontificato...
R. – Assolutamente, perché
il dialogare significa parlare con una persona non per convincerla delle proprie idee,
questo non è un dialogo: dialogare significa confrontarsi con le persone, sapendo
che l’altro può aiutare me a capire meglio. Possiamo insieme camminare verso l’unica
verità. Allora, arroccarsi dentro idee personali o tradizioni linguistiche, partitiche
e così via significa impedire questa fluidità di comunicazione. E’ un tema molto,
molto caro a Papa Francesco, che più volte ha detto che la Chiesa deve inserirsi nel
dialogo con gli uomini e le donne di oggi, proprio per comprenderne meglio le attese,
le speranze e i dubbi. Lo stile del dialogo, quindi, è proprio uno stile radicale,
intendendo per stile non solo un modo di fare, ma proprio l’essenza stessa del Vangelo,
l’apertura al mondo.
D. – E proprio l’apertura, l’orizzonte e lo sguardo verso
il futuro conclude questo messaggio, laddove il Papa afferma “La rivoluzione dei mezzi
di comunicazione richiede energie fresche e un’immaginazione nuova”. Anche qui c’è
una spinta ad uscire fuori, uno slancio che il Papa dà ai comunicatori…
R.
– Il Papa dice una cosa qui molto importante, che la comunicazione è una sfida appassionante
– è una sua espressione – che appunto richiede energie. Non si può, quindi, affidare
la comunicazione ad una routine meccanica, da ufficio stampa che si ferma solo a comunicare
delle frasi fatte. Richiede, dunque, energie, voglia di comunicare, intensità, ma
anche un’immaginazione nuova. Questo è molto interessante, cioè bisogna vedere le
cose in maniera differente. L’immaginazione cristiana è un’immaginazione - grazie
all’immagine del Buon Samaritano - in grado di plasmare, di dare forma ad una comunicazione
che significa anche un modo di vivere insieme. Il Papa parla a volte nell’Evangelii
Gaudium di una marea un po’ caotica, di una sorta di “carovana solidale” in cui
ci troviamo immersi. Sono tutte immagini che colpiscono l’uomo di oggi, ma che dicono
come la Chiesa debba mischiarsi, debba impastarsi con questa umanità per comunicare
il messaggio del Vangelo.