Myanmar. Appello Onu: indagini “approfondite” sulle violenze contro i Rohingya
Le Nazioni Unite lanciano un appello al governo birmano, chiedendo "indagini approfondite"
sulla morte violenta di dozzine di Rohingya fra uomini, donne e bambini nella parte
settentrionale dello Stato di Rakhine, a ovest del Myanmar. I fatti - riferisce l'agenzia
AsiaNews - sono avvenuti a metà mese e sono stati denunciati da Arakan Project, una
ong attiva a difesa della minoranza musulmana; tuttavia il governo di Naypyidaw ha
respinto con forza i racconti, smentendo le voci di attacchi e vittime fra i Rohingya.
Sulla vicenda interviene oggi Navi Pillay, Alto commissario Onu per i diritti umani,
che invoca una "indagine rapida, imparziale ed esaustiva"; le Nazioni Unite hanno
ricevuto "informazioni credibili" in base alle quali almeno 48 membri della minoranza
musulmana sarebbero stati uccisi da inizio gennaio, in una nuova ondata di violenze
divampata nell'area. Ye Htut, portavoce del presidente birmano Thein Sein e vice-ministro
per l'Informazione, "si oppone con forza" alle affermazioni Onu, sottolineando che
dati e fatti raccontati sono "totalmente sbagliati". Tuttavia, Stati Uniti e Gran
Bretagna raccolgono l'allarme per le nuove vicende di sangue e parlano di vera e propria
"discriminazione" da parte della maggioranza birmana contro la minoranza etnico-religiosa.
Human Rights Watch (Hrw) aggiunge di aver ricevuto informazioni credibili, in base
alle quali la polizia ha autorizzato l'arresto di tutti i Rohingya, uomini e bambini,
al di sopra dei 10 anni. Secondo il rapporto Onu, il 9 gennaio scorso otto musulmani
del villaggio di Du Char Yar Tan sono stati vittime di un attacco. Il giorno 13 alcuni
Rohingya dello stesso villaggio avrebbero ucciso un poliziotto. La morte dell'agente
ha scatenato la violenta risposta dei buddisti, sostenuti dalle forze di sicurezza
locali, che hanno ucciso almeno 40 fra uomini, donne e bambini della minoranza. Dal
2011 il Myanmar ha avviato una lenta campagna di riforme in chiave democratica, dopo
decenni di dittatura militare che hanno soffocato il Paese. Tuttavia, le continue
violenze confessionali nell'ovest gettano più di un'ombra sul reale cambiamento di
una nazione eterogenea e caratterizzata ancora oggi da focolai di guerra nelle aree
delle minoranze etniche, in particolare al nord nello Stato Kachin. "Deploro la perdita
di vite umane nel villaggio di Du Chee Yar Tan" ha aggiunto Navi Pillay, "e mi rivolgo
alle autorità [...] perché sia fatta giustizia alle vittime e alle loro famiglie".
L'alto funzionario Onu si rivolge al governo birmano, sottolineando che "rispondendo
in modo rapido e deciso alla vicenda" ha una "opportunità per dimostrare trasparenza
e responsabilità", rafforzando in questo modo "la democrazia e lo Stato di diritto
in Myanmar". Dal giugno del 2012 lo Stato occidentale di Rakhine è teatro di scontri
violentissimi fra buddisti birmani e musulmani Rohingya (800mila circa in tutto il
Myanmar), che hanno causato almeno 200 morti e 250mila sfollati. Per il movimento
attivista con base negli Stati Uniti Human Rights Watch (Hrw) nella zona è in atto
una vera e propria "pulizia etnica" dal parte delle autorità. Il governo birmano considera
la minoranza musulmana alla stregua di immigrati irregolari, provenienti dal vicino
Bangladesh. (R.P.)