2014-01-24 14:45:59

Dedicata a S. Ignazio di Loyola la seconda lettura teologica della diocesi di Roma


E’ stata la figura di S. Ignazio di Loyola, con il suo “Racconto di un pellegrino”, la protagonista della seconda lettura teologica sui classici della spiritualità cristiana, che si è svolta ieri sera a Roma in sala della Conciliazione del palazzo Lateranense. Il ciclo di incontri, promossi dalla diocesi di Roma, si concluderà giovedì prossimo con una riflessione sul testo di Santa Teresa d’ Avila “Il castello interiore”. Ma sulla figura di S. Ignazio da Loyola, Marina Tomarro ha intervistato il gesuita padre Marko Ivan Rupnik, direttore del Centro Aletti:RealAudioMP3

R. - Sant’Ignazio di Loyola è veramente un santo che ha raccolto un’immensità di doni di Dio in un momento storico preciso e li ha messi tutti, attraverso sé stesso, a servizio della Chiesa. In un momento di grande confusione, di tanti fraintendimenti, lui porta una luce del discernimento. In un momento in cui c’era un formalismo, una superficialità una non conoscenza delle cose, lui si mette a cammino con le persone a parlare delle cose di Dio: un colloquio personale, vedere dove la persona è, e da lì partire. Io penso ci sia un’infinità di queste caratteristiche che sono i doni che lui ha ricevuto ma che ha saputo trasmettere. La sua grandezza è anche al pedagogia. Lui è riuscito a formare i suoi.

D. - Il cammino di Sant’Ignazio non è stato solo un cammino materiale, ma è stato soprattutto un cammino spirituale, di crescita...

R. - Lui è davvero passato da un individuo totalmente preoccupato per sé stesso, per la sua perfezione, a una persona che ha capito che la propria volontà non è semplicemente da orientare verso un bene, ma è proprio quella di trasfigurarla. Cioè, non affermare la propria volontà, ma di accogliere quella di Dio. E questo è possibile solo attraverso il sacrificio della mia. Penso che questo sia il vero pellegrinaggio di Ignazio.

D. - Papa Francesco spesso cita Sant’Ignazio nelle sue omelie. Ma qual è, secondo lei, l’insegnamento che lui ha adottato maggiormente di questo grande Santo?

R. - Penso proprio questa lungimiranza, questa visione... Papa Francesco è un visionario come lo era Ignazio: una fede vissuta, riflettuta e arrivata alla sapienza. Papa Francesco parla da sapiente non da teorico complicato, da sapiente! E per questo, quando una persona arriva a una tale maturità, le cose diventato semplici, umili a volte, nell’amore e per questo bisogna stare attenti ai più piccoli.

Il principio fondamentale di Sant’Ignazio è stato dunque il discernimento. Ma cosa vuol dire? Lo spiega Leonardo Becchetti, docente presso l’Università di Tor Vergata a Roma:

R. - Discernimento vuol dire imparare a vagliare sulla base del contesto quelle che sono le scelte: se si tratta di scelte buone o scelte negative. E quindi, la spiritualità di Sant’Ignazio è molto adatta a leggere i segni dei tempi, quindi ad aprire alle novità del contesto per applicare a quelle novità i principi di sempre, ma in modo nuovo. Dai Gesuiti nascono continuamente cose nuove, idee nuove, nuovi movimenti o nuove applicazioni alla realtà dei principi ignaziani. Uno dei segni del discernimento è quello di cercare di capire come si realizza il rapporto tra Dio e l’uomo nella storia, un rapporto che evolve sempre, che cambia sempre e che va verso un suo compimento.

D. - Secondo lei, qual è il messaggio di Sant’Ignazio che dal 1500 arriva fino ai giorni nostri?

R. - Sono le specificità, le caratteristiche peculiari di questa spiritualità, ovvero quella del cercare e trovare Dio in tutte le cose e porsi nell’atteggiamento di curiosità e di dialogo anche con chi è lontano, con le diverse culture, usando quello che lui chiama il presupponendum, cioè il cercare di salvare l’argomento dell’altro che ho di fronte, piuttosto che condannarlo.







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