Pakistan. Sempre più cristiani accusati di blasfemia. Asia Bibi rimane in carcere
Maggiore sensibilizzazione internazionale sulla legge contro la blasfemia in Pakistan,
dove aumenta sempre di più il numero dei cristiani accusati. A chiederlo sono le associazioni
dei cristiani pakistani in Italia in un incontro organizzato a Roma, presso il Convento
di Gesù e Maria, in occasione della “Settimana per l’unità dei cristiani”. Il servizio
è di Elvira Ragosta:
Da quando, lo
scorso dicembre, la Corte federale della sharia ha chiesto al governo pakistano di
applicare la morte come unica pena al reato di blasfemia, prima punita col carcere
fino all’ergastolo, le minoranze cristiane sono seriamente preoccupate. Le associazioni
dei pakistani cristiani in Italia denunciano che tale legge viene utilizzata spesso
come strumento contro le minoranze nel Paese. Dei 32 casi registrati nel 2013, infatti,
16 vedono imputati cittadini di religione cristiana. Sul versante extra-giudiziale,
le esecuzioni sommarie dei fondamentalisti, dal 1986 a oggi, sono state 2500. Marta
Petrosillo dell’Associazione dei Pakistani Cristiani:
"Non è prevista
la volontarietà del soggetto per il reato di blasfemia contro il Corano. E’ sufficiente
che una copia del Corano cada dalle mani, oppure che una persona calpesti un versetto
del Corano riportato su di una rivista, o su un quotidiano per essere accusata - in
un Paese dove solamente il 5% della popolazione parla arabo - e chiunque potrebbe
calpestare, o danneggiare un foglio di giornale, senza sapere che questo contiene
versetti del Corano".
Condannata all’impiccagione per blasfemia, resta
ancora in carcere, dal 2009, Asia Bibi, la cristiana pakistana che non ha voluto contrattare
con l’abiura religiosa la sua liberazione. Rahat Afza, advisor di Human rights
watch:
"Durante Natale ho visto i suoi figli e solo a vederli ti fa male:
anche loro hanno diritto di avere una famiglia. Lei sta pagando senza aver commesso
alcun peccato; non so per quali motivi".
Ma come comunicano a livello internazionale
i cristiani pakistani? Lo abbiamo chiesto ad Adan Farhaj della AllPakistan
Christian League:
"Ci troviamo in una situazione dove i network - Facebook
ed i giornali on line - sono molto visibili e molto veloci ed in questo modo 'abbiamo
i contatti'. Tante volte, nei Paesi molto poveri una persona non ha nemmeno un letto
per dormire, ma riesce comunque a mettersi in contatto attraverso il cellulare o su
Facebook. Quindi, i media sono, in primis, i mezzi da dove iniziare per farsi sentire
ed avere contatti sia a livello pakistano, che a livello internazionale".
Cosa
può fare la Comunità Internazionale per garantire le minoranze cristiane in Pakistan?
Attilio Tamburini dell’Osservatorio per la Libertà religiosa del Ministero
degli Esteri:
"Potrebbe fare moltissimo: potrebbe condizionare gli aiuti
economici, gli interscambi commerciali al rispetto dei diritti umani; ma, purtroppo,
non viene fatto quasi nulla perché ai diritti umani si fanno prevalere gli interessi
economici".