Al via la conferenza di pace sulla Siria. Mons. Tomasi: si giunga ad un cessate il
fuoco immediato
Dopo l'apertura del Segretario Generale Ban Ki-moon, è toccato ai leader delle maggiori
potenze mondiali alternarsi al microfono. La tensione è alta, mista alla chiara percezione
delle potenzialità di questa riunione. Duro l'attacco della delegazione del Governo
siriano che non ha risparmiato accuse a chi, anche tra i presenti, non ha cercato
alcuna soluzione per la Siria. Da Ginevra, il servizio di Gabriele Beltrami:
"Oggi
è un giorno di una speranza fragile ma concreta", così ha iniziato il suo intervento
Ban Ki-moon, Segretario Generale dell'ONU. "E' la prima volta che il Governo siriano,
l'opposizione e la comunità internazionale si riuniscono per cercare una soluzione
politica alla morte, la distruzione e la dispersione che costituiscono la terribile
realtà della vita in Siria oggi", ha quindi aggiunto. Nei primi interventi si è avvertito
il peso e la responsabilità affidata ai partecipanti. John Kerry, Segretario di Stato
americano, ha riconosciuto, nel suo intervento, che l'odierna Conferenza di Montreux
ha tutte le carte in regola per operare il cambiamento verso la pace. Molto aspro,
invece, l'intervento di Walid Muallem, Ministro degli Affari Esteri del Governo Siriano,
che ha ricordato tutte le tragedie sofferte dal suo popolo, accusando senza mezzi
termini chi, anche tra i delegati presenti alla Conferenza, non ha contribuito ad
una soluzione della crisi, anzi, ha cercato solo i propri interessi, sostenendo il
terrorismo nel Paese o tentando di imporre la democrazia attraverso le armi. Chi desidera
parlare in favore della Siria, ha aggiunto Muallem, non può essere un traditore della
Siria e solo chi ha toccato con mano la situazione, operando concretamente a favore
del Paese è legittimato a prendere la parola. Nel suo intervento il ministro siriano
ha anche accennato ai cristiani perseguitati, laici e religiosi, vittime della violenza
e si è augurato che una nuova Siria sorga a breve.
Anche la Santa
Sede è stata invitata a partecipare alla Conferenza di Ginevra-2. La Delegazione è
composta da mons. Silvano Tomasi, Rappresentante della Santa Sede presso l’Ufficio
delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra e mons. Alberto Ortega Martín,
Officiale della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli Stati. Al microfono di
Gabriele Beltrami, mons. Tomasi:
R. - La Conferenza
Internazionale di Montreux sulla Siria, ed è chiamata Ginevra II, è la continuazione
dello sforzo della comunità internazionale di trovare una via d'uscita per far cessare
la violenza in Siria. La situazione è estremamente complessa perché ci sono vari interessi
a livello globale, a livello regionale, tra l'Arabia Saudita e l'Iran, a livello interno
della Siria dove le varie minoranze e le forza esterne che si aggiungono all'opposizione
creano un sistema di destabilizzazione che è difficile a risolvere. Lo sforzo è di
cercare di trovare un filo che lega come interesse comune tutti questi tre livelli
di conflittualità e non è facile. Per cui ci sono delle incertezze nella varie alleanze,
nelle varie composizioni di presenza di delegati che posso no parlare con una certa
autorevolezza come rappresentanti di parti reali del conflitto in corso.
D.
- Quali obiettivi di massima porterà avanti la vostra delegazione?
R. - L'incontro
di Montreux, che poi continuerà in maniera più discreta, ma più efficace, si spera,
a Ginevra per un tempo indeterminato, ha come obiettivo di mettere a fuoco la buona
volontà e un senso di fiducia reciproca tra i vari contendenti in questo conflitto
per vedere di mettere fine alla violenza. Obiettivo primo è finire con questa violenza
continua che ha fatto più di 130.000 morti, che sta distruggendo intere città, che
ha creato milioni di rifugiati, più di un milione di bambini hanno attraversato la
frontiera della Siria per cercare rifugio altrove, e ci sono certamente più di tre
milioni di sfollati interni. Davanti a questa sofferenza enorme, diventa un appello
alla coscienza della comunità internazionale trovare una strada per mettere fine alla
violenza. Allora, il primo passo di un lungo viaggio potrebbe essere questa Conferenza
di Montreux: dobbiamo sperare e pregare che veramente si arrivi a mettere un principio
di negoziazione che porti ad un processo che, progressivamente, si allarghi alle varie
questioni che sono sul tappeto.
D. - In vista di questa Conferenza ha di recente
incontrato il Papa: quali sono le priorità per il pontefice?
R. - Il Papa
Francesco ha parlato varie volte sulla situazione della Siria, invocando il cessate
il fuoco immediato, la ricostruzione attraverso la riconciliazione da una parte e
dall'altra la solidarietà della comunità internazionale perché, attraverso la ricostruzione,
si trovi anche impiego per questi giovani che altrimenti sono tentati di andare con
una o con l'altra fazione, non avendo un futuro davanti. L'altra grande preoccupazione
del Papa e della Santa Sede è la presenza dei cristiani nel Medio Oriente: è una presenza
secolare che precede l'arrivo dell'Islam, ma allo stesso tempo è una presenza che
si trova condizionata da varie forme di discriminazione e in questi conflitti tra
i grandi poteri e i grandi gruppi, Sunniti e Sciiti ed altri, viene a pagare un prezzo
sproporzionato.
D. - Come giudica il tentativo, poi sfumato, del Segretario
Generale dell'ONU di coinvolgere tutti al tavolo di Montreux?
R. - Ho visto
Ban Ki-moon che ha parlato alla Conferenza del disarmo e lui ha ancora fiducia che
da quest'incontro sulla Siria possa nascere qualcosa di costruttivo, di positivo.
Certo, ci sono dei condizionamenti che riflettono gli interessi di poteri regionali
o internazionali diversi e, quindi, all'ultimo minuto, per salvare il salvabile, ha
ritrattato l'invito fatto all'Iran di partecipare, ma a lungo andare è chiaro che
tutte le forze che sono presenti sul territorio devono essere consultate e devono
essere convinte che hanno una responsabilità nel portare avanti una ricerca della
pace, di mettere fine alla violenza.
D. - Quali sono le urgenze concrete da
porre subito in atto per i milioni di sfollati dalla Siria?
R. - Ogni conflitto
genera nuovi flussi di rifugiati e di Internally displaced people: è penoso vedere
adesso con l'inverno, in particolare, che è in corso, che nei campi di rifugiati ci
sono delle sofferenze e, addirittura, delle morti dovute a mancanza di cure sufficienti.
La comunità internazionale sta rispondendo dando delle risorse all'Alto Commissario
per i Rifugiati e, direttamente, attraverso la Caritas, o attraverso altre organizzazioni
cattoliche, come la International Catholic Migration Commission. Però la risposta
efficace è quella di raggiungere la pace e dare la possibilità a quelli che vogliono
ritornare, e speriamo che siano la maggioranza, alle loro case e di cominciare una
vera ricostruzione, anche di quei quartieri che sono stati distrutti, o sono stati
bombardati e che quindi c'è bisogno di una solidarietà internazionale concreta, cioè
di molti soldi, per rimettere in piedi un'economia locale e una serie di condizioni,
come l'abitazione, che possano permettere la ripresa di una vita normale.