70° sbarco di Anzio: quando Pio XII aprì le Ville Pontificie agli sfollati
All’alba del 22 gennaio di 70 anni fa, l’artiglieria alleata apriva il fuoco contro
la costa laziale per preparare lo sbarco sulla spiaggia di Anzio. Il nuovo fronte
di guerra provocò un’onda lunga di sfollati, migliaia dei quali ripararono nelle Ville
Pontificie di Castel Gandolfo, aperte come ricovero da Pio XII. Proprio la cittadina
dei Papi ha fatto memoria ieri pomeriggio di quegli eventi con una Messa – presieduta
dal card. Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato Vaticano – e
un successivo incontro nel Palazzo Apostolico. Al microfono di Alessandro De Carolis, il dott. Saverio Petrillo – per 27 anni direttore delle Ville – rievoca
quei giorni di dramma e di solidarietà:
R. – Appena
avuta notizia dello sbarco, le popolazioni atterrite di Castel Gandolfo e dei Paesi
vicini si precipitarono agli ingressi delle Ville. I castellani andarono direttamente
verso il Palazzo, mentre gli abitanti di Albano, Ariccia e Genzano verso il cancello
di Albano. Il Papa dette immediatamente l’ordine di aprire e far entrare tutti. Quindi,
si improvvisò questo immenso “bivacco” di popolo, in alcuni periodi si contarono addirittura
10-12 mila persone all’interno delle Ville. Gli abitanti di Castel Gandolfo furono
accolti nel Palazzo pontificio, gli altri nelle vari abitazioni sparse nella villa
ed in particolare nel grande Collegio di Propaganda Fide, che successivamente – il
10 febbraio – fu bombardato. Malgrado monsignor Montini, allora sostituto della Segreteria
di Stato, avesse avuto dagli alleati le più ampie assicurazioni sul rispetto della
zona extra territoriale ci fu poi un bombardamento al confine di Albano dove morirono
18 suore nel Convento delle Clarisse, che come è noto si trova nelle Ville Pontificie,
e a Propaganda Fide si contarono oltre 500 morti.
D. – Che tipo di assistenza
ebbero quelle migliaia di sfollati che si ripararono nelle Ville?
R. – La carità
del Papa provvide a tutto. Dal Vaticano venivano inviate continuamente derrate alimentari,
medicinali, vestiario, mezzi di trasporto, perché il direttore delle Ville Pontificie
si trovò come unica autorità della zona a organizzare anche un po’ la vita di questa
gente.
D. – In quei giorni di guerra e distruzione, in qualche modo la vita
fu più forte e il segnale lo diedero anche quelle decine di neonati che nacquero nelle
Ville Pontificie…
R. – Sì. Il particolare è che alle partorienti fu riservato
addirittura l’appartamento papale. Quindi, nella stanza da letto del Papa nacquero
una quarantina di bambini, che per riconoscenza a Pio XII furono per lo più battezzati
come Pio o Eugenio.
D. – Una storia senza una memoria che la ricordi sarebbe
inutile. Cosa le suggerisce, 70 anni dopo, la memoria di quei giorni?
R. –
Intanto, un sentimento di riconoscenza alla Chiesa, perché la Chiesa come sempre è
“maestra di umanità”, aperta a tutti. Per fare un esempio, a Palazzo Barberini c’era
un posto di pronto soccorso creato proprio per sovvenire alle necessità degli sfollati
e a questo posto di pronto soccorso arrivavano dall’esterno anche partigiani o militari
tedeschi feriti. Questo per dire di come la Chiesa sia madre per tutti.
D.
– Cinquantasette anni di servizio, 27 dei quali come responsabile di una organizzazione
complessa come la gestione delle Ville Pontificie, sono un’esperienza lunga e certamente
particolare. Cosa le hanno lasciato?
R. – Tutto, nel senso che ho cominciato
che avevo 18 anni, esco che ne ho 74. Quindi, può immaginare, tutta una vita dedicata
a questa missione, a questo ideale.
D. – C’è qualche episodio che porta con
sé nel cuore in particolare?
R. – Tanto per citare gli avvenimenti più importanti,
ho avuto la ventura di assistere a Castel Gandolfo direttamente alla fine di tre Pontificati.
Due per morte – infatti Pio XII e Paolo VI sono morti a Castel Gandolfo – ed uno per
rinuncia. Tutti abbiamo nella mente e nel cuore quel 28 febbraio quando alle otto
di sera si è chiuso il portone del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo come simbolica
chiusura del Pontificato di Papa Benedetto XVI.
D. – Quali sentimenti accompagnano
questi ricordi?
R. – Sentimenti di riconoscenza al Signore, che mi ha permesso
di vivere una vita così particolare, perché è un privilegio non comune quello di assistere
così da vicino alla vita dei Papa e quindi alla vita della Chiesa.