Sono circa 53 mila i richiedenti asilo in Israele, provenienti soprattutto da Eritrea
e Sudan; tra questi 40 mila sono cristiani. La comunità più grande è quella filippina
(circa 35 mila persone), più numerosa dei cattolici latini arabi di Israele (circa
28 mila, secondo i dati del Patriarcato latino latino di Gerusalemme). E in tanti
si sono ritrovati sabato scorso a Jaffa, nella parrocchia di Sant’Antonio, per celebrare
la Giornata Internazionale del Migrante e del Rifugiato e prendere parte ad una Messa
presieduta da padre David Neuhaus, vicario per i cattolici di espressione ebraica
del Patriarcato Latino di Gerusalemme e responsabile diocesano della pastorale dei
migranti, e da padre Zaher Abboud. La liturgia eucaristica è stata organizzata dal
Coordinamento per il Patriarcato Latino della Pastorale dei Migranti. La preghiera
universale, si legge sul portale www.lpj.org, è stata letta in otto lingue diverse
e le letture sono state scelte per ricordare quanto nella Sacra Scrittura richiama
alla realtà dei migranti. Padre Neuhaus, nella sua omelia ha evidenziato le difficoltà
che oggi vivono quanti hanno lasciato tutto, spesso rischiando la vita, affrontando
condizioni precarie e spesso difficili ed ha poi ricordato i tre fondamenti della
Giornata Internazionale del Migrante e del Rifugiato: celebrare la gioia di essere
diversi; pregare per sostenere le persone che soffrono per vedervi il volto di Cristo;
confermare la fede in un mondo migliore. Riprendendo più volte il messaggio del Papa
per la Giornata Mondiale dei Migranti e dei Rifugiati, padre Neuhaus ha anche ripetuto
che “è necessario cambiare atteggiamento verso i migranti e i rifugiati da parte di
tutti; passare da un atteggiamento di difesa o di emarginazione – che corrisponde
a una ‘cultura di rifiuto’ –” alla “cultura dell’incontro”, la sola cosa capace di
costruire un mondo più giusto e fraterno. Al termine della Messa, 4 comunità hanno
presentato le loro tradizioni culturali attraverso canti e balli. Erano presenti filippini,
indiani, eritrei ed etiopi, cingalesi, rumeni, nigeriani, latino-americani, polacchi,
russi, ganesi, libanesi, arabi ed ebrei, israeliani e palestinesi. “Siamo venuti a
celebrare, siamo venuti a pregare, a proclamare la nostra fede - ha detto padre Neuhaus
-.Vogliamo essere testimoni che questa celebrazione è una grande gioia. Nel nostro
mondo, fuori della Chiesa, la reazione all’arrivo di migranti non è sempre festa.
Spesso l’arrivo provoca piuttosto reazioni di diffidenza e di ostilità”. Il responsabile
diocesano della pastorale dei migranti ha voluto fare riferimento alla preoccupazione
quotidiana di quanti devono recuperare documenti, cercare lavoro e mantenere le loro
famiglie, ma che la Chiesa non dimentica. A Tel Aviv, ad esempio, la comunità filippina
dispone di una cappella da 350 posti. Il sabato, giorno di riposo settimanale per
un gran numero di migranti, vengono celebrate almeno quattro messe con riti diversi.
La cappella è allestita in una sala in affitto. Al pagamento contribuiscono ogni mese
anche i migranti per continuare a celebrare, pregare e proclamare la loro fede nella
gioia di essere una sola famiglia. (T.C.)