Unità cristiani. Mons. Spiteris: con ortodossi confronto su primato petrino e sinodalità
Rapporto tra primato di Pietro e “sinodalità”. È uno dei punti più avanzati del confronto
tra teologi cattolici e ortodossi e anche uno dei più delicati all’interno del dialogo
ecumenico tra le due Chiese. Lo conferma l’arcivescovo di Corfù, mons. Ioannis
Spiteris, membro della Commissione mista teologica per il dialogo cattolico-ortodosso,
in prima linea in queste giornate di preghiera per la Settimana dell’unità dei cristiani.
L’intervista è di Fabio Colagrande:
R. – Il dialogo
con gli ortodossi ha avuto come risultato non di scoprire la sinodalità – perché la
sinodalità non può essere ignorata, è all’interno della struttura stessa della Chiesa,
l’ha voluta Nostro Signore – ma almeno di avere delle istituzioni per poter vivere
la sinodalità in armonia con il primato del Papa. Questo, naturalmente, non è facile.
Bisogna trovare un modo e questo è certamente ciò che il Papa, i vescovi vogliono:
la coesistenza del primato di Pietro e di un organo sinodale permanente che non sia
solo un organo sinodale – il Sinodo dei vescovi, che si riunisce ogni tanto e dà dei
consigli al Papa – ma una sinodalità fattiva, efficace, che assieme al vescovo di
Roma decida per tutta la Chiesa in via ordinaria. Quindi, bisogna trovare un modo.
Non è facile, però il tema centrale di questi ultimi incontri con la Commissione mista
è appunto primato e sinodalità. Abbiamo già preparato un testo che deve essere approvato
dalla Commissione nel suo insieme, nella riunione che si terrà dal 15 al 23 settembre
di quest’anno a Novi Sad, in Serbia. Speriamo si possa arrivare ad avere un testo
che sia di aiuto anche alle Chiese.
D. – Lei ci parla delle difficoltà del
cammino ecumenico e per superarle il Papa ci ricorda l’importanza della preghiera…
R.
- Sì, ci sono delle difficoltà, però ci sono anche delle cose molto belle. Il Concilio
Vaticano II nel documento Ut unum sint parla della purificazione della memoria
storica. Credo che il problema siano le incrostazioni del passato che ancora oggi
hanno una loro influenza, piuttosto che i veri problemi dogmatici. In fondo, rimane
sempre vero: sono di più le cose che ci uniscono che quelle che ci separano. Ci vuole
una conversione del cuore, un cambiamento di mentalità per accettare l’altro anche
nella sua differenza. Le differenze non sono un contraddittorio, sono complementari,
lo ripetiamo spesso. E qui, in Grecia, devo dire che c’è una grande simpatia per Papa
Francesco. Quasi ogni giorno i giornali parlano di lui, questo è positivo: cambia
una mentalità, un modo di vedere l’altro. Credo che lo Spirito Santo lavori. Non bisogna
scoraggiarsi.
“Cristo è stato forse diviso?”: é su questa domanda dell'apostolo
Paolo alla comunità cristiana di Corinto, lacerata da conflitti interni, che si concentra
la riflessione proposta quest'anno per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Dal 18 al 25 gennaio, sono tante le iniziative che vedono impegnate tutte le Chiese
e le confessioni cristiane per approfondire la conoscenza e l'accoglienza reciproche.
Intensa l'attività ecumenica promossa ad esempio dalla Chiesa valdese di Piazza Cavour
a Roma guidata dal pastore Antonio Adamo. Adriana Masotti lo ha intervistato:
R. - “Cristo
non può essere diviso”. Questa affermazione è per noi un monito in ogni stagione della
nostra vita. Sentiamo in particolar modo nel corso della Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, la necessità di riflettere sul senso della nostra vocazione
cristiana nel nostro tempo. Noi siamo chiamati a rispondere della speranza che è in
noi. L’ecumenismo è una realtà che appartiene al nostro essere cristiani oggi; ciò
significa che la ricerca della comunione con altre chiese è una priorità. Ora, noi
sappiamo che il cristianesimo è una realtà multicolore e l’ecumenismo ci permette
di imparare ad apprezzare senza pregiudizi quanti confessano Gesù Cristo nella propria
identità ecclesiastica particolare. E quindi, anche la Settimana di quest’anno, ci
vedrà impegnati in numerosi incontri ecumenici, di preghiera, di confronto, di scambio
di ambone, di pulpito. Ieri abbiamo accolto con gioia la comunità parrocchiale del
Sacro Cuore del Cristo Re, e il parroco, don Angiolino, ha predicato da noi; domenica
prossima, io mi recherò con la mia comunità nella parrocchia di Cristo Re, dove sono
invitato a tenere l’omelia della Messa domenicale. I cristiani sono chiamati a pregare
per la loro unità; noi non preghiamo perché nasca una super Chiesa. Il primo segno
importate da dare in questo tempo è questo: i cristiani non sono in conflitto, ma
sono lungo il cammino di una riconciliazione vissuta, ricercata. Credo che questa
sia per noi l’esperienza comune.
D. - A che punto si può dire che sia arrivato
il senso di fraternità, di reciproco riconoscimento tra le varie confessioni cristiane,
in particolare tra cattolici e la comunità valdese …
R. - La storia delle relazioni
ecumeniche tra la nostra Chiesa e la Chiesa cattolica data ormai parecchi anni. Ci
sono stati dei momenti molto belli di incontro, anche di conoscenza reciproca; abbiamo
raggiunto alcuni momenti particolarmente significativi: ricordo il documento comune
sui matrimoni interconfessionali, in cui sono stati superati alcuni ostacoli e alcuni
pregiudizi che hanno permesso una maggiore accoglienza delle coppie interconfessionali.
Il cammino è ancora lungo. Noi sappiamo che ci sono delle differenze nel modo di vivere
il cristianesimo; tuttavia, sappiamo anche che la fede comune in Gesù Cristo, la Bibbia
sono il nostro patrimonio più grande, e questo, è un patrimonio comune. Ed è a partire
dalla Confessione di fede, a partire dalla ricchezza della Parola di Dio che ci è
stata donata che noi possiamo procedere oltre.