Il parroco della Chiesa del Sacro Cuore visitata ieri dal Papa: una parrocchia accanto
ai più poveri
La parrocchia romana del Sacro Cuore di Gesù a Castro Pretorio visitata ieri pomeriggio
da Papa Francesco, è una basilica minore affidata alla cura pastorale dei salesiani
che gestiscono anche un’Opera voluta da don Bosco, oggi casa di accoglienza che offre
svariati servizi per rifugiati e senza fissa dimora. La parrocchia, pur contando poco
più di 2 mila anime, è molto attiva ed è assai vivo l’impegno dei giovani. Ma in quale
realtà sociale è immersa? Tiziana Campisi lo ha chiesto al parroco don Valerio
Baresi:
R. – Noi ci
troviamo al centro della città di Roma, proprio accanto alla Stazione Termini. Questo
comporta da una parte la presenza di molta gente di passaggio e, per di più, questa
è una realtà che si è trasformata negli ultimi anni: una quarantina di anni fa il
quartiere era abitato da circa 15 mila persone, mentre ora la parrocchia ha poco più
di due mila abitanti. Tutto il resto si è trasformato in hotel, in “Bed & breakfast”,
attività ricettive, ristoranti, servizi di accoglienza, uffici… Essendo al centro,
ci troviamo con una realtà indubbiamente di degrado legata a molte persone che - o
perché sono migranti, o perché sono senza dimora – cercano nella stazione la possibilità
di “campare”. Quindi, non possiamo far finta di non vederli, di ignorarli; cerchiamo
di avere un’attenzione anche verso queste povertà.
D. – Quali sono le problematiche
più gravi nel territorio in cui si trova la Basilica del Sacro Cuore di Gesù?
R.
– La problematica più grave direi che, in questo momento, è la drammatica ricerca
di lavoro e la drammatica ricerca di aiuto e di ascolto.
D. – Quali attività
pastorali promuovete?
R. – Intanto, c’è un’attenzione al territorio parrocchiale,
quindi, a tutto ciò che è legato alle famiglie, ai ragazzi, ai giovani presenti nella
parrocchia: la catechesi, l’annuncio, la liturgia, l’attenzione ai malati. Poi ci
sono i giovani universitari, giovani che desideriamo far incontrare con Gesù…
D.
– In quali attività sono impieganti i giovani?
R. – C’è un impegno grande nei
confronti dei rifugiati. Noi, nell’arco di un anno, riusciamo a raggiungere più di
300 rifugiati che fanno riferimento al Sacro Cuore per attività diverse: la scuola
di italiano, la possibilità di prendere la licenza media; c’è un corso di scuola guida
propedeutico in modo che i rifugiati possano con più facilità prendere la patente;
c’è uno sportello informativo; un piccolo corso di informatica per utilizzare il computer
sia per fare un curriculum, sia per ricercare lavoro in internet. Abbiamo anche un’attenzione
aggregativa, ludica attraverso il cineforum, le gite e le serate di festa che viviamo
insieme. Lo scopo è quello di mettere insieme i giovani italiani, con i giovani rifugiati
perché ci siamo accorti che c’è un reciproco aiuto, un reciproco insegnamento. Un’altra
attenzione forte è verso gli amici senza fissa dimora: accogliendoli in casa nostra
ogni giovedì con l’attività di “Piazza grande” - un’attività di fraternità dove si
gioca, si canta e si prega insieme – poi alle 19.30 si cena intorno allo stesso tavolo.
Mentre, il venerdì un bel gruppo di giovani e di adulti – sono una quarantina – portano
i sacchetti “cena” alla Stazione Termini. Abbiamo iniziato un anno fa con 120 sacchetti,
ora ci ritroviamo a distribuire circa 330 sacchetti ogni venerdì.
D. – Cosa
significa per voi la visita di Papa Francesco: il Papa viene a trovarvi, viene ad
immergersi nella vostra realtà…
R. – Noi lo sentiamo come un grande dono, un
dono grande del Signore. Lo avvertiamo come una conferma che l’atteggiamento assunto
da noi in questi ultimi anni - di attenzione ai giovani, ai poveri, ai rifugiati -
è la strada giusta. Sentiamo anche la presenza del Papa come un incoraggiamento, perché
indubbiamente in quello che facciamo c’è anche una grande fatica.