Papa Francesco e il rabbino Skorka e il sogno di pregare insieme davanti al Muro del
Pianto
Lavorare insieme onorando Dio e l’uomo, questo è il messaggio comune dell’udienza
privata che si è svolta questo giovedì, tra papa Francesco e il Rabbino Abraham Skorka
Rettore del Seminario Rabbinico Latinoamericano di Buenos Aires, in questi giorni
a Roma. Il rabbino e il pontefice hanno collaborato a lungo insieme durante gli anni
in cui Francesco era arcivescovo a Buenos Aires. Ma sull’incontro ascoltiamo Abraham
Skorka al microfono di Marina Tomarro:
R. – Realmente
es la tercera vez... Veramente, è la terza volta che ci incontriamo e questa volta
nel contesto di una rappresentanza, di una delegazione della Comunità ebraica di Buenos
Aires. Siamo venuti per esprimergli il nostro affetto, il nostro appoggio, e ricreare
il nostro vincolo di amicizia – non a livello personale ma a livello di gruppo – e
a parlare di come potremmo unirci sempre di più per cercare di dare una risposta ai
diversi problemi che colpiscono l’uomo dei nostri giorni. Abbiamo parlato di molte
cose: della violenza di genere, che significa donne maltrattate, uomini maltrattati,
della violenza in famiglia, di come si possa trovare una strada, un metodo per unire
la gente, per sollevare le barriere che separano e che sono quelle su cui si può costruire
l’odio, l’odio che poi porta alla violenza. Quindi, ci siamo scambiati opinioni, analisi
su tutti questi temi e soprattutto ci siamo scambiati affetto.
D. - Il prossimo
maggio, Papa Francesco visiterà la Terra Santa. È vero che non ci è mai stato? Lei
lo accompagnerà?
R. – Una vez leí que... Una volta ho letto che Papa Francesco
è stato lì per poco tempo, per pochi giorni, perché in quel momento in Israele c’era
la guerra. Se staremo insieme? E’ un sogno. Questo viaggio è nato in qualche modo
attraverso le nostre conversazioni ed è anche servito come elemento delle nostre conversazioni,
incluso il concetto di peregrinazione. E’ nato la prima volta che ci siamo incontrati,
qui nel mese di giugno, era già Papa. Abbiamo il desiderio di stare insieme davanti
al Muro del Pianto, che è un luogo sacro per entrambi: poter pregare uniti, abbracciarci…
C’è un affetto molto grande tra di noi, perché il Papa è il capo di uno Stato, ma
allo stesso tempo siamo amici. Quindi, si “mischia” il protocollo tra quello che il
protocollo dice e l’affetto.
D. - Secondo lei, il Papa come ha inciso sulle
relazioni tra i cristiani e gli ebrei?
R. – Hay una larga historia... C’è
una lunga storia che arriva dall’Argentina e che ha tanti anni: conosciamo gli sforzi
fatti dall’allora arcivescovo di Buenos Aires, oggi Papa Francesco, per avvicinarci
in maniera familiare e con affetto, per sapere che abbiamo lo stesso Dio – uno lo
interpreta in un modo e l’altro lo interpreta e lo vive in un altro modo – però dobbiamo
onorare Dio onorando l’uomo, l’individuo. Questo è ciò che ci ha unito nel nostro
affetto e nei nostri lavori. Questa è l’essenza del dialogo che il Papa iniziò in
Argentina in maniera molto forte e con l’aiuto di Dio siamo sicuri che si proietterà
nel resto del mondo.