2014-01-17 20:08:06

Le Associazioni di volontariato a Roma per lottare contro l'esclusione sociale


“Nessuno escluso” è il titolo della quinta edizione di “Virtutes agendae”, manifestazione organizzata dal Modavi, Movimento delle associazioni di volontariato italiano (il 17 e 18 gennaio) al palazzo delle Esposizioni di Roma. Tema di quest’anno è la lotta all’esclusione sociale di cui sono vittime, tra gli altri, gli anziani in difficoltà in un mondo sempre più tecnologico, i disabili o i figli degli immigrati a cui non viene riconosciuta la cittadinanza italiana.Al microfono di Elisa Sartarelli, Irma Casula, presidente del Modavi Onlus:RealAudioMP3

R. - Gli esclusi sono purtroppo moltissimi e appartengono a diverse categorie, a diverse fasce di popolazione. Innanzitutto sono i disoccupati, che sono ormai tantissimi nel nostro Paese; poi c’è la disoccupazione giovanile, che raggiunge un tasso del 35 per cento; i giovani che non finiscono il ciclo di studi; i nuovi poveri, le persone che vivono in uno stato di povertà assoluta o relativa; e tutte quelle mamme, tutti quei genitori che non possono godere dei servizi all’infanzia. Il nostro Paese oggi risponde soltanto per il 12 per cento alle richieste delle famiglie per i servizi all’infanzia. Così, tutte le altre donne sono costrette, ad esempio, a non poter lavorare e a vivere quindi una forma di esclusione sociale. Sono purtroppo tantissime: è un fenomeno dilagante di cui si parla, forse, a sufficienza, ma nei confronti del quale si agisce ancora troppo poco.
D. - Quali sono le cause e le conseguenze dell’esclusione sociale?

R. - Le cause dell’esclusione sociale, dei tanti problemi in cui versa la nostra società, vanno secondo me ricercate in un’impostazione culturale che ovviamente ha determinato questo modus vivendi. Viviamo in una società oggi impregnata sui disvalori dell’individualismo, dell’egoismo, dell’edonismo, che portano le persone a disinteressarsi dell’altro nella migliore delle ipotesi; nella peggiore a non vedere proprio l’altro! Si è concentrati su se stessi e quello che ci sta intorno non ci interessa più, e quindi non ci adoperiamo per cercare di rendere anche le condizioni di vita di chi ci sta intorno migliori o comunque uguali alle nostre. Questo, ovviamente, ha generato una scissione, una lacerazione nel tessuto sociale del Paese.

D. - L’unione fa la forza e tutto parte dalla famiglia…

R. – Certo! Io credo che per uscire da questa situazione devastante - se vogliamo anche disumana - la prima cosa da fare sia quella di provare a ricostruire una comunità. Oggi abbiamo perso il senso delle relazioni, il senso dell’altro e ovviamente la famiglia è la prima istituzione, il primo nucleo, è la prima comunità sulla quale sia necessario lavorare. La famiglia non va denigrata come spesso accade in questo periodo ma valorizzata. Bisogna ripartire dalla famiglia!

D. - In quale modo le istituzioni pubbliche, il terzo settore, magari anche l’Europa, potrebbero fare dell’esclusione sociale solo un’eccezione?

R. - L’Europa, almeno a parole e a numeri, diciamo che si è impegnata. Impone ai Paesi membri di spendere il 20 per cento dei fondi ad essi destinati per contrastare l’esclusione sociale e per contrastare la povertà. Per quanto riguarda le istituzioni italiane, bisogna vedere se saranno in grado, anche in questo caso, di saper usare questi fondi e di saperli usare bene. Bisogna che le istituzioni, ma non solo, si rendano conto che fare politiche sociali, pensare un nuovo welfare non è un qualcosa che andrà ad incidere negativamente sul bilancio dello Stato. Pensare alle categorie svantaggiate, pensare alle categorie fragili significa fare un investimento per l’Italia e per il nostro Paese. Bisogna cambiare radicalmente mentalità e capire che non ci possono essere cittadini di serie a e cittadini di serie b, ma che l’aiuto che si può dare a qualsiasi cittadino è un investimento che può essere fatto nei confronti di questo popolo e di questo Paese.







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