2014-01-16 11:03:00

Italia: 18.ma Giornata del dialogo cattolici-ebrei


Si è celebrata questo giovedì in Italia la 18.ma Giornata nazionale per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, sul comandamento “Non rubare”. Per l’occasione, la Pontificia Università Lateranense ha ospitato nel pomeriggio un incontro promosso dall’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della diocesi di Roma, con interventi del rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, e l’economista Stefano Zamagni. Mons. Marco Gnavi, incaricato dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo, racconta il significato di questo appuntamento al microfono di Antonella Pilia:

R. – Si tratta di approfondire i rapporti con il mondo ebraico, che per noi non sono estrinseci ma intrinseci al dna della nostra vita, perché Gesù era ebreo, ha pregato con le Scritture ebraiche dentro la tradizione ebraica; perché l’Alleanza mai revocata con il popolo del Primo Testamento ci spinge a guardare all’orizzonte escatologico, all’attesa del Regno, e lo facciamo insieme a loro su una terra piena di problemi, non ultimo quello dell’antisemitismo, che vogliamo affrontare e vincere insieme. Siamo spiritualmente parenti: Giovanni Paolo II nel 1986, visitando la Sinagoga, usò un’espressione originale chiamandoli I nostri fratelli maggiori. Dunque non possiamo prescindere dalla fraternità e dall’amore gli uni per gli altri che, pur nelle nostre vocazioni diverse, ci richiama tutti al bene comune dell’umanità e al contributo che possiamo dare in maniera originale, se possibile, insieme.

D. – Dal 2005 la riflessione verte sui 10 Comandamenti. Quest’anno si approfondisce l’ottavo Comandamento: “Non rubare” …

R. – Viviamo in un tempo fortemente economicista, segnato da un certo individualismo; siamo portatori – cristiani ed ebrei – di un senso della vita connesso al suo aspetto religioso, verticale, di rapporto con Dio, dal quale discende anche il dono dei beni e del Creato. “Non rubare” è un imperativo biblico che ci vede insieme difendere la dignità dell’uomo e anche proporre a questa nostra società una via diversa. Tra l’altro, è una società che conosce anche le derive del male per ciò che riguarda i beni e la spoliazione degli altri: rubare non è solo sottrarre, ma è anche immiserire la vita di chi ha diritto alla dignità, anche attraverso il bene del lavoro, i beni che lo sostengono.

D. – Perché è così importante riuscire a dialogare con i “fratelli maggiori” ebrei?

R. – E’ importante per comprendere il mondo ebraico e capire anche qualcosa di Gesù dall’interno del Primo Testamento, dell’Antico Testamento. E’ importante perché lì dove ebrei e cristiani difendono insieme la vita ne godono tutti. Dove la vita degli ebrei viene minacciata, invece, viene minacciata la vita di tutti. L’antisemitismo, l’antigiudaismo, i segni di odio che hanno seminato dolore fino alla Shoah, durante la Seconda guerra mondiale, sono un grande monito che chiede una risposta alta e quotidiana, quindi diffusa e larga, ma anche profonda per le sue motivazioni. E’ questo il senso, anche, di questi colloqui tra ebrei e cristiani.

D. – Per la prima volta la Giornata si svolge sotto il Pontificato di Papa Francesco, che ha anche annunciato il suo viaggio in Terra Santa. Qual è il personale apporto di Papa Francesco alla causa del dialogo tra ebrei e cristiani?

R. – Papa Francesco ha già ricevuto ufficialmente il rabbino capo Riccardo Di Segni e delegazioni internazionali; soprattutto, da arcivescovo di Buenos Aires, aveva un rapporto strettissimo con il rabbino Skorka, con il quale in tanti colloqui e in tanta amicizia e fraternità ha affrontato i temi del vivere, del dolore, della morte, della vita, i temi della spiritualità … Dunque direi che è connaturale a Papa Francesco uno sguardo di simpatia, di interesse, di amore per il popolo ebraico che, come dicevo, affonda le radici in un vissuto molto intenso.

Ma è possibile parlare di reali progressi nel cammino comune, reciproco, che si sta facendo in questo senso? Al microfono di Adriana Masotti il presidente dell’Ucei, Unione comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna:

R. - Sì, il dialogo ebraico-cristiano ed ebraico-cattolico è in corso, ed è in corso - sappiamo benissimo - da circa 50 anni. I rapporti sono in fase positiva. Ci sono stati degli alti e bassi, ma il bilancio - secondo me - è abbastanza soddisfacente. Però è necessario a questo punto che questo dialogo esca dall’ordinaria amministrazione per addivenire ad una ancora maggiore comprensione, ancora maggiore accettazione di una convivenza assolutamente fondata sulla fratellanza e sulla collaborazione per risolvere i tanti problemi che ci sono nel mondo ancora da risolvere e tra gli altri problemi, c’è quello del fanatismo, del fondamentalismo. Ho letto molte dichiarazioni di Papa Francesco e in queste dichiarazioni il Papa ha usato parole molto chiare per condannare questi fenomeni. E’ andato anche oltre, perché ha sostenuto la pari dignità e il reciproco rispetto fra tutti gli appartenenti a diverse religioni, tanto che ha enunciato un proprio convincimento che sia necessario evitare qualsiasi forma di proselitismo. Ecco, questa è una presa di posizione - secondo me - importante, nuova e che può essere il punto di partenza proprio per questo salto di qualità, perché sappiamo tutti che nei secoli proprio il popolo ebraico è stato spesso sottoposto a pressioni e a tentativi di conversioni forzate.

D. - Guardando a quello che è stato fatto finora, le viene in mente qualche gesto particolare o momento di amicizia più recente? Non so negli ultimi mesi, nell’ultimo anno che potremmo ricordare insieme…

R. - Sì. Tutti i Papi - da Giovanni XXIII in poi - hanno compiuto atti significativi. Ci furono, per esempio, dei viaggi in Israele di Papi che davanti al Muro occidentale del Tempio di Gerusalemme, si sono soffermati in raccoglimento. Giovanni Paolo II inserì anche un messaggio fra i mattoni del Muro, perché quella è un’usanza ebraica. Poi da parte anche di Benedetto XVI ci sono state delle prese di posizione importanti: per esempio nei confronti di alcuni gruppi cattolici che avevano assunto delle posizioni antiebraiche. Adesso, Papa Francesco - anche lui, con quelle frasi che io le ho citato prima - sta dimostrando una volontà di guardare al futuro del mondo come un futuro di pace nel quale ognuno possa tranquillamente professare le proprie credenze, senza per questo dover subire alcuna forma di ostilità da parte degli altri.

D. - Veniamo al tema di riflessione della Giornata di quest’anno: è il Comandamento “Non rubare”. Che cosa si vuole sottolineare riguardo a questo e a che cosa ci si vuole impegnare insieme?

R. - A me sembra evidente che il “Non rubare” non è rivolto ai piccoli episodi di furto… La Giornata in sé vuole richiamare alla necessità che coloro che hanno responsabilità di comando e di direzione politica dei vari Paesi respingano qualsiasi forma di corruzione e qualsiasi forma di connivenza con gruppi privati, che possano tentare di sottrarre risorse pubbliche a proprio vantaggio. A me sembra che, guardando quello che succede sia in Italia che in tanti altri Paesi europei o americani, questa della corruzione o anche la connivenza con gruppi di delinquenza organizzata sia una lotta che ha una grandissima importanza per evitare un degrado, al quale si pagherebbe tutti un prezzo terribile!

D. - Quali sono le iniziative più originali organizzate in Italia per questa occasione? Se ne vuole citare una…

R. - Noi ci troviamo tra questa Giornata e il 27 gennaio che è il Giorno della Memoria. Quindi in questi giorni che uniscono questi due eventi, noi cerchiamo il consolidamento di tutte le alleanze possibili, affinché si verifichi una svolta per un futuro migliore e perché i nostri figli non debbano tornare a rivedere cose che sono state viste dai nostri padri!

 








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