Francia: i vescovi contro qualsiasi revisione della legge sull'eutanasia
Ferma presa di posizione dei vescovi francesi contro qualsiasi revisione della legge
sul fine vita che non abbia a cuore “il rispetto dovuto ad ogni persona in fin di
vita”. È il Consiglio permanente dei vescovi di Francia guidato dall’arcivescovo di
Marsiglia, mons. Georges Pontier a scendere in campo firmando una dichiarazione in
cui la Chiesa cattolica di Francia ribadisce un secco “no all’accanimento terapeutico”
e un no a qualsiasi atto volto ad “aiutare un malato a mettere lui stesso fine alla
sua vita o deliberatamente causare la morte di un paziente su sua richiesta”. Il parere
ovviamente - riporta l'agenzia Sir - si estende anche nei casi di “eutanasia senza
consenso della persona divenuta incapace di esprimersi”. La Dichiarazione - dal titolo
“Fine vita: per un impegno di solidarietà e di fraternità” - è stata pubblicata oggi,
nel giorno in cui è atteso in Francia il pronunciamento di un tribunale amministrativo
sulla giusta applicazione della Legge Leonetti nel caso di Vincent Lambert. La vicenda
- molto simile a quella dell’italiana Eluana Englaro - vede protagonista un uomo di
38 anni da cinque anni in stato di minima coscienza a cui ieri il collegio dei medici
ha deciso di sospendere nuovamente l’alimentazione e l’idratazione. I vescovi in realtà
non fanno riferimento a questo caso specifico. Parlano invece nella Dichiarazione
delle relazioni e degli avvisi pubblicati negli ultimi mesi in cui si chiedono miglioramenti
alla legge Leonetti. “Migliorare la legislazione - scrivono i vescovi - non significa
cambiarla radicalmente. L‘argomento è troppo serio per non procedere con prudenza”.
La nota del Consiglio permanente usa termini molto duri definendo “inaccettabili”
le pratiche eutanasiche e parlando di “decisioni inumane”. “Nessuno può deliberatamente
causare la morte, anche su richiesta di una persona gravemente malata - aggiungono
i presuli -, senza violare un divieto fondamentale, ‘Non uccidere’ che è uno dei più
importanti requisiti morali di ogni società e, per i credenti, un comandamento di
Dio. È il fondamento di tutta la vita sociale rispettosa degli altri, soprattutto
dei più vulnerabili”. I presuli quindi pongono una domanda: chi dovrebbe diventare
giudice delle vite che valgono di essere vissute?”. Ed aggiungono: “Ogni suicidio
colpisce la solidarietà e la voglia di vivere del corpo sociale. È quindi urgente
e necessario perseguire un vero e proprio impegno di solidarietà e di fraternità”.
“Purtroppo le campagne mediatiche per promuovere una nuova legge contribuiscono a
distogliere l‘attenzione dall’intraprendere riforme indispensabili” come l‘accesso
alle cure palliative e il rafforzamento della solidarietà familiare e sociale”. (R.P.)