Egitto. Il referendum approva la nuova Costituzione
Referendum sulla Costituzione in Egitto. Il fronte del “sì” avrebbe ottenuto il 98%
dei consensi, l’affluenza si sarebbe attestata tra il 30 e il 50%. In due giorni di
consultazioni e scontri tra Fratelli musulmani e Forza pubblica, 12 persone sono morte.
444 gli oppositori arrestati. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
L’Egitto attende
l’esito del referendum sulla nuova Costituzione, che cambia quella approvata sotto
il deposto presidente Morsi. I dati ufficiali dovrebbero arrivare entro poche ore,
ma già si parla di vittoria del fronte del “sì” con una "forbice" stimata tra il 95
e il 98%. L’affluenza secondo i media si è attestata tra il 33 e il 50%. I 247 articoli
della nuova Carta fondamentale danno più potere ai militari che ieri hanno blindato
con carri armati piazza Tahrir e Heliopolis, mentre elicotteri da combattimento Apache
sorvolavano il centro del Cairo. A Giza, teatro ieri di violenti scontri, uomini armati
hanno comunque aperto il fuoco contro alcuni seggi e in serata un attivista pro-Morsi
è stato ucciso. Fermato anche un cameraman dell'agenzia Ap. In totale, sono stati
444 gli oppositori arrestati e 12 le persone rimaste uccise in due giorni di proteste
e scontri con la Forza pubblica.
Per un'analisi del voto in Egitto, abbiamo
intervistato la prof.ssaValentina Colombo della European Foundation
for Democracy e ricercatrice di storia dei Paesi islamici all’Università Europea di
Roma:
R. - Questo
è un “sì” che corrisponde a un “no” secco degli egiziani ai Fratelli musulmani e alla
Costituzione precedente, quella marcatamente islamica. Questa Costituzione dà ampio
spazio alla parità tra uomo e donna. E' una Costituzione nel cui preambolo si fa cenno
praticamente a tutta la storia dell’Egitto, a partire dai Faraoni, compreso un cenno
alla Vergine Maria, poiché si dice: ‘Il popolo egiziano ha accolto Gesù e sua Madre
sul proprio territorio”. Quindi, diciamo è una Costituzione “rivoluzionaria” davvero,
se la si confronta con le Costituzioni precedenti. Quindi, questo è un voto che dice
ai militari: “Andate avanti! La direzione è questa”.
D. - C’è chi dice che,
comunque, il numero dei votanti è basso?
R. - Però, se noi confrontiamo questi
dati con il referendum precedente - quello del 2012 - dove l’afflusso alle urne era
stato di un 32% circa, è decisamente superiore.
D. - Rimane nella Carta fondamentale
il riferimento alla sharia come fonte principale di diritto, però c’è un ridimensionamento…
R.
- Il limite viene posto dagli articoli stessi, dal contenuto stesso della Costituzione,
che vuole perlomeno una interpretazione aperta, più riformatrice della sharia,
più vicina a quelli che sono i diritti umani universali.
D. - Molti osservatori
dicono che il ritorno ai militari, in realtà, è un passo indietro, mentre altri sostengono
che serve in questo momento la garanzia di stabilità. Ma, in realtà, il popolo egiziano
ha cominciato un cammino, c’è un cambiamento in atto...
R. - Io sono per la
seconda tesi. I militari cercano di garantire la sicurezza interna del Paese. Hanno
estromesso Mohamed Morsi, legato ai Fratelli musulmani, dietro una esplicita richiesta
del popolo egiziano: non dimentichiamo i 30 milioni di firme raccolte dal Movimento
Tamarrod, Ribellione. Quindi, è chiaro che l’esercito sa benissimo che non siamo più
ai tempi di Nasser, ai tempi di Mubarak. L’esercito sa che oggi il popolo egiziano
è consapevole della propria forza e sa che può dire “no”, sa che può dire “basta”.
Quindi, il governo attuale - in mano ai militari - deve capire che deve iniziare ad
attuare riforme dal basso. Solo così si potrà arrivare, con gli anni, a una vera transizione.
D. - In questo processo, non rimane come una macchia il fatto che sia stato
deposto l’ex presidente Mohamed Morsi dopo elezioni legittime?
R. - I Fratelli
musulmani sembravano garantire un futuro migliore agli egiziani, perché è sempre stata
una associazione che lavorato dal basso: per cui, l’elezione di Morsi era un’elezione
in nome della speranza e che lui potesse cambiare. Credo che, forse noi occidentali
un po’ meno, ma tutti gli egiziani sì, siano consapevoli che potevano essere allontani
solo ed esclusivamente da una azione forte come quella che c’è stata: altrimenti,
nessuno sarebbe riuscito più a smuoverli. Si stavano muovendo - attraverso decisioni
a livello legislativo - a incamerare sempre più forze, sempre più poteri nelle proprie
mani.
D. - Scoppia la “primavera araba”, la caduta di Mubarak e i Fratelli
musulmani vengono visti come un soggetto con il quale si può dialogare, poi diventano
estremisti. Questo doppio volto come si spiega?
R. - C’è stato un grande fraintendimento.
I Fratelli musulmani non possono essere definiti - come sono stati dalla stampa internazionale,
ma non solo dalla stampa, ma anche dai governi - degli “estremisti moderati”. Basta
leggere alcuni siti legati ai Fratelli musulmani e delle loro espressioni locali in
questi giorni, ovviamente in arabo... E questo è l’altro problema, perché i Fratelli
musulmani parlano in inglese in un certo modo e parlano in arabo in un altro. Ebbene,
in uno di questi siti dei Fratelli musulmani, proprio ieri, è stato pubblicato un
articolo in cui praticamente si dice che “l’Egitto è ormai terra cristiana” e in cui
si dice chiaramente che i copti - i cristiani, quindi - hanno ordito un complotto
con i militari - e ovviamente si introduce anche Israele, perché è sempre il Paese
complottista per eccellenza! - per escludere, per uccidere i Fratelli musulmani.
D.
- Potremmo dire che i Fratelli musulmani hanno percorso la loro parabola politica?
R.
- Io credo che in Egitto sì. Stanno facendo un passo indietro, ma rimangono in Tunisia.
Si stanno riorganizzando, a partire dall’Europa. Ormai, l’organizzazione dei Fratelli
musulmani è un’organizzazione internazionale e globale e la loro base si sta spostando
a Londra, laddove la situazione in Turchia non consente più loro di avere in Istanbul
e in Ergodan - in crisi anche lui - un altro punto fermo.