2014-01-15 15:36:04

Le iniziative Cei per la Giornata dei migranti e dei rifugiati del 19 gennaio


Occorre passare dalla cultura dello scarto a una cultura dell’incontro e dell’accoglienza. E’ quanto scriveva il Papa nell’agosto scorso, nel suo messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra domenica 19 gennaio, dal titolo: “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”, e che è stata presentata ieri presso la nostra emittente. Il servizio di Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

100 anni fa, nel 1914, subito dopo lo scoppio della Grande Guerra, Benedetto XV istituiva la Giornata per i migranti e i rifugiati, pensando ai profughi, alle famiglie espulse, che il conflitto avrebbe creato. Oggi, le guerre sono 23, generano milioni di nuovi rifugiati e profughi e decine di migliaia di loro giungono sulle coste italiane. Lo ha ricordato il direttore della Fondazione Migrantes della Cei, mons. Giancarlo Perego, che ha presentato l’evento assieme a mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente di Migrantes, alla presenza del ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge. “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore” è il tema scelto da Papa Francesco perché ogni persona, spiegò lui stesso il 5 agosto scorso, “appartiene all’umanità e condivide la speranza di un futuro migliore con l’intera famiglia dei popoli”. La ricorrenza di domenica, ancora una volta, ci mette di fronte al fenomeno delle migrazioni e al stesso tempo all’incapacità di affrontarlo. Dunque, come accompagnare queste persone proprio "verso un mondo migliore"?Mons. Perego:

"E’ il Papa stesso che lo dice nel messaggio: anzitutto, attraverso una cultura diversa, passare dalla cultura dello scarto alla cultura dell’incontro. E questo significa cambiare anche il nostro alfabeto, perché tante volte l’immigrazione viene coniugata con la parola paura, con la parola diffidenza, con la parola discriminazione – lo ricorda il Papa – e cambiare queste parole con le parole accoglienza, ospitalità, tutela della dignità delle persone e investire profondamente – da una parte – in strutture, esperienze di accoglienza, anche nelle nostre comunità cristiane, ma dall’altra anche costruire, sempre di più, un’attenzione alla cooperazione internazionale, e cioè recuperare quel tema dello sviluppo integrale della persona che, dalla Populorum Progessio in poi, è sempre stata al centro del magistero sociale della Chiesa".

Migrantes non nasconde le colpe dell’Italia, giudicata da mons. Montenegro, al pari dell’Europa, poco accogliente. Occorre cambiare la Bossi-Fini, continua il presidente della Fondazione: “Così com’è non può andare avanti – dice – e la prova ne sono i risultati”. Per mons. Perego è necessario strutturare un testo unico sul diritto di asilo, e non è l’unica urgenza:

"La prima urgenza è non affermare una priorità, come si afferma nell’immigrazione, e poi negarla, di fatto, nei procedimenti e nei processi politici, accantonandola per questioni di interessi o per una mediazione che non la raggiunge. Oggi, è necessario fare in modo che anche la legislazione sull’immigrazione venga cambiata in Europa e in Italia, per far sì che effettivamente si consideri il fenomeno migratorio non un fenomeno estemporaneo, ma un fenomeno strutturale. Quindi, investire più in integrazione che in sicurezza: questo è il primo aspetto fondamentale. Oggi, ci sono le briciole per l’integrazione: si concentra tutto il nostro lavoro sul permesso di soggiorno, con miliardi di euro, sulla reclusione, con miliardi di euro, nei Cie, nei Centri di accoglienza temporanei, nei Centri di espulsione, e non si danno che pochi centesimi per quanto riguarda invece l’accompagnamento ai servizi sanitari, alla scuola, che sono invece i luoghi fondamentali per evitare che il fenomeno migratorio sia incontrollabile, per cercare veramente di costruire sicurezza e sicurezza sociale. Purtroppo, ci si nasconde dietro alla crisi per diminuire la qualità della nostra democrazia. Basti pensare semplicemente a come ci sia stata una caduta della tutela dei diritti dei lavoratori: sette morti arsi vivi a Prato ne sono una testimonianza, gli sfruttati delle diverse campagne dal nord al sud Italia o nella cantieristica ne sono un segno. Mentre è molto importante che la crisi sia letta anche guardando l’immigrazione, per cambiare alcuni meccanismi che tante volte creano irregolarità, ad esempio sul lavoro, e quindi non danno contribuzione anche per quanto riguarda lo Stato. E questo significa fare incontrare domanda e offerta di lavoro, significa investire in tutti i lavoratori, significa investire in modo tale che la grande massa di immigrati, che sono nel precariato, possano essere assunti con contratti che siano adeguati – oggi a parità di contratto l’immigrato prende il 30% in meno – investire in sicurezza sul lavoro. E questo significa sviluppo, questo significa uscire dalla crisi.

La Fondazione Migrantes stessa per il nuovo anno intende porsi nuove sfide:

"Noi stiamo investendo molto in relazioni, in conoscenza della realtà migratoria in Italia, per rendere sempre più attente le nostre comunità al fatto che la migrazione stessa sta cambiando i luoghi fondamentali della nostra vita: sta cambiando il lavoro, con 2 milioni e mezzo di lavoratori, sta cambiando la scuola, con 800 mila studenti, di cui il 47% di seconda generazione. Sta cambiando la Chiesa, con un milione di cattolici, che provengono da 100 nazionalità diverse, e sta cambiando la famiglia, con 400 mila matrimoni misti, 24 mila ogni anno. Essere attenti al fatto che la nostra comunità, la nostra città sta cambiando e costruire relazioni, superando non conoscenze, ignoranza che genera pregiudizio, che vediamo – purtroppo troppo spesso – anche nei mezzi di comunicazione sociale e anche nella politica, credo che sia il primo lavoro sul quale, come Migrantes, occorre lavorare, prima ancora che arrivare nei servizi. L’accompagnamento e la conoscenza delle persone, quindi, è ancora più importante di arrivare ad un servizio".

I rifugiati e i migranti non perdano la speranza che anche a loro sia riservato un futuro più sicuro, era la conclusione del messaggio del Papa, che la sua domenica pomeriggio la trascorrerà nella Basilica del Sacro Cuore di Gesù a Castro Pretorio, a Roma, proprio accanto ad alcuni giovani rifugiati assistiti dai Salesiani.

Ultimo aggiornamento: 16 gennaio







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