Le iniziative Cei per la Giornata dei migranti e dei rifugiati del 19 gennaio
Occorre passare dalla cultura dello scarto a una cultura dell’incontro e dell’accoglienza.
E’ quanto scriveva il Papa nell’agosto scorso, nel suo messaggio per la Giornata mondiale
del migrante e del rifugiato, che si celebra domenica 19 gennaio, dal titolo: “Migranti
e rifugiati: verso un mondo migliore”, e che è stata presentata ieri presso la nostra
emittente. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
100 anni fa,
nel 1914, subito dopo lo scoppio della Grande Guerra, Benedetto XV istituiva la Giornata
per i migranti e i rifugiati, pensando ai profughi, alle famiglie espulse, che il
conflitto avrebbe creato. Oggi, le guerre sono 23, generano milioni di nuovi rifugiati
e profughi e decine di migliaia di loro giungono sulle coste italiane. Lo ha ricordato
il direttore della Fondazione Migrantes della Cei, mons. Giancarlo Perego,
che ha presentato l’evento assieme a mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento
e presidente di Migrantes, alla presenza del ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge.
“Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore” è il tema scelto da Papa Francesco
perché ogni persona, spiegò lui stesso il 5 agosto scorso, “appartiene all’umanità
e condivide la speranza di un futuro migliore con l’intera famiglia dei popoli”. La
ricorrenza di domenica, ancora una volta, ci mette di fronte al fenomeno delle migrazioni
e al stesso tempo all’incapacità di affrontarlo. Dunque, come accompagnare queste
persone proprio "verso un mondo migliore"?Mons. Perego:
"E’ il Papa stesso
che lo dice nel messaggio: anzitutto, attraverso una cultura diversa, passare dalla
cultura dello scarto alla cultura dell’incontro. E questo significa cambiare anche
il nostro alfabeto, perché tante volte l’immigrazione viene coniugata con la parola
paura, con la parola diffidenza, con la parola discriminazione – lo ricorda il Papa
– e cambiare queste parole con le parole accoglienza, ospitalità, tutela della dignità
delle persone e investire profondamente – da una parte – in strutture, esperienze
di accoglienza, anche nelle nostre comunità cristiane, ma dall’altra anche costruire,
sempre di più, un’attenzione alla cooperazione internazionale, e cioè recuperare quel
tema dello sviluppo integrale della persona che, dalla Populorum Progessio
in poi, è sempre stata al centro del magistero sociale della Chiesa".
Migrantes
non nasconde le colpe dell’Italia, giudicata da mons. Montenegro, al pari dell’Europa,
poco accogliente. Occorre cambiare la Bossi-Fini, continua il presidente della Fondazione:
“Così com’è non può andare avanti – dice – e la prova ne sono i risultati”. Per mons.
Perego è necessario strutturare un testo unico sul diritto di asilo, e non è l’unica
urgenza:
"La prima urgenza è non affermare una priorità, come si afferma
nell’immigrazione, e poi negarla, di fatto, nei procedimenti e nei processi politici,
accantonandola per questioni di interessi o per una mediazione che non la raggiunge.
Oggi, è necessario fare in modo che anche la legislazione sull’immigrazione venga
cambiata in Europa e in Italia, per far sì che effettivamente si consideri il fenomeno
migratorio non un fenomeno estemporaneo, ma un fenomeno strutturale. Quindi, investire
più in integrazione che in sicurezza: questo è il primo aspetto fondamentale. Oggi,
ci sono le briciole per l’integrazione: si concentra tutto il nostro lavoro sul permesso
di soggiorno, con miliardi di euro, sulla reclusione, con miliardi di euro, nei Cie,
nei Centri di accoglienza temporanei, nei Centri di espulsione, e non si danno che
pochi centesimi per quanto riguarda invece l’accompagnamento ai servizi sanitari,
alla scuola, che sono invece i luoghi fondamentali per evitare che il fenomeno migratorio
sia incontrollabile, per cercare veramente di costruire sicurezza e sicurezza sociale.
Purtroppo, ci si nasconde dietro alla crisi per diminuire la qualità della nostra
democrazia. Basti pensare semplicemente a come ci sia stata una caduta della tutela
dei diritti dei lavoratori: sette morti arsi vivi a Prato ne sono una testimonianza,
gli sfruttati delle diverse campagne dal nord al sud Italia o nella cantieristica
ne sono un segno. Mentre è molto importante che la crisi sia letta anche guardando
l’immigrazione, per cambiare alcuni meccanismi che tante volte creano irregolarità,
ad esempio sul lavoro, e quindi non danno contribuzione anche per quanto riguarda
lo Stato. E questo significa fare incontrare domanda e offerta di lavoro, significa
investire in tutti i lavoratori, significa investire in modo tale che la grande massa
di immigrati, che sono nel precariato, possano essere assunti con contratti che siano
adeguati – oggi a parità di contratto l’immigrato prende il 30% in meno – investire
in sicurezza sul lavoro. E questo significa sviluppo, questo significa uscire dalla
crisi.
La Fondazione Migrantes stessa per il nuovo anno intende porsi nuove
sfide:
"Noi stiamo investendo molto in relazioni, in conoscenza della realtà
migratoria in Italia, per rendere sempre più attente le nostre comunità al fatto che
la migrazione stessa sta cambiando i luoghi fondamentali della nostra vita: sta cambiando
il lavoro, con 2 milioni e mezzo di lavoratori, sta cambiando la scuola, con 800 mila
studenti, di cui il 47% di seconda generazione. Sta cambiando la Chiesa, con un milione
di cattolici, che provengono da 100 nazionalità diverse, e sta cambiando la famiglia,
con 400 mila matrimoni misti, 24 mila ogni anno. Essere attenti al fatto che la nostra
comunità, la nostra città sta cambiando e costruire relazioni, superando non conoscenze,
ignoranza che genera pregiudizio, che vediamo – purtroppo troppo spesso – anche nei
mezzi di comunicazione sociale e anche nella politica, credo che sia il primo lavoro
sul quale, come Migrantes, occorre lavorare, prima ancora che arrivare nei servizi.
L’accompagnamento e la conoscenza delle persone, quindi, è ancora più importante di
arrivare ad un servizio".
I rifugiati e i migranti non perdano la speranza
che anche a loro sia riservato un futuro più sicuro, era la conclusione del messaggio
del Papa, che la sua domenica pomeriggio la trascorrerà nella Basilica del Sacro Cuore
di Gesù a Castro Pretorio, a Roma, proprio accanto ad alcuni giovani rifugiati assistiti
dai Salesiani.