Italia. Primo Rapporto su povertà sanitaria: bisogni crescono ma donatori di farmaci
sono pochi
Si intitola "Donare per curare" ed è il primo Rapporto sulla povertà sanitaria – e
sulla donazione dei farmaci messa in atto per contrastarla – presentato ieri a Roma.
L’iniziativa, che aiuta a comprendere meglio la crisi che il Paese sta attraversando
e che invita la politica a scendere in campo con maggiore impegno per un Welfare più
equo, è firmato dalla Fondazione Banco farmaceutico e dall’Osservatorio nazionale
sulla donazione dei farmaci. Il servizio di Gabriella Ceraso
Il segnale positivo
è che esiste una filiera della donazione dei farmaci in crescita: +241%, dal 2007
al 2013, grazie soprattutto al boom delle donazioni aziendali, seguito dalla
giornata di raccolta che tornerà il prossimo 8 febbraio e da iniziative private. Purtroppo,
sono sempre di più anche gli italiani – specie donne e minori- – che si rivolgono
al circuito della carità e la copertura ai bisogni cala: dal 55 al 43,2% in sette
anni. Ciò è legato al vertiginoso aumento della povertà assoluta estesa a 4.8 milioni
di italiani che, sui 16 euro circa al mese dedicati alla sanità, ne spendono più di
12 per i farmaci. Troppo e con troppa disparità rispetto alla media di 44 euro delle
famiglie italiane. Annarosa Racca presidente di Federfarma:
"L’aumento
delle difficoltà delle famiglie si vede ogni giorno. La gente a volte rinuncia anche
a comprare un farmaco se questo costa troppo; ci chiede magari dei due o tre farmaci
che deve usare qual è veramente quello necessario. Ricorrono ancora di più al Sistema
Sanitario Nazionale quando magari anni fa pagavano il farmaco di tasca propria. Noi
continueremo a stare vicino alla gente adesso con nuove iniziative partite a Roma
– ma che poi seguiranno a Milano ed in altre città – come anche il recupero dei farmaci
non utilizzati, naturalmente validi ma non utilizzati che si possono riportare in
farmacia. È un’iniziativa solo sperimentale, poco alla volta il recupero sarà però
in più farmacie. Diamoci tutti da fare e cerchiamo veramente di dare di più".
Ma
la povertà non diminuirà nei prossimi anni, spiega il presidente delle Acli, Gianni
Bottalico:
"Non solo ci sono i nuovi poveri, ci sono le famiglie che
stanno diventando povere ma soprattutto tra qualche anno ci saranno i nuovi pensionati
– quelli che hanno maturato una pensione dal punto di vista contributivo – che saranno
i pensionati con circa 1.200 euro. Questo vuol dire povertà nel nostro Paese".
Il
Rapporto evidenzia un’Italia dunque diseguale e divisa in cui sono le fasce deboli
a pagare come conferma anche la Caritas italiana con il direttore, mons. Francesco
Soddu:
"Vi sono segnalazioni di indici di mortalità cinque volte maggiori
in alcune fasce di popolazione povera rispetto a quella più ricca. Inoltre, lo stato
di povertà si associa sempre a una maggiore incidenza di malattie anche per una maggiore
esposizione ai fattori di rischio ambientali e legato agli stili di vita. Non dimentichiamo,
a tale proposito, che nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium
Papa Francesco ci ricorda – ai cristiani in modo particolare – che qualsiasi comunità
della Chiesa, nella misura in cui pretenda di stare tranquilla senza occuparsi creativamente
e cooperare con efficacia affinché i poveri vivano con dignità e per l’inclusione
di tutti, correrà anche il rischio della dissoluzione benché parli di temi sociali,
o critichi i governi".
Come invertire dunque la tendenza? Alleanze, lavoro
congiunto per cogliere le emergenze territoriali, interventi sulle falle del Sistema
sanitario nazionale, ma una mano potrebbe darla anche il parlamento, ha sottolineato
Paolo Gradnik, il presidente del Banco Farmaceutico:
"I rappresentanti
delle aziende, delle farmacie, dei produttori di farmaci generici hanno detto che
loro potrebbero fare di più e vogliono fare di più con un piccolo sforzo legislativo
che renda più facile la donazione di farmaci validi. Nella precedente legislatura,
era già stato approvato da un ramo del parlamento. Adesso ha ripreso l’iter e ci sono
diverse proposte. Altrimenti, a rimetterci è chi ha bisogno".
Di certo,
un Welfare come è ora non può reggere per il futuro dell’Italia. Ancora Gianni
Bottalico:
"La politica deve fare delle scelte, deve mettere in campo
risorse economiche. Nel caso di priorità assoluta, noi abbiamo chiesto 900 milioni
di euro proprio per dare la possibilità e rispondere ai primi bisogni oggi nel Pese.
Questi 900 milioni però dovrebbero essere investiti e gestiti attraverso quel processo
virtuoso che vede regioni che legiferano sul loro territorio, i Comuni che agiscono
sul loro territorio e anche il Terzo settore che concorre, attraverso non solo i soliti
servizi, a fornire opportunità. Se la risposta è che la politica arretra e lascia
questa risposta soltanto al Terzo settore… Noi l’abbiamo fatto in questi anni, ma
non ce la facciamo proprio più. Quando parliamo di povertà e disperazione, non è soltanto
una questione economica ma c’è anche il rischio di una emergenza democratica rispetto
a questo e qualche segnale lo abbiamo visto nel nostro Paese".