Protesta del direttore di Confcommercio L'Aquila. La Caritas: sempre più cittadini
lasciano la città
E’ durato poco più di due ore ieri la protesta del direttore della Confcommercio a
L’Aquila. L’uomo si è barricato dentro la sede di Bankitalia e ha minacciato di darsi
fuoco per protestare contro la crisi. Alessandro Guarasci:
Celso Cioni,
direttore Confcommercio L’Aquila, ha lanciato un vero grido d’allarme: ha parlato
di città martoriata, di piccoli commercianti, costretti dal terremoto a lasciare i
propri negozi senza ottenere alcun sostegno e che facendo debiti, si sono ricollocati
alla meglio e sono disperati. Poi, dopo un paio di ore, ha desistito dalla protesta
in seguito alla mediazione condotta dal comandante provinciale dei carabinieri, il
collonello Savino Guarino, assieme al sostituto procuratore Stefano Gallo. Con sé
Cioni aveva una tanica di benzina e un accendino e aveva minacciato di darsi fuoco
sii il governo, ha detto, non rivedrà "le condizioni del sistema bancario, almeno
nei paesi del cratere e della città che è ancora militarizzata”. Intanto, sono proseguiti
gli interrogatori dei magistrati nei confronti degli otto indagati nell'inchiesta
per presunte tangenti negli appalti per la ricostruzione. Ma la città come vive questi
momenti? Don Marco Pagniello, delegato Caritas per l’Abruzzo:
R. - Purtroppo
il gesto consumato in mattinata è semplicemente il segno di un malessere che è sempre
più crescente, che a L’Aquila oramai ha toccato - penso - il limite e che ha poi ripercussioni
in tutta la nostra regione. A L’Aquila la mancata ricostruzione o questa ricostruzione
così lenta sta costringendo sempre di più gli aquilani a lasciare il proprio territorio
e a trasferirsi soprattutto in altre città della regione, che però non godono di una
situazione tanto migliore.
D. - Avete, in qualche modo, misurato di quanto
è aumentata la povertà da quando c’è stato il terremoto?
R. - Purtroppo non
possiamo far altro che confermare i dati, che avevano raccolto subito dopo il terremoto!
Questa grande perdita di aziende e soprattutto di locali commerciali, di bar, avevano
portato molti a lasciare L’Aquila e quindi oramai l’economia aquilana è a terra, anche
perché le aziende che hanno ricostruito L’Aquila sono venute anche da fuori regione,
portandosi dietro anche la manovalanza: si è fatta fatica, per le famiglie aquilane,
a ricollocarsi sul territorio e anche ad essere autosufficienti. Da quello che mi
risulta la Caritas dell’Aquila ha avuto un’ impennata di richieste molto alta da parte
proprio di famiglie aquilane, anche per bisogni primari, che ha superato anche il
40 per cento rispetto agli altri anni.
D. - La vicenda delle tangenti non ha
fatto altro che esasperare gli animi in questo momento…
R. - Sì! Soprattutto
è un qualcosa che la gente comune vede come un oltraggio: in questo momento in cui
bisognerebbe lavorare tutti insieme alla ricerca del bene comune, ci ritroviamo di
nuovo a constatare che - certo, fin quando la giustizia non farà il suo corso non
ne possiamo essere certi - c’è la paura o semplicemente il dubbio che ci sia gente
che pensa soltanto ai propri interessi! E’ qualcosa che fa arrabbiare, che fa sicuramente
sempre più scoraggiare la gente, che sta perdendo la speranza. Non nascondo che ho
ricevuto proprio ieri una telefonata di alcuni ragazzi aquilini che dicono che sono
pronti a lasciare l’Italia, perché non credono più nel sistema-Paese!