Il Papa al Corpo diplomatico: dalla chiusura solo distruzione, aprirsi alla cultura
dell’incontro
La chiusura porta sempre alla distruzione, promuovere la cultura dell’incontro. E’
l’esortazione rivolta da Papa Francesco ai membri del Corpo diplomatico presso la
Santa Sede, incontrati ieri mattina nella Sala Regia del Palazzo Apostolico per gli
auguri di inizio anno. Dalla Siria al Centrafrica, dalla Nigeria all’Iraq, il Pontefice
ha toccato nel suo lungo intervento tutte le aree che oggi soffrono a causa della
violenza. Quindi, ha ribadito la necessità di combattere la “cultura dello scarto”,
di aiutare i più deboli e in particolare i migranti ed ha levato un appello accorato
affinché i bambini siano risparmiati dall’orrore dell’aborto, della guerra e della
tratta degli esseri umani. Attualmente la Santa Sede intrattiene relazioni diplomatiche
piene con 180 Stati. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal decano
del Corpo diplomatico, Jean-Claude Michel, ambasciatore del Principato di Monaco.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
Apertura,
incontro, fraternità. Sono i tre perni intorno a cui ha ruotato il discorso di Papa
Francesco al Corpo diplomatico, una sorta di “road map” globale per la pace e i diritti
umani. Il Pontefice ha subito sottolineato che vanno sostenute le persone più deboli:
gli anziani, che troppe volte sono considerati un peso e i giovani, che devono essere
aiutati a trovare un lavoro, per non spegnerne l’entusiasmo. Né ha mancato di chiedere
politiche di sostegno alla famiglia. Quindi, ha messo l’accento sul tema a lui caro
della cultura dell’incontro:
“La chiusura e l’isolamento creano sempre un’atmosfera
asfittica e pesante, che prima o poi finisce per intristire e soffocare. Serve, invece,
un impegno comune di tutti per favorire una cultura dell’incontro, perché solo chi
è in grado di andare verso gli altri è capace di portare frutto, di creare vincoli
di comunione, di irradiare gioia, di edificare la pace”.
Lo confermano,
ha detto il Papa, “le immagini di distruzione e di morte che abbiamo avuto davanti
agli occhi nell’anno appena trascorso”. Il Papa, che ha citato numerosi suoi Predecessori,
si è quindi soffermato sulle situazioni più drammatiche nel mondo a partire dalla
Siria per la quale ha chiesto ancora una volta la fine del conflitto. Il Pontefice
ha, inoltre, ringraziato quanti hanno partecipato alla Giornata di preghiera da Lui
indetta per la pace nel Paese:
“Occorre ora una rinnovata volontà politica
comune per porre fine al conflitto. In tale prospettiva, auspico che la Conferenza
'Ginevra 2', convocata per il 22 gennaio p.v., segni l’inizio del desiderato cammino
di pacificazione. Nello stesso tempo, è imprescindibile il pieno rispetto del diritto
umanitario. Non si può accettare che venga colpita la popolazione civile inerme, soprattutto
i bambini”.
Il Papa ha avuto parole di incoraggiamento per i tanti profughi
siriani, elogiando lo sforzo dei Paesi, come Libano e Giordania, che li hanno accolti
generosamente. Sempre rimanendo nel Medio Oriente, il Papa ha espresso preoccupazioni
per l’acuirsi dei contrasti nel Paese dei Cedri, instabilità che vive anche l’Egitto
e l’Iraq. Il Papa ha invece espresso soddisfazione per i progressi compiuti nel dialogo
tra l’Iran e il Gruppo 5+1 sulla questione nucleare. Quindi, ha incoraggiato gli sforzi
per la pace tra israeliani e palestinesi:
“In questo senso è positivo che
siano ripresi i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi e faccio voti affinché
le Parti siano determinate ad assumere, con il sostegno della Comunità internazionale,
decisioni coraggiose per trovare una soluzione giusta e duratura ad un conflitto la
cui fine si rivela sempre più necessaria e urgente”.
Papa Francesco ha
poi rivolto il pensiero all’esodo dei cristiani dal Medio Oriente e dal Nord Africa.
Essi, ha osservato, “desiderano continuare a far parte dell’insieme sociale, politico
e culturale dei Paesi che hanno contribuito ad edificare”:
“... i cristiani
sono chiamati a dare testimonianza dell’amore e della misericordia di Dio. Non bisogna
mai desistere dal compiere il bene anche quando è arduo e quando si subiscono atti
di intolleranza, se non addirittura di vera e propria persecuzione”.
Con
grave preoccupazione, il Papa ha parlato della Repubblica Centrafricana, dove la popolazione
soffre a causa di tensioni “che hanno seminato a più riprese distruzione e morte”.
Ed ha chiesto con forza “l’interessamento della Comunità internazionale” affinché
“contribuisca a far cessare le violenze, a ripristinare lo stato di diritto e a garantire
l’accesso degli aiuti umanitari” nel Paese. Da parte sua, ha ribadito, la Chiesa cattolica
“continuerà ad assicurare la propria presenza e collaborazione” per aiutare la popolazione
e per “ricostruire un clima di riconciliazione e di pace”. Un binomio, questo, ha
detto, che è una priorità fondamentale "anche in altre parti del Continente africano".
Ancora, ha parlato della difficile situazione in Nigeria, Mali, Sud Sudan dove si
vive una nuova emergenza umanitaria. Il Papa ha così rivolto lo sguardo all’Asia,
auspicando il dono della riconciliazione per la Penisola coreana ed ha esortato alla
convivenza pacifica nel Continente tra le diverse componenti civili, etniche e religiose:
“Occorre
incoraggiare tale reciproco rispetto, soprattutto di fronte ad alcuni preoccupanti
segnali di un suo indebolimento, in particolare a crescenti atteggiamenti di chiusura
che, facendo leva su motivazioni religiose, tendono a privare i cristiani delle loro
libertà e a mettere a rischio la convivenza civile”.
La pace, ha del resto
osservato, è ferita dovunque la dignità umana viene negata, prima fra tutte dalla
“impossibilità di nutrirsi in modo sufficiente”. Ed ha avvertito che “non possono
lasciarci indifferenti i volti di quanti soffrono la fame, soprattutto dei bambini.
Oggi, ha poi constatato con amarezza, non sono scartati solo il cibo o i beni, ma
vengono scartati "gli stessi esseri umani, “come fossero cose non necessarie”:
“Ad
esempio, desta orrore il solo pensiero che vi siano bambini che non potranno mai vedere
la luce, vittime dell’aborto, o quelli che vengono utilizzati come soldati, violentati
o uccisi nei conflitti armati, o fatti oggetti di mercato in quella tremenda forma
di schiavitù moderna che è la tratta degli esseri umani, la quale è un delitto contro
l’umanità”.
Il Papa ha, così, ricordato la sua visita a Lampedusa, chiedendo
accoglienza per i migranti, in particolare per i tanti costretti a fuggire dalle violenze
e dalla carestia nel Corno d’Africa e nella Regione dei Grandi Laghi. Il Papa, Vescovo
di Roma, non ha quindi mancato di levare un augurio particolare per l’Italia:
“Auguro
al popolo italiano, al quale guardo con affetto, anche per le comuni radici che ci
legano, di rinnovare il proprio encomiabile impegno di solidarietà verso i più deboli
e gli indifesi e, con lo sforzo sincero e corale di cittadini e istituzioni, di superare
le attuali difficoltà, ritrovando il clima di costruttiva creatività sociale che lo
ha lungamente caratterizzato”.
Il discorso di Papa Francesco si è concluso
con la vicinanza alle vittime del tifone Hayan, nelle Filippine e nel Sud Est asiatico,
e con un appello al rispetto del Creato. Anche “l’avido sfruttamento delle risorse
ambientali”, è stato il suo monito, rappresenta una ferita alla pace.