Azzardo: secondo gli esperti, aumentare le tasse sul gioco non è la soluzione
"Aumentare le tasse sul gioco d'azzardo”. Fa discutere la proposta del ministro degli
Affari regionali Del Rio secondo il quale “lo Stato non può avere atteggiamenti ambigui”.
L’azzardo rappresenta la terza impresa del Paese con un fatturato legale di 76,1 miliardi
annui. Cresce la dipendenza: a rischio ludopatia ogni anno 790 mila italiani. Secondo
Rolando De Luca, responsabile del Centro terapia Campoformido l’inasprimento
fiscale non è la soluzione. Paolo Ondarza lo ha intervistato:
R. - Questo
non è il problema. Lo Stato ha creato questa dipendenza: 30 anni fa l’azzardo era
qualcosa di marginale nel nostro Paese; ad un certo punto lo Stato – e lo dico come
uno che difende le istituzioni fino alla fine – ha introdotto l’azzardo e lo ha sviluppato.
Quindi, lo Stato adesso deve decidere se continuare a lucrare sull’azzardo, oppure
no. Ci vuole una posizione netta che non è più solo l’eliminazione della pubblicità
e la diminuzione dell’offerta di azzardo; perché la situazione sociale ed economica
è drammatica. Non si può continuare a tollerare che, in qualche modo, ci sia un giro
di carta straccia che tocca i 90 miliardi di euro all’anno.
D. – Il problema
quindi non è se tassare o meno il gioco d’azzardo, ma dire chiaramente se è moralmente
accettabile o no…
R. – E’ chiaro che lo Stato ha deciso di accettare moralmente
l’azzardo perché non si può più tornare indietro; oramai la diga del Vajont è venuta
giù con tutte le sue conseguenze. Credo che ci sia molta ipocrisia da parte di tutti:
sappiamo benissimo che questa macchina infernale rimarrà tale e verrà potenziata.
Quando io sento parlare di prevenzione, di leggi sull’azzardo, francamente credo che
qualunque persona seria possa intuire che da una parte uno non può fare il narcotrafficante
e dall’altra parte occuparsi delle comunità terapeutiche. Quello che fanno gli Stati
occidentali e, purtroppo, anche lo Stato italiano – lo dico con la morte nel cuore
– è proprio questo…
D. – Non cambia niente… Allora, quale speranza per chi
è vittima dell’azzardo di Stato?
R. – Questo termine è stato coniato a Campoformido
tanti anni fa: azzardo di Stato. Cosa si può fare? Io sono psicoterapeuta, lavoro
con dieci gruppi di terapia dal 1997 e nei miei gruppi di terapia, in questo momento,
su 280 persone c’è un disoccupato, non si è mai verificato un suicidio. L’indice di
azzardo è meno del 5% nelle persone. Bisogna fare un lavoro durissimo, lungo nel tempo
con queste famiglie, che ha un costo economico notevolissimo e questo, alla fine,
nessuno lo vuole fare. Noi continuiamo a parlarci addosso, ben sapendo di essere "collaborazionisti
nell’azzardo".
D. – Quindi, diciamo che non è sicuramente questa la soluzione
ma dovendo pensare ad un inasprimento delle tasse sul gioco, ci sarebbe un effetto
deterrente per i giocatori? Ovvero, chi gioca si sentirebbe meno incentivato a farlo?
R.
– Per la mia esperienza dico assolutamente no; anche perché sappiamo che, drammaticamente,
più la situazione economica in qualche modo va a fondo, più aumenta l’azzardo. Il
fatto che poi l’azzardo sia sostenuto dall’istituzione che dovrebbe difendere il cittadino
– ripeto lo dico con la morte nel cuore – questo ci fa capire quale imbroglio stiamo
vivendo.
D. - Quindi, tassare il gioco significherebbe non colpire il vero
responsabile di questa piaga ma le vittime…
R. – Tassare il gioco è un’altra
formula per ottenere più quattrini. Il problema è che il dramma dell’azzardo – come
dramma sociale – non verrà intaccato nei prossimi decenni. Io mi lancio in questa
che non è un’ipotesi ma una garanzia ed imparo tutte queste cose da quanto accaduto
con le sigarette: nei prossimi dieci anni noi assisteremo soltanto a tante chiacchiere
e ad un degrado ulteriore della situazione.