La vicenda della bimba a Rapallo. L'avvocato Ruo: l'allontanamento dalla famiglia
è l'ultima spiaggia
Fa discutere in questi giorni la vicenda di Rapallo dove una bimba di quattro anni
è stata prelevata all’asilo dai servizi sociali di Santa Margherita Ligure e dalla
polizia su disposizione del Tribunale dei minori di Genova che ha deciso l'allontanamento
della piccola dalla madre. Per i giudici, la donna di 34 anni, di origini romene,
"ha dimostrato in questi anni un livello di grave inadeguatezza e irresponsabilità
genitoriale, non mettendosi in grado di provvedere autonomamente al mantenimento e
alla cura della figlia nonostante i molti e cospicui sostegni offerti" e la bambina
veniva a trovarsi in condizioni che ne mettevano a rischio la salute psicofisica e
le prospettive evolutive. La donna si difende dicendo di aver sempre collaborato con
i servizi sociali. “Lavoravo in nero per poter portare qualcosa in casa – ha detto
- ho rifiutato il lavoro a Sestri Levante perché era un lavoro notturno e non potevo
lasciare la bambina". Stupore della direttrice dell’istituto frequentato dalla bimba
e da parte delle altre mamme che dicono di voler aiutare la donna. Senza entrare nei
particolari di questa vicenda, per approfondire la questione dei minori allontanati
dai genitori, Debora Donnini ha sentito l’avvocato Maria Giovanna Ruo,
presidente dell’associazione “Cammino”, Camera Nazionale Avvocati per la Famiglia
e i Minorenni:
R. - Naturalmente
non parlo del caso perché non lo conosco - bisogna conoscere gli atti prima di parlare
di un caso - però certamente posso richiamare i principi di diritto che presiedono
l’esercizio di quella che da febbraio - visto che ieri è uscito il decreto legislativo
attuativo della legge 219, del 2012 – si chiamerà “responsabilità genitoriale”. Sono
un insieme di doveri e poteri attribuiti ai genitori, in funzione del benessere dei
figli. Anche i genitori naturalmente hanno dei diritti, ma il diritto prioritario
è quello della persona minore di età che si deve sviluppare al meglio. Quando i genitori
non sono in grado di esercitare questa responsabilità nell’interesse dei figli deve
intervenire lo Stato, prima di tutto come sostegno ai genitori, aiutarli anche a consapevolizzarsi
rispetto a quali sono le esigenze dei figli, non soltanto con provvidenze ma anche
con percorsi di consapevolizzazione, di aiuto, sostegno psicologico e quant’altro.
L’allontanamento della famiglia è veramente l’estrema ratio, l’ultima spiaggia,
perché tendenzialmente - per principio di diritto - si presume che i genitori siano
i migliori garanti del superiore interesse del minore, coloro che lo possono meglio
attuare. Se ciò non succede, in casi limite, si può arrivare anche all’allontanamento
che però dovrebbe essere sempre accompagnato da un percorso di sostegno con una consapevolizzazione
del genitore rispetto alle sue carenze, che possono anche essere “non volute” ma ciò
non toglie che la persona di età minore abbia bisogno invece di una cura non carenziale.
Le modalità, poi, dovrebbero essere al massimo rispettose, ove possibile, della fiducia
che bisogna avere nelle istituzioni e la fiducia la devono avere sia i genitori, sia
i figli perché se questo nesso fiduciario si interrompe drammaticamente, è molto difficile
ripristinarlo.
D. – Prelevare un minore all’improvviso da un asilo è certamente
traumatico per il bambino ...
R. – In linea di massima dovrebbe veramente essere
limitato a casi estremi, dove c’è un pericolo per la vita, per una esecuzione serena
perché un bambino si sente tradito, si sente minacciato dalle istituzioni se viene
allontanatodai propri genitori con quello che lui avverte come un inganno.
Genitori che possono essere inaccudenti secondo la nostra prospettiva ma a cui può
voler bene. Ci sono rarissimi casi in cui si dovrebbe ricorrere ad azioni di questo
genere: quando c’è in pericolo il benessere psicofisico del bambino, la sua stessa
vita, perché i genitori si oppongono assolutamente e si temono atti di violenza; allora,
in questo caso è il male minore ma è comunque un male. Inoltre, poi il bambino deve
essere aiutato a recuperare la fiducia, perché credo che chiunque si metta nella situazione
di una persona che crede di andare in un luogo e poi va in un altro, si sentirebbe
tradito e minacciato, da quel momento in poi.
D. – In base alla sua esperienza
di avvocato e presidente dell’associazione Camera Nazionale Avvocati per la Famiglia
e i Minorenni, cosa succede quando avvengono questi allontanamenti? Come si potrebbe
migliorare la questione?
R. – Succede che c’è una ferita profondissima nel
bambino: sono stata curatore di minori allontanati in questo modo. Ricordo da parte
di alcuni di loro una chiarissima denuncia di una modalità che avevano sentito come
brutale, come non necessaria. Bisognerebbe che non ci fossero tagli alla spesa sociale,
perché poi è possibile fare tutto anche con la preparazione degli addetti ai lavori,
ma bisogna investire su queste cose. Purtroppo allo stato attuale, ormai da anni,
si assiste a tagli alla spesa sociale che hanno messo in ginocchio il nostro stato
di welfare, e questo sicuramente non aiuta.
D. – Comunque l’allontanamento
secondo lei deve essere di estrema ratio…
R. – Sì, secondo la Corte
europea dei diritti dell’uomo per cui vivere insieme – genitori e figli – è un diritto
fondamentale, protetto dell’articolo 8 della Convenzione sui diritti umani. Direi
che molto più autorevolmente di me, lo dice la Corte europea dei diritti dell’uomo.