Centrafrica. Si dimettono Djotodia e Tiangaye. Don Bondobo: speriamo sia l'inizio
della pace
Crisi in Centrafrica. Il presidente ad interim, Michel Djotodia, e il suo primo
ministro, Nicolas Tiangaye, hanno rassegnato le dimissioni. Decisione giunta dopo
le pressioni dei Paesi dell’Africa centrale per fermare il conflitto che sta dilaniando
il Paese. Il servizio di Antonella Pilia:
Rassegnate le
dimissioni del presidente centrafricano, Djotodia, e del primo ministro, Tiangaye.
A chiedere a gran voce la loro uscita di scena sono stati i membri dei Paesi dell’Africa
centrale, riuniti a N’Djamena in Ciad, per discutere della crisi centrafricana. Non
si placano infatti, nel Paese, le violenze tra i ribelli islamisti Seleka e gruppi
di autodifesa cristiani anti-Balaka, che vanno avanti dal marzo 2013, quando i Seleka
portarono al potere il loro ex leader Djotodia con un colpo di Stato, destituendo
il presidente, Francois Bozizé. Secondo l’Onu, sarebbero oltre un milione gli sfollati
dall’inizio della crisi. Don Mathieu Bondobo, sacerdote centrafricano:
R.
– Questo annuncio, per noi, è l’inizio del cammino verso questa pace tanto attesa
e tanto voluta da questo popolo. Se siamo arrivati a questo punto significa che è
necessario, perché la situazione che il popolo del Centrafrica sta vivendo è davvero
drammatica. Una cosa mai vista, una sofferenza terribile! Una cosa drammatica nella
storia di questo popolo.
D. – Cosa sta accadendo nel Paese?
R. - I viveri
che stanno arrivando non bastano per coprire i bisogni di tutte queste persone che
sono scappate di casa e che vivono difficoltà molto forti… Quindi, c’è un allarme
in questo senso. Ci sono persone che non mangiano da 3-4 giorni, anche da una settimana,
e soffrono veramente la fame. Oltre alla fame, poi, c’è anche la difficoltà di curarsi,
non soltanto perché gli ospedali sono pieni, ma perché è anche complicato ricevere
una cura: ad esempio, è difficile che una persona ferita vada all’ospedale o che comunque
riceva una cura buona. Ripeto, la situazione è terribile, catastrofica!
D.
– Ora quali scenari si aprono, secondo lei?
R. – Il lavoro grande è ancora
da fare, perché uno si è dimesso ma non è detto che siamo già arrivati alla pace.
Ci vuole l’impegno di tutti quanti per arrivare a questo e ciascuno di noi ha la consapevolezza
della drammaticità della situazione. Io sono ottimista di poter arrivare a questa
pace che stiamo cercando da molto tempo. Certo è che chiunque verrà, chiunque avrà
questo posto di responsabilità, avrà anche addosso il futuro di questo popolo, perché
ha visto la sua sofferenza e ha ascoltato il suo grido. Quindi, ciascuno di noi, ogni
figlio e ogni figlia di questo Paese, credo sappia cosa significhi arrivare alla pace,
cosa significhi parlare dello sviluppo, di dialogo, cosa significhi darsi da fare
per questo Paese che ha tanto sofferto. Quindi, io sono ottimista – ripeto – da questo
punto di vista.