Papa Francesco: l’amore cristiano è concreto e generoso, non è quello delle telenovele
L’amore cristiano ha sempre la caratteristica di essere “concreto”. Quindi, è un amore
che “è più nelle opere che nelle parole”, è “più nel dare che nel ricevere”. Lo ha
riaffermato giovedì mattina Papa Francesco, all’omelia della Messa presieduta in Casa
Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Nessuna romanticheria:
o è un amore altruista e sollecito, che si rimbocca le maniche e guarda ai poveri,
che preferisce dare piuttosto che ricevere, o non ha niente a che vedere con l’amore
cristiano. Papa Francesco è netto sulla questione e si lascia guidare, nella riflessione,
anzitutto dalle parole della prima Lettera di Giovanni, in cui l’Apostolo insiste
nel ripetere: “Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui
è perfetto in noi”. L’esperienza della fede, osserva il Papa, sta proprio in questo
“doppio rimanere”:
“Noi in Dio e Dio in noi: questa è la vita cristiana.
Non rimanere nello spirito del mondo, non rimanere nella superficialità, non rimanere
nella idolatria, non rimanere nella vanità. No, no: rimanere nel Signore. E Lui contraccambia
questo: Lui rimane in noi. Ma, primo, rimane Lui in noi. Tante volte lo cacciamo via
e noi non possiamo rimanere in Lui. E’ lo Spirito quello che rimane”.
Chiarita
la dinamica dello spirito che muove l’amore cristiano, Papa Francesco passa a esaminare
la carne. “Rimanere nell’amore” di Dio, afferma, non è tanto un’estasi del cuore,
"una cosa bella da sentire":
“Guardate che l’amore di cui parla Giovanni
non è l’amore delle telenovele! No, è un’altra cosa. L’amore cristiano ha sempre una
qualità: la concretezza. L’amore cristiano è concreto. Lo stesso Gesù, quando parla
dell’amore, ci parla di cose concrete: dare da mangiare agli affamati, visitare gli
ammalati e tante cose concrete. L’amore è concreto. La concretezza cristiana. E quando
non c’è questa concretezza, si può vivere un cristianesimo di illusioni, perché non
si capisce bene dove è il centro del messaggio di Gesù. Non arriva questo amore ad
essere concreto: è un amore di illusioni, come queste illusioni che avevano i discepoli
quando, guardando Gesù, credevano che fosse un fantasma”.
Il “fantasma”
è quello che appunto – nell’episodio del Vangelo di oggi – i discepoli scorgono meravigliati
e timorosi venire verso di loro camminando sul mare. Ma il loro stupore nasce da una
durezza di cuore, perché – dice lo stesso il Vangelo – “non avevano compreso” la moltiplicazione
dei pani avvenuta poco prima. “Se tu hai il cuore indurito – commenta Papa Francesco
– tu non puoi amare e pensi che l’amore sia quello di figurarsi cose. No, l’amore
è concreto”. E questa concretezza, soggiunge, si fonda su due criteri:
“Primo
criterio: amare con le opere, non con le parole. Le parole le porta via il vento!
Oggi sono, domani non sono. Secondo criterio di concretezza è: nell’amore è più importante
dare che ricevere. Quello che ama dà, dà ... Dà cose, dà vita, dà se stesso a Dio
e agli altri. Invece chi non ama, chi è egoista, sempre cerca di ricevere, sempre
cerca di avere cose, avere vantaggi. Rimanere col cuore aperto, non come era quello
dei discepoli, che era chiuso, che non capivano niente: rimanere in Dio e Dio rimane
in noi; rimanere nell’amore”.