Intervista di p. Lombardi al card. De Paolis: il Capitolo dei Legionari, tappa positiva
nella vita della Chiesa
“La sofferenza vi ha purificati” e “maturati”, ora guardate al futuro in modo “sereno
e fiducioso”. E’ quanto sottolineato dal card. Velasio De Paolis nella Messa che,
mercoledì sera, ha aperto a Roma il Capitolo generale straordinario dei Legionari
di Cristo, dopo un cammino di rinnovamento di tre anni e mezzo, voluto da Benedetto
XVI. Il Capitolo dovrà nominare il nuovo governo della congregazione e provvedere
all’approvazione delle nuove Costituzioni. Il cardinale De Paolis, delegato pontificio
per i Legionari, ha sottolineato nell’omelia che “le leggi anche ben fatte sono importanti,
ma non bastano se non vi è uno spirito nuovo”. Sul cammino che ha portato i Legionari
di Cristo al Capitolo generale e sull’impegno di rinnovamento all’interno della Legione,
il nostro direttore, padre Federico Lombardi, ha intervistato il cardinale
Velasio De Paolis, Delegato Pontificio per i Legionari di Cristo:
R. – Vorrei
anzitutto precisare che questo cammino non è l’inizio della vicenda della Legione
e del Regnum Christi, ma è una tappa. La prima tappa è la vicenda del Fondatore;
la seconda la visita da parte dei cinque vescovi inviati dal Santo Padre per rendersi
conto di questa realtà; e la terza tappa, appunto, la nomina del Delegato Pontificio.
E’ importante sottolineare questo, perché? Perché la visita dei cinque Visitatori
ha portato un risultato di riflessione, di valutazione e quindi anche di ponderazione
sul futuro. Quando il Santo Padre ha nominato il Delegato Pontificio aveva già emesso
sul Bollettino ufficiale un giudizio severo sull’operato del Fondatore della Legione,
ma non tale da distruggerne la stessa realtà: se il Papa nomina un Delegato, implicitamente
nega che si debba dare un giudizio sostanzialmente negativo sulla stessa Legione.
Lui stesso, all’inizio della Bolla di nomina, dice: “Vi sono un gran numero di sacerdoti
zelanti e impegnati nel cammino di santità”. Proprio perché c’era questa premessa
di fiducia, questa tappa – che è cominciata con la nomina del Delegato Pontificio
– era quindi più una nomina positiva, voleva cioè ripercorre il cammino accanto ai
Legionari per portarli, attraverso un periodo di riflessione, di rinnovamento, anche
penitenziale, a rivedere il proprio carisma, a riscrivere le proprie Costituzioni
e quindi a riprendere la propria collocazione positiva all’interno della Chiesa. Questo
è necessario dirlo perché si considerava, in qualche modo, chiuso l’esame sul Fondatore;
si consideravano chiuse anche le visite nei diversi luoghi. Era necessario adesso
operare all’interno dell’Istituto per far riflettere le persone e aiutarle a superare
le difficoltà. E questo è stato precisamente il nostro compito. Il Papa dice che,
tra i tanti compiti, il principale è quello della revisione delle Costituzioni. Avevano
delle Costituzioni che non erano state redatte secondo i criteri del post-Concilio,
ma avevano ancora i criteri tradizionali: un testo molto lungo, pesante, farraginoso
anche, dove non si distinguevano le norme costituzionali dalle altre e si rispecchiava
anche una mentalità che - a livello disciplinare - non distingueva neanche la gradualità
delle leggi, l’importanza delle leggi e quindi anche la sostanza della disciplina,
da altre norme che sono utili, forse anche necessarie, ma non caratteristiche. Un
mare di norme, dentro il quale anche lo stesso carisma veniva annacquato, perlomeno
diffuso ed era difficile concentrarlo. Questo era il compito principale.
D.
- E come ha proceduto con i suoi collaboratori per affrontare la situazione?
R.
- Si è cominciato proprio col richiamare agli stessi Legionari quello che hanno detto
i Visitatori, perché noi dovevamo partire da lì. Di fatti abbiamo presentato, in diverse
conferenze, a tutti quelli che erano qui a Roma – a Roma ce ne erano 4-500, fra studenti
e sacerdoti – le osservazioni che i Visitatori avevano fatto. Loro registravano queste
conferenze, che venivano poi inviate a tutta la Legione e anche al Regnum Christi,
che è più esteso della Legione. Quando si è cominciato, c’è stata – possiamo dire
– quasi una divisione in due gruppi: uno che accentuava il fatto che ci fosse stato
un inquinamento all’interno del governo dell’Istituto, per cui – in qualche modo –
non si poteva sperare in niente di nuovo; e un altro gruppo, invece, che non riusciva
a cogliere la novità, perché vedevano quasi tutto positivo, anzi pensavano che la
loro caratteristica, che aveva impedito loro di cadere nei difetti degli altri Istituti
religiosi, era proprio quella di essere una realtà ben compaginata. In verità loro
erano caduti in un tranello molto più pericoloso, quello del Fondatore stesso! Abbiamo
percorso questo cammino incontrando i problemi relativi alle conseguenze del comportamento
del Fondatore rispetto alle vittime. Abbiamo incontrato problemi di ordine economico,
perché i Legionari non sono così ricchi come si pensa: la situazione economica era
peggiorata sia a livello mondiale per la crisi finanziaria, sia a livello istituzione
per loro, perché la fama perduta aveva fatto diminuire gli studenti presso i loro
collegi e quindi le entrate finanziarie. C’è stato poi soprattutto il problema delle
Costituzioni, su cui si è lavorato di più. La questione principale era quella di rivederle,
particolarmente in alcuni punti nodali. Quali erano? La distinzione chiara, più chiara
e precisa del foro interno e del foro esterno, foro sacramentale e foro – diciamo
– disciplinare, esterno. Era necessario, in modo particolare, riaffermare che l’autorità
non è arbitraria, ma che deve operare all’interno del Consiglio: avevano poi una certa
costituzione di autorità molto diffusa e frazionata, con tanti elementi di incertezza.
Insomma, abbiamo ricondotto tutto il problema alla realizzazione di Costituzioni secondo
le indicazioni del Concilio, post-Concilio e del Codice di Diritto Canonico. E proprio
attorno a questo tema vi è stato il lavoro più grande. C’è stato poi il lavoro anche
per rinnovare i superiori, che era molto importante: all’inizio abbiamo lasciato che
i superiori rimanessero al loro posto. Questa era un’esigenza necessaria, perché noi
che entravamo non potevamo operare e governare senza conoscere la realtà. Ci è apparso
più utile e più efficace mantenere i superiori, ma sotto il controllo della nostra
presenza: per cui ci siamo impegnati ad essere sempre presenti nei loro Consigli generali.
Loro potevano disporre del loro governo, però non potevano decidere nulla senza la
nostra presenza. Quindi c’è stata questa osmosi di dialogo continuo, almeno una volta
a settimana avevamo gli incontri dei due Consigli, io avevo il mio Consiglio e loro
avevano il loro Consiglio. Abbiamo così avviato questo discorso, dove abbiamo trattato
tutti i grandi problemi: i problemi del Fondatore; i problemi della formazione; i
problemi del Regnum Christi; e anche i problemi disciplinari, perché pur non
essendo numerosissimi i casi di sacerdoti che si erano macchiati di delitti nella
Chiesa, ce ne erano anche nella Legione, come del resto ce ne sono anche in altri
Istituti. Questo è il quadro generale secondo cui abbiamo operato.
D. – Credo
che il Capitolo adesso abbia sostanzialmente due compiti: quello di rinnovare il governo
con elezioni e quello dell’approvazione di nuove Costituzioni. Ma se il lavoro delle
Costituzioni è stato già portato avanti, in che cosa il Capitolo deve ancora intervenire
riguardo ad esse?
R. – Abbiamo distinto il Capitolo in tre grandi tappe. La
prima tappa, una verifica del cammino percorso: un esame di coscienza – lo
abbiamo chiamato così – compiuto di fronte alle accuse che sono state mosse, come
noi le abbiamo verificate e quale sia l’impegno che dobbiamo assumere per superare
queste difficoltà. Si è riconosciuto anche un impegno penitenziale che dovrebbe portare
a riconoscere, anche pubblicamente, queste responsabilità, però come impegno di ciascuno
di saper assumere anche la sofferenza che deriva da questa situazione, come espiazione
per rinnovare la Legione e quindi anche ritrovare la giusta collocazione dentro la
Chiesa. Il secondo momento dovrebbe essere la nomina dei nuovi superiori, che dovrebbero
governare poi l’Istituto. Il terzo momento, la revisione delle Costituzioni, che dovrebbe
essere semplice, proprio perché ci abbiamo lavorato in questi tre anni e mezzo. E’
stata consultata tutta la Congregazione e abbiamo presentato ai capitolari un testo
delle Costituzioni, con il supporto delle fonti e del cammino percorso. C’è da sperare
che adesso non porti via molto tempo, anche se il cammino – conoscendo le situazioni
– potrebbe pure presentare degli ostacoli, perché tutti hanno un po’ la voglia di
fare proposte aggiuntive. Però è anche vero che il testo che uscirà dal Capitolo non
sarà il testo definitivo, perché dovrà poi essere presentato al Santo Padre per la
revisione, e quindi anche per l’eventuale approvazione definitiva.
D. – Un
punto che è molto importante in questa vicenda è il rapporto tra il Fondatore e il
carisma. Normalmente negli istituti religiosi il carisma è collegato strettamente
all’esperienza e alla figura del Fondatore: in questo caso, invece, bisognava disgiungerli
radicalmente. Si è riusciti – a suo avviso – in questo, in modo tale da identificare
un carisma che sia autonomo, distinto rispetto alla figura del Fondatore?
R.
– Questo argomento in sé a noi toccava solo in parte, perché implicitamente era già
stato giudicato dalle conclusioni dei Visitatori e poi degli atti posti successivamente.
Se avessero individuato una inseparabilità tra Fondatore e Istituto, il discorso sarebbe
stato chiuso; invece aver previsto che la Congregazione andasse avanti per la sua
strada col carisma, implicitamente ammetteva che forse avesse già un carisma valido.
Però è anche vero che il Santo Padre nella Bolla di nomina parla di rivedere in profondità
il carisma, cosa che noi abbiamo cercato di fare. Abbiamo inserito questo carisma
all’interno di una realtà più grande, che c’era attorno al Fondatore: quella del Regnum
Christi. Si è individuato un carisma del Regnum Christi, vissuto in modo
diversificato, a seconda delle vocazioni, da laici, da laici consacrati e da
religiosi sacerdoti. E ci pare che l’identificazione sia abbastanza precisa. Solo
che noi abbiamo preferito – io prevalentemente – più che parlare di “carisma”, che
è una parola un po’ problematica, di seguire il Codice parlando di“patrimonio”,
del “patrimonio dell’Istituto” e cioè deglielementi istituzionali, perché
se ci fermiamo al carisma come momento sorgivo e spirituale ci troviamo in difficoltà.
Ma se noi pensiamo agli aspetti istituzionali e cioè ad un carisma consegnato alla
Chiesa e approvato dalla Chiesa, si può identificare: sono i religiosi sacerdoti,
sono i laici, sono i laici consacrati, che vogliono vivere il Mistero di Gesù che
annuncia il Regno, con la spiritualità tipica della regalità di Cristo – regalità
di Cristo non sotto l’aspetto trionfalistico, ma sotto l’aspetto di Gesù che trionfa
dalla Croce - e poi con la pietà eucaristica molto accentuata e la pietà mariana,
e poi con l’apostolato – cioè con l’annuncio del Regno di Cristo, particolarmente
attraverso l’inserimento delle università e degli studi superiori. Se pensiamo a tutto
questo ci è sembrato che la fisionomia, la spiritualità di questo Istituto sia abbastanza
chiara e precisa.
D. – In tutto questo cammino, la Sua valutazione è che il
corpo della Legione e del Movimento Regnum Christi nei suoi aspetti essenziali
abbia reagito positivamente, con disponibilità a questo cammino di rinnovamento, così
che adesso si possa avere veramente fiducia, oppure siamo ancora un po’ in cammino…
R.
– Vorrei premettere che il nostro lavoro è stato prevalentemente sui superiori, perché
questo era il tema principale e che aveva mosso tutta la discussione sulla stessa
Legione, che si è centrata sul suo Fondatore, che era superiore e superiore assoluto!
Basti pensare – così affermano – che lui faceva e disfaceva, e del Consiglio neanche
si serviva! Quindi il problema era proprio educarli ad una forma di governo, dove
i superiori fossero trasparenti e dove i superiori fossero osservanti dell’ordinamento
della Chiesa e rispettosi delle regole. In questa prospettiva, non potendo noi in
poco tempo essere presenti in tutti i territori della Legione e essendo impegnati
in tante questioni da affrontare, abbiamo seguito la strada di cooperare con i superiori,
o meglio di cercare che i superiori cooperassero con noi per il rinnovamento, particolarmente
sull’esercizio dell’autorità. Convinti che, una volta dotata la Legione di superiori
idonei, il cammino fosse avviato e quindi potesse anche proseguire. Questo mi pare
che si possa dire che è avvenuto. Si sono superate anche tensioni interne, che pure
ci sono state: non sono certo scomparse, ma la grande maggioranza si è ritrovata compatta.
Mi pare che il Capitolo inizi sotto buoni auspici, perché ci saranno ancora tendenze
di apertura e di chiusura di alcuni, ma la tendenza fondamentale è di accettazione
dello schema delle Costituzioni che viene presentato. La caratteristica da sottolineare
è l’assoluta obbedienza alla Chiesa. Io ricordo, sin dall’inizio, di aver scritto
in una lettera che se loro avessero conservato questa fedeltà e obbedienza alla Chiesa,
il cammino non poteva non essere positivo. A me pare che effettivamente ci sia stata
l’obbedienza alla Chiesa: non li ho mai sentiti brontolare contro l’autorità della
Chiesa, né contro di noi che eravamo stati messi lì. Certo, qualcuno, ma è normale...
Sotto questo aspetto possiamo sperare che effettivamente queste Costituzioni possano
essere adeguate al loro scopo, accompagnino nel rinnovamento e portino buon frutto.
Costituzioni che, peraltro, dovranno poi essere approvate dalla Santa Sede quando
saranno uscite dal Capitolo generale.
D. – Con questo Capitolo si affrontano
i problemi del rinnovamento della Legione o anche dell’insieme del più ampio Regnum
Christi, che è una grandissima realtà?
R. – Penso che il nostro cammino,
sotto questo profilo, sia stato un cammino nuovo perché il Regnum Christi prima
era come l’appendice della Legione: invece è cresciuta la coscienza che ogni gruppo
ha una sua autonomia, una sua identità e anche una sua disciplina, però tutti insieme
formano – chiamiamolo così, perché oggi si parla di “movimento” – un Movimento, anche
se con la parola “movimento” è difficile definirlo, perché si tratta di un complesso
di persone che vogliono dedicarsi nella Chiesa al Regnum Christi secondo la
propria vocazione. Quindi questa grande unità tra laici, laici consacrati e religiosi
sacerdoti impegnati in cooperazione stretta: cose che sono ancora ulteriormente da
definire. E’ importante, però, sottolineare anche che quello che ha travolto, in qualche
modo, la Legione per gli scandali avvenuti non ha toccato questo grande Movimento
del Regnum Christi. Per cui c’è una grande fetta, una grande realtà ecclesiale
che rimane intatta e che sta servendo la Chiesa particolarmente nel campo della cultura
religiosa, delle università cattoliche e pontificie, e che è promettente.
D.
– Un’ultima domanda. Questa vicenda è stata avviata con un mandato dato dal Pontefice
Benedetto XVI; ora, in questo frattempo, è avvenuto anche un cambio di Pontificato
e ora abbiamo il Papa Francesco. Papa Francesco è entrato in una conoscenza piena
di questa vicenda: vi sentite accompagnati da lui? E’ ben informato su quello che
avviene?
R. – In questi tre anni e mezzo mi sono riferito più volte al Santo
Padre Benedetto XVI e ho fatto delle relazioni puntuali. L’ultima relazione, però,
ci ha trovati spiazzati, perché consegnata la relazione il Papa si è dimesso. Quando
è stato nominato il nuovo Papa, io ho sentito il dovere di presentare questa relazione
a lui, il quale subito mi ha chiamato e dopo alcuni giorni mi ha scritto anche una
lettera, nella quale mi confermava nel lavoro, approvava il programma che presentavo,
che era appunto il programma delle date del Capitolo Generale, e chiedeva che lo informassi
sul cammino di preparazione al Capitolo. Al termine del mese di novembre, ai primi
di dicembre, ho consegnato al Santo Padre il materiale di preparazione. Il Papa è
stato molto attento, molto vicino e vuole giustamente seguire il cammino che stiamo
percorrendo, perché – queste sono le sue parole – “sente la grande responsabilità,
come Successore di Pietro, di accompagnare la vita religiosa e consacrata”.
D.
– Col Capitolo si prevede che venga eletto un nuovo governo dell’Istituto. Si può
già prevedere che, se tutto si svolge come desiderato, poi si concluda il mandato
del Delegato, o è possibile che il Delegato debba poi accompagnare ulteriormente il
cammino?
R. – Il mandato del Delegato, dato già da Benedetto XVI, non aveva
tempi, però il termine era legato alla celebrazione del Capitolo straordinario. Celebrato
il Capitolo straordinario il mandato sarebbe venuto meno.