"Guttuso. Credeva di non credere": la Lev pubblica il nuovo libro di mons. Crispino
Valenziano
Un percorso tra le opere Renato Guttuso, ma anche un’analisi del rapporto con la cristianità
del pittore. Mons. Crispino Valenziano ne parla nel suo nuovo libro dal titolo
“Guttuso. Credeva di non credere…”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana. L’autore
incontrò per la prima volta l’artista nel 1984. A lui chiese di collaborare all’allestimento
dell’Evangeliario delle Chiese d’Italia. Ascoltiamo mons. Valenziano al microfono
di Filippo Passantino:
R. – A un
secolo dalla sua nascita e a 25 anni dalla sua morte, ho sentito impellente il bisogno
di scriverne. L’occasione prossima, poi, è stata data dal direttore della Libreria
Editrice Vaticana che mi ha chiesto di scrivere di un artista siciliano e gli ho detto
subito: “Guttuso”!
D. – Il sottotitolo del libro è “Credeva di non credere”:
perché?
R. – Lui è nato con una cultura cristiana, in una cultura cristiana,
e ha elaborato le sue proprie idee, le sue proprie posizioni, persino politiche, in
questa cultura cristiana, che gli aderiva dentro al punto tale che autobiograficamente
egli dice che non potrebbe mai dirsi ateo; non può dirsi cristiano, non si dice cristiano,
perché teme che con ciò parli in maniera superba, in maniera arrogante. Ma non si
dirà mai “ateo”.
D. – Qual è il rapporto tra Guttuso e il sacro?
R.
– Totale. Ma inconscio. Ecco perché io dico “credeva di non credere”. Lui aveva un
senso di Dio che magari l’avessimo sempre, l’avessero tutti, quelli che ci diciamo
davvero “fedeli”! La fedeltà è qualcosa che aderisce alla fede.
D. – Come ricorda
il suo rapporto con Guttuso?
R. – Per me è stata una grazia di Dio. Credo che
anche il suo incontro con me sia tale, perché il discorso è reciproco. Come del resto
con chiunque ci sta accanto e ci richiama profondamente al nostro vissuto di fede,
al nostro vissuto di rapporto con Dio: è grazia di Dio.