2014-01-04 07:01:40

“I Giusti di Budapest”: quando il Vaticano salvò molti ebrei dal nazismo


“I Giusti di Budapest”: è il titolo del libro, edito da San Paolo, che racconta dell’impegno di due diplomatici vaticani per la salvezza di numerosi ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta del nunzio a Budapest, l’arcivescovo Angelo Rotta, e il suo uditore di nunziatura, mons. Gennaro Verolino. Fausta Speranza ha intervistato l’autore, lo storico Matteo Luigi Napolitano, docente all’Università G. Marconi:RealAudioMP3

R. – Un libro nato da un’esperienza straordinaria, di due straordinari diplomatici della Santa Sede: il nunzio a Budapest, Angelo Rotta, e il suo uditore di nunziatura, mons. Gennaro Verolino. Una storia di coraggio, una storia di giustizia anche. Non a caso il libro si intitola “I Giusti di Budapest”. Infatti, questi due diplomatici riuscirono a salvare molti ebrei che erano a rischio di deportazione durante i tragici anni della guerra, ricorrendo a espedienti, anche falsificando documenti, preparando documenti in bianco, quindi dei visti in bianco, oppure affittando immobili nella capitale ungherese ed estendendo a esssi l’immunità diplomatica. Oppure, semplicemente – anzi, in maniera drammatica e anche decisiva, quindi niente affatto semplice – fermando le marce tragiche verso il confine austriaco degli ebrei che venivano deportati. I convogli venivano fermati, con coraggio – perché quelli ebrei erano naturalmente guidati dalle guardie filonaziste che portavano questa popolazione inerme a morire – dicendo: attenzione, abbiamo dei lasciapassare, dei visti che consentono ad alcuni di questi ebrei di salvarsi…

D. – Una storia di intervento umanitario, per così dire, che passa attraverso la diplomazia: due piani che di solito vediamo distanti…

R. – Nella storia diplomatica della Santa Sede non è, in verità, qualcosa di nuovo. C’era una qualità dell’informazione, inviata dai diplomatici, veramente molto molto alta. Per me, in particolare, sono state decisive le carte della famiglia Verolino, messemi a disposizione dalla nipote di mons. Verolino. Ma non è l’unico caso. Questo ci porta a un interrogativo: questa questione dei Giusti, dei cattolici che salvarono ebrei, è una questione episodica oppure è una questione storiografica? Si tratta di piccoli casi isolati o si tratta, in verità, di una rete di assistenza molto più organizzata? La mia conclusione, che può essere anche naturalmente esposta a un esame critico, è che ci sia stata in verità una rete organizzata di salvezza e quindi che questi Giusti – in particolare, diplomatici vaticani – agissero anche e soprattutto dietro il coordinamento della Segreteria di Stato della Santa Sede e del Papa.

D. – Dunque, è un pezzetto di storia rispetto a tutto il "puzzle" della storia della Seconda Guerra mondiale, ma estremamente significativo. Torniamo su questo titolo: “I Giusti di Budapest”?

R. – I Giusti di Budapest sono, in particolare, mons. Angelo Rotta e mons. Gennaro Verolino: entrambi sono stati nominati Giusti tra le Nazioni dallo Yad Vashem. Ma è anche la storia di altri diplomatici: penso a Raoul Wallenberg, per esempio, o a Per Johan Valentin Anger. E non se ne parla in questo libro, ma naturalmente è nota la storia anche di Perlasca, che operò a Budapest e salvò moltissimi ebrei. Il termine “Giusti” ci richiama anche a una storia umana, una storia che racconta del dramma ed entra in particolare nel dramma di queste persone che erano veramente a rischio di vita. Ci sono anche descrizioni terribili della situazione umana e igienica di questi ebrei, di quello che i soldati delle “croci frecciate” del regime filonazista ungherese dell’epoca, facevano a questi ebrei, di come li trattavano.







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