Myanmar. L’arcivescovo di Yangon: speranze di pace e democrazia, ma la strada è ancora
lunga
La pace, la fraternità, la democrazia in Myanmar sono “una comune speranza per tutti
i cittadini”: all'alba di un nuovo anno, “in Myanmar si prepara l’alba di una nuova
era, fatta di libertà, giustizia, pace”. Lo afferma mons. Charles Maung Bo, arcivescovo
di Yangon, tracciando, in una nota inviata all’Agenzia Fides, “una road map” per la
nazione, che delinea le prospettive per il 2014. L’arcivescovo ricorda i molti progressi
compiuti negli ultimi due anni dalla nazione che “ha aperto le porte al mondo”. Tuttavia,
afferma, si è ancora all’inizio: “Molti detenuti politici restano in carcere e, mentre
parla di pace, continuano attacchi militari contro i civili nello Stato Kachin. Mentre
si gode di maggiore libertà di parola, alcuni l’hanno usata per incitare alla violenza
contro fratelli e sorelle musulmani. La strada da percorrere è lunga, e ci sono molte
sfide gravi da affrontare”. Le riforme democratiche non sono garanzia della fine dei
conflitti, ammonisce. “La pace si ottiene, è vero, con un lento e costate processo
di dialogo, che comporta una soluzione politica per le minoranze etniche del Myanmar”.
Tuttavia, nota mons. Bo, “la vera pace può essere raggiunta solo attraverso una rivoluzione
del cuore, un rinnovamento delle menti e una riscoperta del valore della fraternità”.
Mons. Bo il messaggio di Papa Francesco per la “Giornata Mondiale della Pace”, ricordando
“l’insopprimibile anelito di fraternità” presente nel cuore di ogni uomo. E stigmatizza
l'ondata di odio e di violenza, scatenatasi negli ultimi 18 mesi verso i cittadini
birmani musulmani in diverse aree del Paese, atti che, afferma, “portano alla morte
della fraternità”. Per questo il popolo birmano “ha il compito di ricostruire non
solo gli edifici distrutti, ma le relazioni interpersonali e intercomunitarie, e di
ricostruire il suo cuore”: nella diversità di etnie, società, religioni e culture,
spiega il messaggio, “vi sono i semi di una vocazione a formare una comunità composta
da fratelli e sorelle che si accettano e si prendono cura l'un l'altro”. La road map
per il futuro del Paese – conclude – passa per la costruzione di una “nazione arcobaleno”,
in cui tutti, soprattutto le minoranze, sono trattate con uguale rispetto e parità
di diritti: un nazione prospera perché scevra da guerre e conflitti religiosi, dalla
povertà, definita “una ferita all’anima della nazione”, e dalle violazione dei diritti
umani fondamentali.