2014-01-04 14:08:39

Centrafrica. Un milione gli sfollati, ancora violenze. Una suora: la Chiesa lavora per la pace


Nella Repubblica Centrafricana, continuano le violenze che contrappongono i miliziani ribelli della Seleka e i gruppi armati detti anti-Balaka, malgrado la presenza di truppe francesi e di una missione internazionale dell’Unione Africana. E Le Nazioni Unite lanciano l’allarme umanitario. Sono ormai quasi un milione gli sfollati interni. Il servizio di Davide Maggiore:RealAudioMP3

Un centrafricano su cinque ha dovuto abbandonare la sua casa e nella capitale Bangui il 60% delle persone in fuga dagli scontri sono bambini. Chi può chiede accoglienza a famiglie di amici o parenti, altri cercano riparo vicino ai luoghi presidiati dalle truppe internazionali, come l’aeroporto della capitale. In più, 240 mila centrafricani sono ufficialmente rifugiati negli Stati confinanti. Le Nazioni Unite pensano ad un piano del valore di 152 milioni di dollari, per affrontare in cento giorni l’emergenza umanitaria all’interno del Paese, ma far arrivare operatori e aiuti nei territori più distanti dalla capitale è in alcuni casi praticamente impossibile, viste le condizioni di sicurezza. L’organizzazione non governativa Medici Senza Frontiere ha annunciato che ridurrà il suo personale presente a Bangui, perché il rischio è troppo alto. Anche a Berberati, seconda città del Paese, la situazione è drammatica, come racconta una missionaria cattolica, suor Elvira Tutolo, delle Suore della carità di Santa Giovanna Antida:

“Noi siamo sommersi da persone che vengono dai luoghi dove questa ribellione è passata. Molte persone sono venute qui a Berberati, soprattutto da Bangui. Berberati si trova sprovvista di tutto: l’ospedale non ha più nemmeno i reattivi, mancano le medicine e la possibilità di accogliere a livello sanitario. Dobbiamo dire grazie perché qui a Berberati accolgono questi loro fratelli che arrivano. Ma la difficoltà è tanta, perché in una famiglia in cui ci sono già circa 13 persone e ne arrivano altre 5 o 10, la situazione è veramente di sopravvivenza”.

Le tensioni nel Paese stanno coinvolgendo anche migliaia di persone di nazionalità ciadiana che si trovano in Centrafrica: 12 mila di loro sono stati rimpatriati negli scorsi giorni. Chi viene dal Ciad, infatti, rischia di essere identificato come un ribelle. Ancora suor Elvira:

“Quando i Seleka sono arrivati – ed erano ciadiani - chiaramente è stata fatta questa identificazione 'Seleka uguale ciadiani', perché effettivamente si trattava di ciadiani e sudanesi. Certo, la popolazione civile ciadiana non ha nessuna colpa. E’ un problema che è stato creato con l’arrivo dei Seleka. Sono soltanto dei mercenari, dei violenti”.

In questo contesto, i leader delle diverse comunità religiose continuano a lanciare appelli alla pace, alla tolleranza e al dialogo, come già avvenuto negli scorsi mesi. Ecco la testimonianza di suor Elvira:

“Il vescovo sta lavorando moltissimo nel fare tutta una serie di riunioni tra i capi musulmani ed i responsabili della Chiesa, proprio per invitare tutti, nell’eventualità di uno scontro, a non reagire”.







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