2014-01-04 12:01:39

50 anni fa, Paolo VI in Terra Santa. Giovagnoli: gesto straordinario nello spirito del Concilio


Il 4 gennaio di 50 anni fa, iniziava la storica visita di Paolo VI in Terra Santa, primo viaggio internazionale di un Papa nell’era contemporanea. Papa Montini, eletto da soli sei mesi, decise di compiere questo pellegrinaggio in profonda consonanza con il Concilio Vaticano II che si sarebbe concluso l’anno dopo. Sull’importanza di questo anniversario e la sua attualità, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea alla “Cattolica” di Milano:RealAudioMP3

R. - Per certi versi in questo gesto sembra di vedere quasi un’anticipazione di quell’invito che abbiamo sentito recentemente da Papa Francesco, cioè l’invito ad uscire, ad una Chiesa che non sia più autoreferenziale ma che vada incontro agli altri. Certamente, il viaggio di Paolo VI si colloca profondamente dentro lo spirito conciliare, che era proprio questo: lo spirito dell’apertura, dell’incontro. Soprattutto, è una Chiesa che va nel mondo, attraverso la figura del suo massimo rappresentante, il Papa, e non attende dentro la realtà di Roma ma si muove verso il mondo e soprattutto ritorna alle origini, alle radici rappresentate da Gerusalemme. Era la prima volta che un Papa si recava in Terra Santa.

D. – Ormai siamo abituati a Papi che viaggiano per il mondo dopo il “Pontificato itinerante” - come è stato detto per Karol Wojtyla – però all’epoca fu veramente qualcosa di straordinario…

R. – Fu un evento assolutamente clamoroso. Per molti anni il Papa non era uscito dal Vaticano: Giovanni XXIII aveva compiuto due brevi viaggi ad Assisi e Loreto; il primo Papa che esce dall’Italia e che compirà poi nove viaggi altamente simbolici in tutto il mondo è stato proprio Paolo VI. L’evento, non a caso, è stato di grande impatto anche sull’opinione pubblica, trasmesso e seguito dalla televisione in un modo straordinario suscitò per Paolo VI una grande popolarità. Quando è tornato a Roma, i romani gli fecero spontaneamente una calorosissima accoglienza, una cosa piuttosto inusuale in una città “abituata” al Papa. Certamente, tutti avevano avvertito l’emozione di quella grande novità rappresentata da questa sua uscita da Roma, dall’Italia e questo suo portare la Chiesa nel mondo.

D. – L’evento che lasciò un po’ il segno del viaggio, di questa visita fu l’abbraccio con il Patriarca Atenagora, proprio in quel senso di fraternità di cui parla il messaggio di Papa Francesco per la Giornata della Pace…

R. – Sì, non c’è dubbio. Il viaggio avviene mentre al Concilio Vaticano II si discute delle religioni non cristiane; la Palestina – che visita Paolo VI – è terra di molte religioni. Quindi, c’è anche questo sullo sfondo. Ma il cuore del viaggio è certamente l’incontro con il Patriarca Atenagora, un incontro anche umanamente molto intenso e l’immagine dell’abbraccio fra Paolo VI ed Atenagora ebbe un effetto sconvolgente: il mondo cattolico non era abituato ad un rappresentante di un’altra confessione cristiana messo quasi sullo stesso piano del Papa, dal Papa stesso, che in quell’abbraccio esprimeva rispetto, venerazione, amicizia e molto altro. Questo gesto è stato così intenso proprio perché avveniva dopo nove secoli di divisione e dopo che le due Chiese si erano scomunicate a vicenda. Dunque, direi che è stato uno dei gesti principali, il più importante nella storia dell’ecumenismo contemporaneo, perché ha rotto questo muro - che durava appunto da nove secoli – ed ha aperto orizzonti assolutamente nuovi ed impensabili fino a pochi anni prima.







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