Somalia, gli Shabab rivendicano attentato. Mons. Bertin: popolazione emargini estremisti
In Somalia sale a 11 morti il bilancio delle vittime dell’attentato di mercoledì all’Hotel
Jazeera di Mogadiscio, rivendicato dagli islamici di al-Shabab. L’hotel si trova sulla
strada che porta all’aeroporto di Aden Adde, frequentato da funzionari di governo
e da stranieri. Elisa Sartarelli ha chiesto a mons. Giorgio Bertin,
vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, se crede ci sia il pericolo
di nuovi attacchi terroristici:
R. – Certamente
continueranno questi attacchi finché le nuove autorità non avranno preso in mano veramente
la situazione e finché la popolazione stessa non deciderà di rigettare questi elementi
estremisti. Non è da escludere anche che vi siano delle formazioni che utilizzano
il nome degli al-Shabaab ma che hanno interessi personali o di gruppo.
D.
– Le nuove istituzioni statali non hanno ancora il pieno controllo della situazione,
ma dopo la sua visita a Mogadiscio lei aveva trovato dei segni di speranza…
R.
– Sì, ho trovato segni di speranza, soprattutto perché ho trovato delle persone, dei
somali, disposti a sacrificarsi per il bene della propria nazione. Quindi rimane in
me questa speranza, ma devo anche dire che le cose vanno molto più lentamente di quanto
io immaginassi.
D. – Quale può essere la strada per dare alla Somalia una
stabilità?
R. – Come ho detto altre volte, la perseveranza nel sostegno da
parte della Comunità internazionale e allo stesso tempo all’interno della struttura
statale stessa. Se da una parte la divisione, l’allontanamento del primo ministro
Abdi Farah Shirdon, un mese fa, può essere un segno di democrazia - proprio perché
è stato il Parlamento a bocciarlo - dall’altra parte sta ad indicare che c’è ancora
della faziosità e che i Somali hanno bisogno di crescere in un senso di maggior unità
tra loro stessi e che sappiano anche mettere da parte tutto questo tribalismo o faziosità
che si presenta sotto forme diverse.