Siria: la cittadina cristiana di Maaloula segno della crisi della civiltà araba
Il rapimento delle dodici suore dal loro convento di Maalula, in Siria, è il segno
che "la civiltà araba è in crisi", come dimostra "la perdita di qualsiasi sensibilità
religiosa" da parte dei rapitori. E' quanto sostenuto dall'arcivescovo maronita di
Beirut, mons. Boulos Matar, nel corso di una messa celebrata lunedì nella chiesa di
Mar Takla (santa Tecla), nella capitale libanese. Il rito - riporta l'agenzia AsiaNews
- è stato celebrato nell'ambito di una riunione ecumenica di preghiera avente come
intenzione il rapimento delle suore da parte di un gruppo fondamentalista musulmano.
L'incontro - al quale hanno preso parte i vescovi Boulos Matar e Roland Abou Jaoudé
(maroniti), Georges Saliba (siriaco ortodosso), Michel Kassarji (caldeo), Cyrille
Bustros (greco-cattolico) et Youhanna Battah (siriaco-cattolico) e numerosi sacerdoti
di tutte le Chiese - è stato organizzato da "Lumière d'Orient", uno dei canali del
gruppo "Télé-Lumière", il direttore generale del quale, Jacques Kallassi, ha anche
preso la parola durante la riunione. All'omelia, mons. Boulos Matar ha evocato la
questione gravissima della "crisi di civiltà" che segna gli sviluppi militari della
crisi siriana. Uno degli aspetti più gravi di tale crisi è proprio il rapimento delle
religiose, così come quello dei vescovi Boulos Yazigi e Youhanna Ibrahim. "Alla luce
di tali eventi - ha osservato - come non vedere chiaramente che una grave crisi di
civiltà segna gli sviluppi che si producono in Siria e in altri Paesi della regione?".
"Sono sviluppi che non si esprimono altrimenti che dalla perdita di ogni sensibilità
spirituale da parte dei rapitori, che non hanno più il senso dei valori affermati
dalla loro fede". "Ciò che accade non potrebbe essere descritto che come il rifiuto
aperto ed esplicito della volontà di Dio. Questi segni dei tempi, questa crisi di
valori non sarebbe accettabile da alcun arabo. Da quando si prendono in ostaggio delle
donne? Questa azione è in totale contraddizione con la dignità della cultura e della
civilizzazione araba e la sua reputazione di nobiltà". "Anche se si tratta di comportamenti
individuali - ha concluso - resta il fatto che tali errori commessi direttamente da
qualcuno non possono essere astratti dal contesto più globale nel quale avvengono
e pongono in modo esplicito la questione dei rapporti che debbono esistere tra cristiani
e musulmani nel Machrek e nel mondo". Da parte sua Jacques Kallassi ha affermato che
"ciò di cui si deve avere timore, con l'estensione del conflitto, è che tutta una
generazione cresca non credendo più a niente altro che il denaro, le armi, la forza
e il dominio". "Ma noi non possiamo essere davvero costretti a partire. Noi abbiamo
paura di ciò che diverrebbe questa regione se noi ce ne andassimo". (R.P.)