2014-01-01 15:23:39

Messaggio del Papa alla Marcia per la pace a Campobasso: no al disprezzo dei più deboli


“Un rinnovato impegno nella costruzione di una convivenza fondata sulla verità, sull’amore e sulla giustizia, fuggendo dalla globalizzazione dell’indifferenza, che fa abituare alla sofferenza dell’altro e induce al disprezzo e all’abbandono dei più deboli”. Con questo messaggio Papa Francesco è voluto essere presente alla 46.ma Marcia per la pace sul tema “La Fraternità, fondamento e via per la pace”, che si è svolta martedì sera a Campobasso. Per l’iniziativa, promossa dalla Conferenza episcopale italiana, sono giunti nel capoluogo molisano oltre 3.000 partecipanti da tutta Italia. Il servizio di Marina Tomarro:RealAudioMP3

Due assi di legno dipinte d’azzurro come il colore di quel mare di Lampedusa da cui provengono: è costruita con pezzi di barche che trasportavano migranti, la croce che ha aperto il lungo corteo dei partecipanti alla Marcia della pace. Ascoltiamo il commento di mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione lavoro giustizia e pace della Conferenza episcopale italiana.

“Dio volge lo sguardo su di te e ci invita a non lasciar fuori nessuno, a non fare come Caino. Da qui nasce la cultura dell’indifferenza. Da qui nascono i drammi di Lampedusa. Perciò è da lì che noi dobbiamo partire, perché tutti si sentano accolti, in particolare chi si sente più fragile e debole. Chi viene da lontano”.

Alla Marcia hanno partecipato tra gli altri moltissimi giovani che, attraversando le strade del capoluogo molisano, hanno fatto alcune tappe: alla mensa Caritas e al carcere, per non dimenticare chi chiede una nuova opportunità ed un futuro migliore. Ascoltiamo ancora mons. Bregantini:

R. – Dietro ci sono tanti ideali, tanta forza, tanto bisogno. E ovviamente, sullo sfondo, c’è una richiesta: la richiesta del lavoro, del pane condiviso. Non è quindi solo la pace in maniera astratta, ma è la concretezza dei segni della pace di cui il lavoro condiviso è spartito come l’Eucaristia.

D. – Il 2013 è stato un anno molto difficile per gli italiani, a causa della crisi. Cosa si augura per il 2014?

R. – Mi auguro una serie di cose: un governo meno litigioso, un cuore più attento ai bisogni della gente da parte della politica, che metta in disparte l’eterna questione “elezioni sì – elezioni no”: alla gente, pochissimo importa. Alla gente importa il lavoro, la dignità, la famiglia unita, il pane quotidiano. Secondo punto: che la gente possa investire: beato chi rileva un’azienda in difficoltà; beato chi crede e si rimbocca le maniche e opera per cambiare la propria società, per non perdere nessuno. Terzo: nel mondo operaio, ci sia la coscienza della legge della solidarietà, per cui si possa sempre creare una serie di contratti di solidarietà, perché nessuno vada perduto.

La tappa del carcere ha voluto ricordare le sofferenze dei detenuti, che molte volte continuano anche quando finiscono la loro pena. Il commento del cappellano della casa circondariale di Campobasso, don Giuseppe Romano.

R. – Molte volte anche il non avere speranza: cioè, si chiedono cosa potranno fare in futuro, quale futuro li aspetti, quale futuro aspetti le loro famiglie, i loro figli … Quindi, il nostro compito, non solo per il cappellano, ma per chiunque operi all’interno del carcere, è proprio aiutarli a ritrovare la speranza, a credere di nuovo in se stessi e anche nella società. E questo, ovviamente, deve farlo anche la società.

D. – Cosa potrebbe fare di più il governo per i detenuti?

R. – Avere sempre come obiettivo quello di aiutare la persona. Sarebbe ancora meglio se si riuscisse a prevenire, con interventi forti a livello sociale, soprattutto in queste zone a rischio, di entrare a contatto con la malavita o con la criminalità. Quindi, costruire scuole, dare occasioni di lavoro: molti, infatti, finiscono in carcere perché non trovano lavoro e avendo famiglia, figli, finiscono per rubare o commettere altri reati. Ma poi, in carcere dimostrano di avere voglia di imparare un lavoro, una professione …

Ma cosa spinge a partecipare alla Marcia della pace? Ascoltiamo alcuni commenti:

R. – Da musulmano impegnato nel dialogo interreligioso, sento doveroso partecipare a qualsiasi attività che possa portare alla pace, soprattutto in questi momenti difficili della storia umana. Davanti a questa sofferenza mondiale, dobbiamo alzare la voce e questa è una occasione in cui possiamo anche esprimere la nostra compassione con tutte le vittime e le persone che soffrono in questi momenti.

D. – Nel tuo piccolo, in che modo cerchi di portare pace ai tuoi fratelli?

R. – E’ una sfida quotidiana, perché comunque si tratta di uscire dall’egoismo, di non pensare più soltanto alla propria comodità ma di cercare anche di andare incontro agli altri, di ascoltare gli altri. Ecco: uscire da se stessi, ma anche entrare in punta di piedi nella vita degli altri.

Ultimo aggiornamento: 2 gennaio







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