Roma chiamata ad essere più solidale verso poveri, infelici e sofferenti. Così Francesco
durante i Vespri e il Te Deum
Un anno che è passato non ci porta ad una realtà che finisce ma ad una realtà che
si compie, è un ulteriore passo verso la meta che sta davanti a noi: una meta di speranza
e di felicità, perché incontreremo Dio, ragione della nostra speranza e fonte della
nostra letizia. Così il Papa durante i Vespri martedì sera per la Solennità di Maria
Santissima Madre di Dio e il Te Deum nella Basilica Vaticana, terminati con la visita
al presepe allestito in Piazza San Pietro. Il Pontefice, all’omelia, si è concentrato
poi su Roma, una città di una bellezza unica, ma in cui ci sono tante persone segnate
da miserie materiali e morali, persone povere, infelici, sofferenti, che interpellano
la coscienza non solo delle autorità, ma di ogni cittadino. Il servizio di Salvatore
Sabatino:
Papa Francesco
apre la sua ultima omelia dell’anno partendo dall’apostolo Giovani, il quale definisce
il tempo presente in modo preciso: «È giunta l’ultima ora». Questa affermazione, dice
il Papa, – che ricorre nella Messa del 31 dicembre – sta a significare che con la
venuta di Dio nella storia siamo già nei tempi “ultimi”, dopo i quali il passaggio
finale sarà la seconda e definitiva venuta di Cristo.
"Con Gesù è venuta
la 'pienezza' del tempo, pienezza di significato e pienezza di salvezza. E non ci
sarà più una nuova rivelazione, ma la manifestazione piena di ciò che Gesù ha già
rivelato".
La visione biblica e cristiana del tempo e della storia, aggiunge
il Papa, non è ciclica, ma lineare: è un cammino che va verso un compimento.
"Un
anno che è passato, quindi, non ci porta ad una realtà che finisce ma ad una realtà
che si compie, è un ulteriore passo verso la meta che sta davanti a noi: una meta
di speranza, una meta di felicità, perché incontreremo Dio, ragione della nostra speranza
e fonte della nostra letizia".
E mentre giunge al termine il 2013, Papa
Francesco invita i fedeli a raccogliere, come in una cesta, i giorni, le settimane,
i mesi che abbiamo vissuto, per offrire tutto al Signore. Domandiamoci, dice, come
abbiamo vissuto il tempo che Lui ci ha donato?
"Lo abbiamo usato soprattutto
per noi stessi, per i nostri interessi, o abbiamo saputo spenderlo anche per gli altri?
Quanto tempo abbiamo riservato per 'stare con Dio', nella preghiera, nel silenzio,
nell'adorazione?..."
Si concentra sulla città di Roma, poi, Papa Francesco,
domandandosi, cosa è successo quest’anno, che cosa sta succedendo, e che cosa succederà.
La qualità della vita – dice - dipende da tutti noi, ed ognuno di noi contribuisce
a renderla vivibile, ordinata, accogliente. Il volto di una città, aggiunge il Pontefice,
è come un mosaico le cui tessere sono tutti coloro che vi abitano. Certo, chi è investito
di autorità ha maggiore responsabilità, ma ciascuno è corresponsabile, nel bene e
nel male.
"Roma è una città di una bellezza unica. Il suo patrimonio spirituale
e culturale è straordinario. Eppure, anche a Roma ci sono tante persone segnate
da miserie materiali e morali, persone povere, infelici, sofferenti, che interpellano
la coscienza di ogni cittadino. A Roma forse sentiamo più forte questo contrasto tra
l’ambiente maestoso e carico di bellezza artistica, e il disagio sociale di chi fa
più fatica".
Roma, una città di contrasti, insomma, piena di turisti, ma
anche piena di rifugiati; piena di gente che lavora, ma anche di persone che non trovano
lavoro o svolgono lavori sottopagati e a volte indegni.
"Tutti, però, hanno
il diritto ad essere trattati con lo stesso atteggiamento di accoglienza e di equità,
perché ognuno è portatore di dignità umana".
Roma, dice Papa Francesco,
avrà un volto ancora più bello se sarà ancora più ricca di umanità, ospitale, accogliente;
se tutti noi saremo attenti e generosi verso chi è in difficoltà; se sapremo collaborare
con spirito costruttivo e solidale, per il bene di tutti.
"La Roma dell’anno
nuovo sarà migliore se non ci saranno persone che la guardano 'da lontano', in cartolina,
che guardano la sua vita solo 'dal balcone', senza coinvolgersi in tanti problemi
umani, problemi di uomini e donne che, alla fine… e dal principio, lo vogliamo o no,
sono nostri fratelli".
In questa prospettiva – conclude il Papa - la Chiesa
di Roma si sente impegnata a dare il proprio contributo alla vita e al futuro della
Città: ad animarla con il lievito del Vangelo, ad essere segno e strumento della misericordia
di Dio.