2013-12-30 12:14:21

Dal 2005 raddoppiata al povertà. La Cisl: nel 2014 tagliare le tasse sul lavoro


Nel 2012, si trovava in condizione di povertà relativa il 12,7% delle famiglie residenti in Italia e il 15,8% degli individui. E' quanto emerge dal Rapporto sulla coesione sociale. E calano anche le garanzie sul lavoro. Il numero medio di lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato nel 2013 dell’1,3% è calato rispetto all'anno precedente. Alessandro Guarasci:RealAudioMP3

E’ un’Italia sempre più fragile quella che emerge dal Rapporto sulla coesione sociale messo a punto dal ministero del Lavoro, Istat e Inps. Così la povertà ha toccato livelli mai visti dal 1997 ad oggi, raddoppiando dal 2005 e triplicando al Nord. Nel 2012 la retribuzione mensile netta è stata di 1.304 euro per i lavoratori italiani e di 968 per gli stranieri. Rispetto al 2011, il salario è rimasto quasi stabile per gli italiani, 4 euro in più, mentre risulta in calo di 18 euro per gli stranieri. In queste condizioni è fisiologico che si facciano sempre meno figli. Nel 2013, ci sono stati 62 neonati in meno al giorno rispetto al 2012. E anche per gli anziani non va bene. Quasi un pensionato su due ha un assegno inferiore ai mille euro.


La grande sfida del 2014 sarà il lavoro. Le ultime rilevazioni danno una disoccupazione al 12,5%, che raggiunge un picco del 41,2% tra i 15 ed i 24 anni. Il governo ha messo in campo alcune misure come la decontribuzione per i neo assunti, e nell’ultimo Consiglio dei ministri del 27 dicembre dalla redistribuzione dei fondi Ue sono arrivati 700 milioni per l’occupazione. Sulle prospettive per il prossimo anno, Alessandro Guarasci ha sentito il segretario confederale della Cisl Anna Maria Furlan:RealAudioMP3

R. – Per creare lavoro e occupazione non bastano agevolazioni per assumere, che sono importanti, ma non sufficienti: bisogna far ripartire in termini generali l’economia. Non a caso, come Cisl, abbiamo chiesto ormai da anni un significativo segnale sulla fiscalità, per quello che riguarda il lavoro. Siamo un Paese in cui il lavoro è passato quasi al 50%, a carico delle imprese dei lavoratori; le rendite finanziarie al 20%; addirittura, le transazioni finanziarie nemmeno all’1%. Quindi bisogna fare un serio lavoro sul cuneo fiscale, molto, molto più significativo delle piccole cose che poi si sono realizzate, molto modeste, quasi insignificanti, nella manovra finanziaria, e sbloccare immediatamente le grandi e le medie opere.

D. – Si poteva tagliare di più il cuneo fiscale, intervenendo anche sulla spesa pubblica?

R. – Certo, la manovra che è stata fatta sul cuneo fiscale è talmente debole che sarà del tutto insufficiente a far ripartire i consumi e quindi a far anche ripartire la produzione. Quindi ci vuole ben altro: ci vogliono mosse più coraggiose, più determinate. E’ ovvio che per noi questa è una chiave di svolta importantissima e necessaria per far ripartire l’economia.

D. – La possibilità di un contratto unico di lavoro vi spaventa oppure è un’opportunità anche per riformare il mercato del lavoro?

R. – Dalle dichiarazioni bisogna poi passare a leggere proposte e testi. Se tutto questo può servire e, da quello che capiamo, è quello l’intento di chi lo propone, a togliere tanti giovani dalla precarietà e creare condizioni per assunzioni, perché no? Può essere una buona possibilità. A monte ci sta, però, invece, un intervento molto serio per far ripartire l’economia e il lavoro.







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