Centrafrica: si aggrava l'emergenza umanitaria, 370 mila gli sfollati
Onu e ong non riescono più a far fronte all’emergenza umanitaria creatasi a Bangui,
dove almeno 100 mila persone hanno trovato rifugio nei pressi dell’aeroporto, sotto
la protezione dei soldati francesi della missione "Sangaris" e delle truppe panafricane
della Misca. Il Fondo Onu per l’Infanzia (Unicef) - riferisce l'agenzia Misna - ha
censito almeno 55 siti che ospitano più di 370 mila sfollati, per lo più donne e bambini
in fuga da vendette incrociate tra ex ribelli della Seleka (a maggioranza musulmana)
e esponenti delle milizie locali di autodifesa Anti-Balaka (a maggioranza cristiana).
Le violenze cominciate all’inizio del mese hanno già causato almeno mille morti nella
capitale di 800.000 abitanti. Mentre a Bangui vige una situazione di calma precaria,
Medici Senza Frontiere (Msf) ha lanciato un appello per ottenere “un aiuto umanitario
urgente” – in cibo, farmaci e beni di prima necessità – per gli sfollati che si sono
ammassati nei pressi dell’aeroporto, dormono all’addiaccio e sopravvivono in condizioni
igienico sanitarie “deplorevoli”, con rischi crescenti di epidemie e carestia. Msf
ha inoltre riferito che ogni giorno sta curando tra 15 e 20 nuovi feriti mentre gli
scontri tra le due parti rivali proseguono nonostante l’intervento militare francese
e panafricano. “La popolazione è talmente terrorizzata che non vuole allontanarsi
dalla zona dell’aeroporto. Di notte ci sono 100.000 persone che dormono qui. Con altre
agenzie Onu stiamo organizzando la risposta umanitaria” ha detto Philippe Leclerc,
rappresentante dell’Alto commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr/Acnur). Il continuo
deteriorarsi della situazione dal punto di vista della sicurezza e dei diritti umani
sta creando un’altra emergenza: quella di migliaia di cittadini stranieri che con
ogni mezzo stanno scappando dal Centrafrica. Al primo posto ci sono i ciadiani residenti
da anni nel Paese, soprattutto a Bangui, che scelgono di tornare in patria, temendo
di subire “rappresaglie” da parte degli Anti-Balaka. Finora, secondo l’Organizzazione
Internazionale delle Migrazioni (Oim), il ponte aereo allestito dal governo di N’Djamena
ha consentito di rimpatriare 3.000 ciadiani. Sono in tanti a lasciare la capitale
centrafricana a bordo di convogli di macchine, pulmini e veicoli fuori strada che
da giorni sono in partenza con cadenza regolare. L’Acnur ha avvertito che a lasciare
Bangui e altre province interne sono anche camerunensi, nigerini e senegalesi, precisando
che “molti di loro sono musulmani che temono per la propria incolumità”. Anche il
Sudan e l’Etiopia hanno deciso di evacuare i propri concittadini residenti in Centrafrica.
Per stemperare le tensioni diplomatiche alimentate da crescenti accuse nei confronti
della componente ciadiana della Misca – 850 soldati, coinvolti la scorsa settimana
in una sparatoria contro militari burundesi della stessa forza panafricana – l’Unione
Africana (Ua) ha ribadito il proprio “sostegno all’azione del contingente” dispiegato
da N’Djamena in Centrafrica. Toni concilianti sono anche arrivati dal primo ministro
di transizione centrafricano Nicolas Tiangaye che ha chiesto “più tempo per lasciare
alla Misca la possibilità di fare le sue prove”. Fonti della società civile centrafricana
citate dall’emittente locale Radio Ndeke Luka hanno invece deplorato che “il punto
di vista dei centrafricani non sia preso in considerazione dall’Unione Africana che
dice apprezzare il lavoro dei ciadini della Misca senza nemmeno verificare se le accuse
mosse nei loro confronti sono vere o false, eppure ci sono tante prove a loro carico”
ha detto Gervais Lakosso. (R.P.)